MENO DONNE IN PARLAMENTO RISPETTO ALLA SCORSA LEGISLATURA, LA PERCENTUALE SCENDE DEL 4,3%
IL PARTITO CON MENO DONNE E’ FRATELLI D’ITALIA
Il cosiddetto Rosatellum nasconde un’ambiguità che sarà lampante in questa XIX legislatura. Su 600 parlamentari eletti, solo 186 sono donne. Il 31% esatto.
Questo sbilanciamento è possibile perché la legge elettorale consente di aggirare la rappresentatività di genere prevista nella compilazione delle liste, attraverso il meccanismo delle candidature plurime. E tutti i partiti – tranne Azione-Italia Viva e Movimento 5 stelle – non hanno dimostrato particolare attenzione al tema.
Il risultato è che per la prima volta da circa 20 anni, la percentuale di donne presenti in parlamento anziché aumentare è diminuita: nella scorsa legislatura, deputate e senatrici elette costituivano il 35,3% dell’arco parlamentare.
A distanza di cinque anni, dunque, si assiste a una riduzione del 4,3% della rappresentanza femminile. E l’Italia, dopo il voto di domenica, è scesa anche sotto la media europea di parlamentari donne sul totale, pari al 32,8%.
Si è detto che le liste più virtuose nell’ultima tornata elettorale sono state quelle guidate da Carlo Calenda e Giuseppe Conte.
Secondo la rielaborazione della lista degli eletti pubblicata da Pagella Politica, il 46,7% dei parlamentari del Terzo polo è composto da donne, percentuale che scende al 45% per il Movimento 5 stelle.
Il partito con la rappresentanza femminile più bassa, invece, è quello di Giorgia Meloni: solo il 27% di deputati e senatori iscritti a Fratelli d’Italia è donna.
Male anche il Pd, con il 28,6% di donne sul totale, e Sinistra italiana-Verdi, con il 31,3%. Lega e Forza Italia hanno percentuali di donne pressoché uguali, 31,6% e 31,7%, mentre la lista Noi moderati si ferma al 33,3%.
Per comprendere l’origine di una così bassa rappresentanza femminile, occorre ripercorrere brevemente alcuni punti della legge elettorale.
Se guardiamo il totale delle candidature presentate alle elezioni politiche 2022, il dettame della norma è stato rispettato: 2.104 donne e 2.642 uomini sui 4.746 candidati. Le donne costituiscono il 44,3% del totale. Esistono, però, alcuni meccanismi – consentiti dal Rosatellum – che distorcono il principio di parità.
Il primo a risaltare all’occhio analizzando i listini bloccati del plurinominale, è che dei capilista – ovvero chi ha più chance di essere eletto – solo il 39,6% dei candidati è donna.
Considerando tutti i nominativi scelti in seconda posizione, invece, la percentuale di donne sale al 58,3%. Ciò che, però, ha comportato un deterioramento della parità di genere rispetto alla passata legislatura sembra essere stato il sistema delle pluricandidature.
La legge elettorale, infatti, prevede che la stessa persona possa essere candidata in un massimo di sei collegi, cinque nel proporzionale e uno nell’uninominale. In questa tornata elettorale, sia la coalizione di centrosinistra sia quella di centrodestra hanno candidato più volte la stessa donna – così da rispondere al requisito minimo del 40% previsto dalla legge – rispetto a quanto abbiano fatto con gli uomini. Scorrendo le liste di tutti i collegi, le donne con quattro o più candidature sono risultate essere 77, mentre gli uomini soltanto 38.
(da agenzie)
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