MARCO TRAVAGLIO: AUMMA AUMMA
IL DIBATTITO SUL VOTO SEGRETO
Il dibattito pro o contro il voto segreto in Senato sulla decadenza di B. dà la misura definitiva dell’abisso in cui sono precipitati i partiti.
E chi non se ne rende conto, accettando anche soltanto di discuterne, non fa che aggravare la sua posizione.
In un altro paese tutti i senatori, senza distinzione di colore, voterebbero senz’indugio per espellere un pregiudicato per frode fiscale e non farvelo tornare mai più.
E solo in un postaccio come il Parlamento italiano qualcuno può temere che non lo faccia neppure la metà più uno dei senatori.
Intendiamoci: è ovvio che, in assoluto, il voto segreto è una vergogna. I cosiddetti rappresentanti del popolo devono rendere conto ai cittadini in ogni momento, senza poter tirare la pietra e nascondere la mano.
Anche e soprattutto per i cosiddetti “casi di coscienza” che finora han giustificato il ricorso allo scrutinio segreto.
Ma questo semmai può dirlo Grillo, o qualcuno dei suoi appena arrivato in Parlamento: non chi ha sempre praticato il voto segreto (Grasso e Napolitano sono stati eletti solo grazie a quello) e ora vorrebbe abolirlo proprio sulla decadenza di B., con una mossa contra personam che non solo è una forzatura giuridica e un regalo a chi vuol gabellare B. per un perseguitato.
È anche la prova provata che, grazie al Porcellum, i partiti hanno portato in Parlamento troppa gente senza princìpi, scrupoli, dignità .
Del Pdl si sapeva: i parlamentari li ha nominati personalmente B. secondo il criterio della fedeltà cieca e assoluta.
Gente disposta a votare mozioni come quella su Ruby nipote di Mubarak è capace di tutto: anche di approvare la legge Severino per cacciare i condannati e poi, nove mesi dopo, di sostenere che non vale per i già condannati, ma solo per chi lo sarà per reati ancora da commettere.
Ma il Pd? Non aveva fatto le primarie? Non aveva rinnovato la sua rappresentanza con forze fresche e pulite? Così ci avevano raccontato.
Poi, alla prima prova, almeno 101 (ma forse 120) neoeletti si sono rivelati uguali o peggiori dei precedessori: capaci al mattino di acclamare Prodi presidente della Repubblica e nel pomeriggio di votargli contro per compiacere B.
I capicorrente li conoscono uno per uno, eppure non hanno preso provvedimenti, anzi custodiscono da cinque mesi il segreto su quei 101-120 nomi con un’omertà degna di Cosa Nostra.
E ora scoprono all’improvviso che, se — come vuole la prassi per le decisioni sui singoli — si vota a scrutinio segreto sulla decadenza di B., la banda dei franchi traditori potrebbe tornare in azione, salvare il Caimano e distruggere definitivamente il partito.
Così, anzichè smascherare i felloni, chiedono di cambiare le regole in corsa per ottenere il voto palese.
O preparano trucchetti da magliari, come quello suggerito da Miguel Gotor, già geniale spin doctor di Bersani: “I 108 senatori Pd infilino nella buca solo l’indice della mano sinistra, così è fisicamente impossibile un voto diverso dal Sì. Ci mettiamo d’accordo con alcuni fotografi che riprendono la scena, postiamo tutto sui social network ed evitiamo guai”
Cos’è, uno scherzo? Per legge i cittadini, quando vanno a votare, devono consegnare i cellulari prima di entrare in cabina per non rendere il voto riconoscibile: e chi ha fatto questa legge la viola spudoratamente perchè non si fida neppure di se stesso?
Ma che partito è quello che non riesce neppure a garantire la decadenza, imposta dalla legge, di un condannato per frode fiscale?
Questo dovrebbero chiedersi gli elettori che affollano le feste del Pd e sognano a buon diritto rappresentanti migliori.
Anzichè rallegrarsi per la presunta “trasparenza” mostrata dal partito con la richiesta di voto palese, dovrebbero inchiodare i leader con una semplice domanda: ma che gente ci avete fatto votare alle primarie?
Possibile che, invertendo i criteri di selezione delle candidature, il prodotto non cambi?
C’è un virus nell’aria delle aule parlamentari che corrompe tutto e tutti, o c’è qualcosa che ancora non sappiamo?
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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