MAURIZIO GASPARRI: IL MISSINO SOFT CHIAMATO “CARRIERINO”
MAI UNO SCONTRO, SEMPRE “QUATTO QUATTO” IN SECONDA FILA…. LA CARRIERA NELL’OMBRA DEL CAPOGRUPPO DEL PDL AL SENATO FINO ALLA LEGGE TV, IL TRADIMENTO DI FINI E L’APPRODO ALLA CORTE DEL SULTANO
L’allievo di Julius Evola, l’onorevole Giulio Maceratini, quel giorno di aprile (’93) blindava con il corpo l’ingresso di palazzo Montecitorio.
Una fila più indietro, ben visibile ma non troppo, c’era un giovane deputato del Movimento sociale italiano, il romano Maurizio Gasparri.
I missini urlavano contro i maneggioni barricati all’interno: “Ladri, ladri, ladri. Arrendetevi, siete circondati”.
E una coreografia di biglie e monetine sui vetri rendeva il messaggio più chiaro.
Reato senza condanna: interruzione attività parlamentare.
Il “carrierino” (nomignolo adolescenziale) Gasparri, ai tempi di cortei e lotte, batteva le piazze con tattica raffinata: mai uno scontro. Sempre in regia. Fedele a se stesso: “La mia era una famiglia moderata che votava Msi. Mio padre era ufficiale dei carabinieri. Io sono nato e cresciuto in caserma, sono andato fin da bambino alle parate militari. Mi piacevano De Gaulle, Salazar, i colonnelli greci. Fidanzate solo di destra”.
Non c’era mai nella Roma di piombo con spedizioni punitive e cazzotti in faccia: “O se c’era — maligna un vecchio camerata — stava quatto quatto”.
Ha studiato tra i rossi del liceo “Tasso”, scalato gerarchie politiche, Fronte della Gioventù, poi i movimenti universitari.
Nell’83 Gasparri manifestava – dall’altra parte – per chiedere l’autonomia di chi studia dal giogo dei partiti.
Gasparri col fascismo aveva un rapporto protetto. Mai aderente col rischio di farsi male. Pochi saluti romani, poche canticchiate di Faccetta nera: “Una volta – ricorda – al cimitero Verano per la commemorazione dei morti della Marcia su Roma”.
Più che sufficiente insomma.
Disse a Sabelli Fioretti: “Dal punto di vista igienico è meglio della stretta di mano. Mi tocca stringere centinaia di mani, sudate, calde, sporche. E al Sud, addirittura il bacio. Il saluto romano è più pulito. Dovrebbero imporlo le Asl, per evitare contagi”.
Era il 2002, governo Berlusconi, ministro per le Comunicazioni.
La destra finalmente al potere, emancipata, rinnovata, a tratti berlusconiana nel midollo.
A Gasparri fu affidata la missione di riformare il sistema televisivo a favore di Mediaset: la legge che porta il suo nome fu approvata con un rinvio di Carlo Azeglio Ciampi, 130 sedute e 14 mila emendamenti.
Gasparri correva più veloce del suo passato fascista.
A volte, però, tornava missino. Quei missini di Giulio Caradonna, che nel ’68 liberò a bastonate la Sapienza dai comunisti: “Se non ci conoscete, pregate la madonna, noi siamo gli arditi di Caradonna”.
Gasparri nel ’68 aveva 12 anni, ma rese omaggio a Caradonna con Ignazio La Russa ai nostalgici funerali: la bara ricoperta con la bandiera della Repubblica sociale e centinaia di saluti romani.
Non un secolo fa, ma nel novembre 2009.
Gli ex parlamentari di Alleanza nazionale faticano a riconoscere il militante Maurizio, che inneggiava ai colonnelli greci e più avanti persino al pm Antonio Di Pietro: “Meglio di Benito Mussolini”.
Per cambiare ancora, dimenticare il duce: “Mi hanno regalato un suo ritratto, che me ne faccio?”.
Fra le tante amnesie storiche c’è un insulto duro e puro ai leghisti: “Le elezioni padane sono garantite da una legge: la 180, detta Basaglia, sulla chiusura dei manicomi”.
Scaricati gli ultimi residui missini, il busto e la faccia di Gasparri, s’adattano al ruolo di paroliere berlusconiano, instancabile collezionista di gaffe.
Con quel cipiglio che rimanda a Igor (Martin Feldman) di “Frankenstein junior”.
Profilo nazionale: “Don Sciortino di ‘Famiglia Cristiana’ non è un sacerdote, fa bisboccia e non usa la tonaca”.
Profilo internazionale: “Con Obama Al Qaeda forse è più contenta”.
Soffre l’astinenza da interviste deliranti.
Durante i giorni del caso di Piero Marrazzo, dei ricatti e dei transessuali, il senatore fu costretto all’ennesima autopsia storica. Zona Acqua Acetosa, periferia romana che pullula di prostitute e travestiti, qui nel ’96 la Punto bianca di Cretino Gasparri frenò: “Stavo andando a cena in un circolo che si trova nei paraggi”.
Un equivoco disse ai commensali: “M’hanno fermato i Carabinieri qua vicino. Pensa se passava qualcuno e me vedeva, poteva pensà¡ che annavo coi trans!”.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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