MONTI SCONFITTO RISCHIA DI SCOMPARIRE: “O ME O NESSUNO”
L’AMBIZIONE DEL PREMIER HA FRENATO OGNI POSSIBILITA’ DI FAR EMERGERE LA CANDIDATURA DI UN ALTRO ESPONENTE DI LISTA CIVICA
Per il Professore di Scelta civica l’analisi della sua disfatta è più psicologica che politica. Ammette un senatore centrista, a microfoni spenti: “Il premier ha perso completamente la lucidità ”.
Spiega sgomento un big del Pd che ha seguito la trattativa decisiva dell’altra notte, tra venerdì e sabato: “Era come impazzito, a ogni nome che abbiamo proposto per sbloccare lo stallo con il centro lui ha risposto: ‘O me o nessuno’. Questo nonostante avesse promesso di tirarsi indietro dopo il no di Napolitano” .
Un’ambizione tignosa che ha scorticato a sangue la celebre sobrietà incarnata dall’uomo in loden verde.
Monti è salito su una giostra perdente che in 24 ore lo ha portato da Bersani e Napolitano ai berlusconiani e infine all’isolamento nel polo di centro, spaccatosi per la sua ostinazione. Riassunto della puntata precedente: venerdì mattina, Monti pretende dal Pd la candidatura a presidente del Senato, Bersani oscilla e a risolvere la questione è il Quirinale che intima al premier di fare un passo indietro istituzionale.
A quel punto il Pd offre ai centristi la Camera (Balduzzi o Dellai) poi lo stesso Senato (l’ex formigoniano Mario Mauro), ma Monti continua a dire no.
Il sabato neri del Professore si apre con una scena del tutto diversa.
Gli squali del Pdl fiutano il colpaccio e vanno in pressing sui montiani, a tutto campo.
B. ha messo in campo Schifani e gli schieramenti hanno numerosi contatti. Da un lato, per il Pdl: Gasparri, Quagliariello, Verdini, Bonaiuti. Dall’altro, per i centristi: Mauro, l’ex aclista Olivero, Della Vedova.
Viene anche organizzato un faccia a faccia tra Monti e Berlusconi, grazie al lavorìo di Federico Toniato, uomo ombra del premier a Palazzo Chigi.
L’annuncio del vertice tratteggia scenari che vanno oltre i voti di Scelta civica a Schifani nel ballottaggio con Grasso: lo stesso Monti presidente del Senato o leader del centro-destra oppure ancora capo dello Stato.
Un centrista autorevole decifra così il mistero montiano: “Vuole il Senato per andare al Quirinale”.
Casini, senatore anche lui, aiuta il premier a fare i conti sui voti. Prima della seduta pomeridiana, il gruppo di Monti si riunisce e si spacca.
La scelta è di votare scheda bianca e non fare “la stampella di nessuno”.
Ma c’è una fronda filodemocrat: Olivero, Lanzillotta , Maran, Ichino.
Gli ultimi tre provengono proprio da quell’area. Il confronto è duro ma prevale la linea dell’unità per non indebolire ancora di più il confuso Monti. Si vota scheda bianca.
Gasparri denuncia: “I montiani piegano la scheda prima di entrare nella cabina per farsi controllare”.
È il caso della Lanzillotta che si avvicina al seggio e piega la scheda davanti a tutti. Poi dichiarerà : “I nostri voti sono stati decisivi per l’elezione di Grasso: siamo 21 e la differenza di voti rispetto a quelli ottenuti da Schifani è stata di 20 voti”.
Grasso passa che è già buio e ancora Gasparri si prende la sua vendetta: “I montiani ci hanno offerto cose oscene”, avrebbero votato Schifani in cambio di un disimpegno del Pdl per favorire la nascita di un governo tra Pd e Scelta civica.
Commento di un berlusconiano: “Secondo Monti loro dovevano fare il governo e noi andarci a nasconderci nei cessi. Roba da mentecatti”.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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