MONTI: COSA NE PENSANO BARBARA SPINELLI, ENRICO MENTANA, SANDRO TRENTO E GIANFRANCO PASQUINO
IL PARERE DI UNA OPINIONISTA, DI UN GIORNALISTA, DI UN ECONOMISTA E DI UN POLITOLOGO SUI PRIMI PASSI DEL GOVERNO MONTI
Barbara Spinelli: Il paradosso dell’europeista che non crede nell’Unione
Il rilancio di un’Europa sovranazionale, capace di vincere la crisi togliendo l’ultima parola ai mercati: Monti sembrava essersi dato questo compito primario.
Ha cominciato ad assolverlo, restituendo prestigio all’Italia. Ma qui s’è fermato. L’intervista di ieri alla Welt, pubblicata in parte da Repubblica, è sconfortante; non fa presagire l’intrepidezza che ci aspettavamo da chi si professava europeista.
Alla domanda del giornale (Dov’è finita l’utopia di Ventotene?) Monti risponde perentorio : “Son convinto che non avremo mai gli Stati Uniti d’Europa, non fosse altro perchè non ne abbiamo bisogno”.
È una brutta capitolazione, perchè se non ne abbiamo bisogno ora, quando?
È vero, “non sono più in gioco pace e guerra”.
Ma altre prove ci attendono, molto gravi.
Secondo Monti l’utopia è già realizzata, “grazie alla sussidiarietà ” (se lo Stato da solo non ce la fa interviene l’Unione, e viceversa).
Ma la sussidiarietà funziona se l’Europa ha una sovranità statuale: altrimenti non significa nulla. Non saremmo nella fossa, se l’Unione esistesse.
Monti non è europeista o blandisce Berlino e Parigi? Non è chiaro.
Non è comunque promettente: i mercati continueranno ad avere l’ultima parola.
Enrico Mentana: Il recinto sicuro: un profilo da salvatore della patria
In due mesi di uscite tutte calcolate, conferenze stampa, colloqui filtrati con i giornali e le due ospitate televisive (Vespa e Fazio), Monti ha mantenuto un profilo preciso.
A parte l’evidenza (pacatezza, ostentazione di competenza, tono volutamente asettico) c’è un sottotesto sempre presente, che si intreccia ad ogni risposta o considerazione e si può riassumere in due frasi che Monti non pronuncerà mai: “Non sono Berlusconi”, e “Sono stato chiamato per salvare la baracca”.
Razionalmente o no, tutti noi fin da subito abbiamo confrontato il nuovo premier con il predecessore: operazione inevitabile, ma pericolosa perchè ne relativizza i contenuti.
La maggior parte degli italiani coglie i vantaggi del paragone, la minoranza nostalgica ne evidenzia i punti di debolezza.
Quasi nessuno si sottrae al doppio riflesso condizionato: le misure sono dolorose ma condivisibili, perchè servono a espiare le malefatte del Cavaliere, e quindi ne sottolineano ancora una volta la negatività ; le misure sono durissime e inefficaci, e confermano che il problema non era “Lui”.
Resta da conoscere ancora il vero Monti, quello che prima o poi risponderà a una domanda “vera”, quando uscirà (se uscirà ) dal recinto protetto.
Sandro Trento: Salva-Italia, pochi tagli ma rivoluzione vera
A fronte dell’immobilismo del governo Berlusconi nei tre anni precedenti, colpisce la rapidità e il coraggio di Monti.
La manovra “salva Italia” vale circa 40 miliardi di euro (2012-2014). 21,4 miliardi per la riduzione del deficit e quasi 19 miliardi per il rifinanziamento di spese indifferibili e di interventi di stimolo dell’economia.
Il difetto principale è che è una manovra sbilanciata fatta da maggiori entrate (27 miliardi) e pochi tagli alle spese (12,9 miliardi). Troppe tasse.
Ma si tratta di misure strutturali, niente una tantum, nè condoni, nè operazioni di “contabilità pubblica creativa”.
A regime, l’Italia avrà un avanzo primario di 5 punti di Pil, molto più degli altri paesi europei.
È consentito dire che l’Italia ha fatto la sua parte.
Gli italiani hanno dimostrato che sono disposti a fare sacrifici se c’è un quadro credibile di risanamento del Paese.
Straordinario il fatto che si sia realizzata una robusta riforma del sistema pensionistico senza scioperi e proteste.
Il sistema di calcolo contributivo si applica ora a tutti i versamenti pensionistici, secondo lo schema “pro rata” e in pensione a 66 anni dal 2018.
L’Italia non ha più un problema pensionistico. Importante anche il ripristino di una imposta sui patrimoni: l’Ici sugli immobili.
Ora serve più coraggio sull’equità e sulla crescita.
Gianfranco Pasquino: Abile e inattaccabile, altro che premier tecnico
Politico per caso”? Certamente, no. Quando un professore di Economia riesce a sopravvivere per dieci anni come Commissario europeo e ne esce apprezzato sia dai tedeschi che dagli inglesi, qualche dote politica deve possederla.
Austero e algido, ma non privo di un sottilissimo sense of humour, Monti segnala, persino con un po’ di civetteria, la sua distanza, non dalla politica, ma dai politici, quei sedicenti “professionisti” che non sanno fare le riforme e non capiscono l’economia.
Il suo modo di trattare i partiti, tenendoli a distanza e i parlamentari, riconoscendo che da quei voti (e da quei malumori) il suo governo dipende, è un’altra indicazione convincente che Monti ha imparato che la politica consiste prima di tutto nel sopravvivere.
La sua sopravvivenza, senatore a vita, è comunque assicurata.
Neanche la sua autonomia e la sua indipendenza di giudizio corrono rischi.
Nei suoi confronti, i “poteri forti” possono tentare pressioni più o meno improprie, ma il prestigio di cui gode in Europa, la stima della sua comunità accademica e professionale, il sostegno del presidente della Repubblica lo rendono inattaccabile. Monti può essere sminuito come “tecnico” soltanto dai politici incompetenti.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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