NAZARENO DI GOVERNO, PRIMA IL QUIRINALE POI LA SALVA-SILVIO
AMATO GARANTISCE IL PATTO, GIANNI LETTA PRESIDIA IL QUIRINALE, FORZA ITALIA LITIGA PER I MINISTERI
E il Nazareno si fece carne. In un giorno che non è un giorno qualsiasi.
Perchè il 21 gennaio non è solo il compleanno del togliattiano Ugo Sposetti ma è soprattutto la genesi dell’epopea comunista a Livorno, 94 anni fa.
E il Nazareno si fece carne. La chiosa evangelica, che può suonare blasfema per i credenti, è di Pippo Civati. Montecitorio, alle quattro e mezzo del pomeriggio.
Nel corridoio dei fumatori. Civati sta per andare via. Rosy Bindi lo ha sollecitato per telefono. C’è la riunione delle minoranze del Pd.
I bersaniani però non sono come i comunisti che andarono via dal congresso del Psi, cantando l’Internazionale e fondando al San Marco il Partito comunista d’Italia. L’ultima sigaretta di Civati e la storia del “figliolo” di Silvio Civati prende la borsa ma appare d’incanto l’azzurro Maurizio Bianconi, gigantesco non solo per la mole. Bianconi è toscano e comincia una lezione sul Partito della Nazione. P
remessa: “Io mica vado alle riunioni di Forza Renzi? A che serve ormai? Bisogna solo inchinarsi ai voleri imperiali”. Per lui Forza Renzi è Forza Italia.
Civati sgrana gli occhi e si accende una sigaretta. Il monologo di Bianconi è strepitoso. Imita le voci di “Silvio” e “Matteo”.
Futurismo renzusconiano: “Renzi è il suo figliolo. Mica vorrete credere che Berlusconi arriverà quarto alle prossime elezioni con l’Italicum? Sarà primo perchè sarà con Renzi. Avrà sulla parete l’icona di padre della patria e il su’ figliolo sarà a Palazzo Chigi. Domineranno per vent’anni”.
Civati annuisce. Bianconi sublima il suo show con un pensiero che fino all’altro giorno sembrava impensabile, osceno pure per un berlusconiano dissidente: “Qua ci sarebbe da votare Prodi per dispetto”.
Che cosa volete di più dalla vita? I calcoli di Denis Amato presidente con 590 voti Eccola qua, dunque, la partita mortale che si aprirà al chiuso del “catafalco” per il Quirinale, il prossimo 29 gennaio.
Dopo il terremoto provocato dall’Italicum al Senato, l’elezione del successore di Napolitano sarà un referendum sul renzusconismo di lotta e di governo.
Nè più, nè meno. Apocalypse Nazareno. Calcoli alla mano, segnati su un foglietto, Berlusconi e Denis Verdini, lo sherpa toscano del patto, hanno fissato con una certa sicurezza la quota con cui eleggere il loro capo dello Stato.
Al netto di 120, massimo 130 franchi tiratori del Pd e un’altra cinquantina sparsi, Giuliano Amato (resta lui il nome più quotato) parte dal quarto scrutinio con un pacchetto teorico di 590 voti.
Renziani, berlusconiani e centristi di Alfano e Casini. Martedì prossimo B. e Renzi si vedranno per la decima volta da quando è nato il Nazareno e concorderanno il piano definitivo.
Altro dettaglio non secondario. In occasione delle elezioni per il Quirinale, il candidato “finto”, di bandiera, dell’ex Cavaliere è sempre stato Gianni Letta, l’amico di cricche e logge modello P3 e P4. Stavolta non è così.
Il candidato per i primi tre scrutini, quando la maggioranza richiesta è i due terzi dei grandi elettori, è Antonio Martino. Perchè non Letta?
Il pacchetto chiavi in mano per B.
Il ruolo del Gran visir andreottiano
Il motivo è semplicissimo. Berlusconi non vuole esporre il Gran Visir andreottiano — che ha annegato nel gestionismo affaristico la presunta rivoluzione liberale — perchè il nome di Letta fa parte del pacchetto chiavi in mano garantito da Renzi a B. per il sostegno sull’Italicum.
Non solo la Salvasilvio della delega fiscale, la tutela del conflitto d’interessi e altri piccoli aggiustamenti giudiziari.
Il marchio impresentabile del Nazareno al Quirinale potrebbe essere Gianni Letta nel ruolo di segretario generale. Oltre ad Amato, ovviamente.
“Alcuni dei nostri già si sentono nell’esecutivo” Una volta eletto e insediato il presidente Nazareno, il renzusconismo avrà “molte opzioni” per sviluppare il suo “progetto globale” di controllo della Terza Repubblica.
Il primo problema sarà quello di stabilizzare il renzismo di governo. Fatta salva la clausola che vuole l’Italicum in funzione solo dal 2016, e cancellati tutti i retropensieri sulla tentazione di votare con il Consultellum in questa vacatio, Berlusconi (che con la Salvasilvio non sarà più interdetto) si troverà sul tavolo l’opzione massima.
Prendere il posto “dei comunisti messi in minoranza da Renzi nel Pd” e andare sic et simpliciter al governo.
Di qui una battuta preveggente di Verdini ieri pomeriggio: “Alcuni dei nostri si sentono già ministri”.
Il riferimento è a quel cerchio magico che lo circonda e che in questi mesi ha sempre osteggiato il patto del Nazareno.
Ecco i loro nomi, oggi invece già con la testa al governo: Giovanni Toti, Paolo Romani, Mariastella Gelmini.
Dice una fonte nazarena di Forza Italia: “Quando sarà , dopo l’eventuale vittoria sul Quirinale, Berlusconi non potrà premiare quelli che hanno fatto la guerra contro. Lui conosce bene chi ha tenuto duro sul patto del Nazareno”.
Per la cronaca anche Brunetta si sta riposizionando.
I timori degli alfaniani di perdere le tre poltrone Il monitoraggio degli eventuali ministri azzurri di un Renzi bis è cominciato anche dentro Ncd, che oggi conta tre poltrone nell’esecutivo.
Ieri Alfano ha rivisto Berlusconi, ma tra i centristi tiene banco la lotteria su chi salverà in questa ritrovata alleanza. E se il Nazareno dovesse perdere?
Risposta di B.: “Andrei via dall’Italia”. A patto che gli restituiscano il passaporto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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