NASCE IL PDL-SICILIA, MA SENZA IL MARCHIO DI FABBRICA
PROMOSSO DA MICCICHE’, IN CONTRASTO CON ALFANO E SCHIFANI, FEDELI A LOMBARDO E BENEDETTI DA FINI, IL PROGETTO PREOCCUPA IL VERTICE DEL PDL…. CONTA SU 13 DEPUTATI, 6 SENATORI, 15 CONSIGLIERI REGIONALI… “LEALI A SILVIO, MA NON SIAMO YESMAN”…E IL PDL GLI NEGA L’USO DEL SIMBOLO
Non sarà il temuto “partito del Sud” di cui si era parlato a lungo negli scorsi mesi, ma certamente quello che ieri è stato ratificato ufficialmente all’Assemblea regionale siciliana, ovvero la costituzione del gruppo autonomo “Pdl Sicilia”, rappresenta una bella scossa per il vertice del Pdl.
La diplomazia di partito non è riuscita a mediare tra i coordinatori nazionali e Gianfranco Miccichè che ha con sè parlamentari nazionali e regionali, ex An vicini a Gianfranco Fini e centinaia di amministratori locali.
“Rimango fedele e leale a Berlusconi, ma non vesto nei suoi confronti i panni dello yesman. La gestione del partito in Sicilia è assolutamente fallimentare”. Nonostante la diffida dall’uso del marchio di fabbrica Pdl, nonostante le minacce di considerarli fuori dal partito, ieri i ribelli hanno reso ufficiale lo strappo.
E sono tutt’altro che pochi ( la metà del gruppo regionale, tanto per avere un’idea), confortati dalla “benedizione” all’operazione che avrebbe dato Gianfranco Fini ai suoi.
Hanno aderito infatti alla nuova sigla ben 13 deputati, 6 senatori e centinaia di amministratori locali che non ne possono più della gestione di Schifani e Alfano e restano invece fedeli a governatore Lombardo.
Il progetto preoccupa non poco il vertice nazionale del Pdl, soprattutto per l’effetto domino che potrebbe creare, attraverso la frammentazione del partito in altre realtà locali.
Da qui l’invito a non usare il simbolo di partito che “è nell’esclusiva disponibilità del vertice del Pdl” e a non costituire alcun gruppo Pdl-Sicilia in quanto non autorizzato dal partito stesso.
Le accuse dei ribelli partono da considerazioni locali: “il Pdl siciliano è una torre di Babele dover leader e leaderotti parlano ognuno un linguaggio politico differente e dove regna l’incoerenza”.
Ma i risvolti sono soprattutto nella insoddisfazione per una politica nazionale che vede Berlusconi ormai appiattito sulle posizioni della Lega, incapace di porre un freno ai continui ricatti padani, insensibile a una vera operazione di rilancio del Sud che non vada oltre le solite dichiarazioni di principio.
Un malessere ormai diffuso anche in altre regioni meridionali e per questo pericoloso e non risolvibile con minacce e ammonizioni.
Diciamo chiaramente che la Sicilia, che aveva regalato al Pdl maggioranze bulgare, attraverso una affermazione senza precedenti anni fa, contribuendo al successo del partito a livello nazionale, ha poi visto i fondi di Tremonti prendere quasi sempre la destinazione del Nord.
L’arroganza della Lega e l’arrendevolezza complice del premier ora hanno ottenuto un primo risultato: far incazzare il meridione d’Italia, stanco di promesse e di vaghi impegni verbali.
Il Pdl paga la sua politica sbagliata al Sud, in attesa di subire le critiche anche dal nord, appena sarà evidente la svendita dei valori originari del partito per ingraziarsi alle elezioni regionali la Lega e gli egoismi xenofobi che essa rappresenta.
Nonchè regalando Veneto e Piemonte ai sostenitori della Padagna del magna magna.
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