MELONI DOUBLEFACE: UNA FOTO AIUTA LA STABILITA’
GIORGIA NON CONOSCE BENE LA LEGGE DEL CONTRAPPASSO
Giorgia Meloni non conosce bene la legge del contrappasso. Altrimenti prima di mettere alla berlina la “politica delle foto” rifletterebbe sulle proprie. O ancora, prima di sventolare un “fax” in aula, starebbe attenta alla data che porta visto che il documento con cui ha accusato il governo Conte di approvare il Mes “con il favore delle tenebre” il giorno dopo le proprie dimissioni. In realtà, quel documento porta la data del 20 gennaio 2021, quindi ben 6 giorni prima le dimissioni del Conte-2 avvenute il 26 gennaio e comunque a seguito di un regolare voto parlamentare.
Ma la foto del contrappasso è un’altra, quella che la ritrae a tarda sera attorno al tavolo del bar dell’hotel Amigo a Bruxelles intenta a conversare con il presidente francese, Emmanuel Macron, e con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e che la dice lunga sulla sua missione al Consiglio europeo che si conclude oggi. Se la nota diffusa dai suoi uffici descrive quell’incontro come “un lungo scambio di vedute con il presidente francese Emmanuel Macron”, un “incontro informale al quale si è aggiunto in un secondo momento anche il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz”, la realtà è che a quel tavolo Meloni, oltre a discutere di allargamento della Ue all’Ucraina, magari ipotizzando un suo ruolo per cercare di smussare l’ostilità dell’ungherese Viktor Orbán, avrebbe dovuto provare a convincere i due Paesi guida dell’Unione europea a concedere ancora altri vantaggi all’Italia in vista dell’approvazione del nuovo Patto di Stabilità. La partita ucraina l’ha vista, subito dopo, gestire un colloquio con il presidente ungherese, mentre sul Patto di Stabilità si tratta solo di provare a trovare altri varchi favorevoli in vista della decisione formale che non sarà presa al Consiglio, ma al vertice Ecofin previsto per la metà della prossima settimana.
La posizione di Meloni è grossomodo quella esposta nel corso del dibattito parlamentare, ottenere cioè un maggior favore per l’Italia, una sorta di sconto che riguardi gli investimenti nell’ambito del Pnrr. Secondo l’ultima bozza di accordo sulla “traiettoria di aggiustamento” del rapporto deficit-Pil prevista dal testo licenziato dall’Ecofin lo scorso 8 dicembre, sostiene Meloni, “si dovrà tenere conto nel triennio 2025-27 degli interessi che sono stati maturati sul debito contratto per gli investimenti effettuati in questi settori”. L’Italia vorrebbe che questo “sconto” non si esaurisse nei tre anni previsti, ma abbia una durata maggiore. Il valore di questa richiesta è stato calcolato in Senato da Matteo Renzi (ovviamente per rimarcare quanto più bravo fosse stato lui a conquistare la “flessibilità” negli anni 2015-‘16). “Diciamo che da questa norma gli investimenti del Pnrr nei settori che possono essere oggetto di interesse, sono circa 100 miliardi mal contati – ha detto il leader di Italia Viva in aula – dei quali due terzi sono a debito, con il prestito, e un terzo a fondo perduto, e quindi 35 miliardi. Di questi assumiamo che ci sia il 3% di interessi come spesa media, alla fine abbiamo un guadagno tra l’1,5 e i 2 miliardi annui, che vuol dire lo 0,1 del Pil”. Le barricate italiane si ridurrebbero dunque a questo e lo dice uno che finora con il governo italiano è stato molto spesso più che indulgente.
Mentre ieri è stato forse raggiunto un compromesso sul bilancio Ue 2021-27 con la riduzione da 66 a 22,5 miliardi delle “risorse fresche” da recuperare per la Commissione, la sostanza di modifiche al Patto di Stabilità si vedrà tra qualche giorno. Il presidente di turno della Ue, lo spagnolo Pedro Sánchez, ha infatti detto che ritiene “possibile” che la riforma del Patto sia realizzata entro fine anno. Mercoledì prossimo è convocato un Ecofin straordinario in videoconferenza: dovrebbe trattarsi dell’ultima riunione sulla materia, “in linea di principio”, riferisce una fonte Ue. Quindi, ci si attende che sia risolutiva. Meloni dovrà cercare di spacciare per una sua vittoria i pochi decimali di Pil che l’Italia porterà a casa. A meno che davvero non voglia minacciare di porre il veto. Ma la foto al bar con Macron e Scholz parla di altro e ricorda tanto Mario Draghi.
(da Il Fatto Quotidiano)
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