NAUFRAGIO DEL “CONCORDIA”: RECUPERE LA NAVE O NO?
TRA ASSICURAZIONE E DANNO AMBIENTALE…”COSTA PIU’ RECUPERARE LA NAVE CHE AFFONDARLA”
Recuperare o non recuperare la Concordia. Questo è il problema.
“Per Costa, l’ipotesi meno onerosa sarebbe che la nave affondasse. Poi, in subordine, che venisse demolita. L’eventualità peggiore è che si possa recuperare: si incasserebbe meno e si avrebbe una nave ‘rattoppata’. Tanto più che l’immagine della Concordia non è una bella pubblicità ”, racconta un esperto di brokeraggio marittimo che preferisce non essere citato.
La sorte del colosso di 300 metri è un rebus.
Si intrecciano problemi tecnici, ambientali e assicurativi.
Il destino, fortunatamente, ha voluto che la Concordia si fermasse sulla spiaggia, altrimenti la tragedia avrebbe assunto proporzioni inimmaginabili.
Ma la nave ferma a riva deve essere rimossa, con sforzi e costi enormi.
Per farne che cosa? All’indomani del disastro, Massimo Gronda, del noto Studio Ansaldo di Genova (consulenti della Costa), aveva spiegato: “Ci vorranno mesi per rimuovere la nave. Ma sarà impossibile usare i rimorchiatori. Prima di tutto lo scafo dovrà di nuovo essere reso stagno, poi lo si farà galleggiare con enormi “palloni”.
Quindi la Concordia sarà spostata, per essere demolita o riparata”.
Ecco, passata l’emergenza, si dovranno affrontare le questioni assicurative.
E la battaglia è già cominciata perchè qui ci ballano 500 milioni.
“La nave, varata nel 2005, era costata oltre mezzo miliardo. Oggi è assicurata per 460 milioni (il premio pagato dalla compagnia era di 500mila euro l’anno, ndr)”, ricorda dal canto suo Carlo Allodi, vice-presidente della Cambiaso Risso, società nota nel settore delle assicurazioni navali.
Aggiunge: “Adesso Costa e assicurazioni dovranno valutare se demolirla oppure ripararla. Se le riparazioni dovessero costare più del valore assicurato, è ovvio che si debba demolire”.
Una previsione? “Mi sembra impossibile che la nave torni a navigare. Ci sono lo squarcio nello scafo, il sistema elettrico distrutto e buona parte delle cabine allagate”.
Quindi? “Se la nave fosse affondata in mare aperto, non ci sarebbero questioni. Invece va rimossa”.
La Concordia allora dovrà essere trasferita in un porto. E saranno altri costi. Immensi, paragonabili alla costruzione di una nuova nave, se dovesse essere riparata.
Comunque pesanti in caso di demolizione, perchè fare a pezzi e smaltire un colosso da 114mila tonnellate è impresa da far tremare i polsi.
Ma chi paga in questo caso? “La demolizione è a carico dell’armatore”, spiega Allodi. Cioè Costa. Una bella sberla.
Ma l’assicurazione di una nave che vale quanto una piccola manovra finanziaria non è come una polizza Rc auto.
Ci sono contratti diversi.
Spiega Allodi: “Il primo, si diceva, è l’assicurazione ‘scafo e macchina’, una specie di kasco. Poi c’è la responsabilità civile che copre i danni ai passeggeri, alle famiglie delle vittime e all’ambiente. Si chiama “P&I” (Protection and Indemnity insurance) e attinge a un fondo creato da armatori e proprietari di navi, una specie di mutua (nel caso di Costa parliamo della norvegese Standard). La copertura è illimitata. Soltanto per l’inquinamento c’è il tetto di un miliardo. Oltre risponde l’armatore”.
Insomma, se uscisse il carburante dalla Concordia (i serbatoi ne contengono 2.400 tonnellate) e inquinasse l’arcipelago toscano, Costa rischierebbe il crac? “Credo che non ci sarà un disastro ambientale. Il carburante è già solidificato”, è convinto Allodi.
Ma le incognite per la compagnia genovese (controllata dal colosso americano Carnival) sono anche altre: la nave ospitava fino a 3.780 croceristi, parliamo di mancate entrate per milioni ogni settimana.
Alcune compagnie, poche, sono assicurate contro questi rischi.
Ma il numero uno della Costa, Pierluigi Foschi, ha parlato di 93 milioni di dollari di danni a carico della società .
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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