NAPOLI, I RAGAZZI DEI CLAN VOGLIONO ESSERE “FIGHI”, VOGLIONO SEDURRE: DOBBIAMO DISARMARLI
GIOVANISSIMI OSSESSIONATI DALL’ASPETTO FISICO E DAI GIOIELLI DIVENTANO CRIMINALI, LA CAMORRA LASCIA FARE, TUTTO LE TORNA UTILE
Emanuele ammazzato il 24 ottobre, Santo ammazzato il 2 novembre, Arcangelo ammazzato il 9 novembre. Emanuele aveva 15 anni, Santo 19, Arcangelo 18. E’ questa l’età in cui si muore ammazzati. Non vi stupisce il silenzio del governo? Del governo comunale, regionale, nazionale? Non mi stupisce, la risposta del resto quale dovrebbe essere, la solita: «Più polizia, più posti di blocco».
Da quanto si fa così senza risolvere molto, anzi quasi nulla? Da sempre. Eppure quello che sta accadendo non è qualcosa di inaspettato, o nuovo, semplicemente è inosservato. Perché si muore così giovani? Perché così tante vittime? Non è una singola faida, non sono tutti collegati nello stesso conflitto. Facciamo ordine: cosa conta oggi? Cosa conta per un ragazzino (in realtà per tutti) più di ogni cosa? Il denaro. Cosa porta il denaro? Bellezza, stile, essere figo, essere carismatico. Cosa porta carisma e denaro? Comandare, poter sedurre, piacere. E come fai ad arrivarci in una realtà dove non esistono contratti, dove il lavoro nero è per sempre, dove ogni risparmio e ogni progetto spesso sono impossibili? Entri in una paranza, o inizi ad atteggiarti a gran duro per promuoverti e provare a trovare uno spazio. Scegli di avere una pistola, uccidere ed essere ucciso il destino.
Ovvio che non tutti fanno questa scelta, ovvio che c’è chi in miseria e difficoltà non diventa un paranzino, un killer, un camorrista, ma la forza di una catena si misura sul suo anello più debole. Vi immaginate esseri violenti, da favela, strafatti di cocaina e crack. Nulla di tutto questo. Sono ragazzini che passano la vita ad ascoltare brani che parlano d’amore e tradimento, ossessionati dall’aspetto fisico e dall’essere brillanti, in continuo corteggiamento con le ragazzine e i loro amici, nel sogno di essere considerati i più simpatici, diventare i più ricchi, essere temuti dai più fessi. Questo sono, e queste fragili ambizioni li portano dritti nella scalata criminale.
Vittime, spesso colpevoli, ma sempre vittime. Le vittime colpevoli sono coloro che scelgono di uccidere, di spacciare, di fare del male ma si ritrovano trascinati dalla violenza che loro stessi credono di scegliere. E ormai stiamo assistendo all’emergere di faide su faide, tutte combattute da ragazzini, anche se spesso nessuno di loro viene da famiglie camorriste.
Arcangelo Correa è stato ucciso da una pistola che passava di mano in mani tra ragazzini. Era incensurato, i suoi genitori commerciati con un negozio di vestiti, suo cugino Luigi Caiafa nel 2020 era stato ucciso a 17 anni dai falchi della polizia. Aveva tentato una rapina con una pistola finta e nell’inseguimento venne ammazzato: secondo le dichiarazioni della polizia aveva puntato la pistola finta contro di loro, secondo gli avvocati dei familiari la polizia gli aveva scaricato addosso proiettili per costringerlo a fermarsi. Proprio il fratello di Luigi si è costituito, lui ha sparato in fronte al cugino, dichiara per errore. Armi in mano, armi nei jeans sul coccige; tenute assicurate al corpo dall’elastico della mutanda e dalla cintura. Armi che sparano e uccidono per gioco.
Una situazione di guerra costante dove il rischio della morte non esiste, c’è la certezza di morte. Questo è il valore aggiunto che hanno nella prassi criminale i ragazzini, nessuna paura di morire, la leggerezza con cui considerano il carcere come una necessità per diventare uomini.
Anche quando non sono camorristi ambiscono ad esserlo: c’è una foto pubblicata sul Corriere della Sera di qualche giorno fa che ritrae il 20enne assassino Francesco Pio Valda (che uccise nel marzo 2023 l’innocente 18enne Francesco Pio Maimone) insieme al presunto assassino diciassettenne di Santo Romano (ucciso a San Sebastiano al Vesuvio) che condividono una magnum di Champagne con uno dei figli dei capi del clan Aprea di Barra. I riferimenti sono sempre loro, i vincenti, i ricchi, coloro che dispensano generosità e condanne: presto vivere, presto morire.
Ma le vecchie famiglie? Le famiglie camorriste fanno fare, usano e gestiscono, le paranze sono utili sia governate da loro sia quando lasciano fare per poi aggiustare gli equilibri, affiliarli o farli arrestare, sparare loro per uno sgarro o farli crescere. Non dimenticando che molti dei loro figli, intendo delle famiglie storiche, sono proprio loro parte delle paranze. Arcangelo è morto al centro storico, il luogo dove nacque dieci anni fa la prima paranza, «la paranza dei bambini» il primo gruppo camorristico strutturato composto da ragazzini.
Oggi l’imperativo dev’essere disarmare Napoli, togliere armi in circolazione ma investire, investire, investire. Formazione, scuole aperte tutto il giorno, assumere e trasformare professori disponibili in maestri di strada, e ancora corsi, corsi e corsi professionali. Questo per iniziare a sottrarre una prima leva di ragazzini pronti a sparare. Il modello Caivano proposto dal governo non solo è stato inefficace ma ha peggiorato la situazione portando in carcere una massa di minorenni e di fatto «professionalizzandoli» al crimine. Queste morti continueranno, e le faide con il progressivo crescere della miseria saranno sempre più feroci: cocaina, erba, eroina e anfetamina i turisti, non vogliono altro e le paranze non vedono l’ora di potergliele vendere. Questa realtà non è Napoli, questa realtà è il mondo.
Roberto Saviano
(da corriere.it)
Leave a Reply