NEL GOVERNO UN SENTIMENTO DI LEGGERA EUFORIA
SI RESPIRA UN CLIMA QUASI VACANZIERO, MA SU MES E TASK FORCE E’ RIPRESO IL SOLITO ANDAZZO
Scampato il pericolo in Europa, celebrato il trionfo in Italia, una sensazione di frizzante euforia pervade il governo, accompagnata da una rassicurante narrazione: i soldi ci sono, e sono anche tanti, la prospettiva della storica ricostruzione è un collante forte quasi come la rimozione dei nodi da sciogliere, ancora tutti lì sul tavolo.
E, complice anche una comprensibile e legittima stanchezza dopo mesi duri e brechtiani, l’aria è un po’ da “buone vacanze”.
Accade così che, scattata la mezzanotte al consiglio dei ministri di mercoledì, è stato Francesco Boccia a ricordare a tutti che si deve discutere del prolungamento dello “stato di emergenza”, argomento distrattamente accantonato: “Mica possiamo aspettare il 29, va spiegato, organizzato, vanno date le indicazioni alle regioni”.
Al termine di una rapida e rilassata discussione, si conviene che Conte andrà in Aula martedì ad informare il Parlamento per prolungarlo fino al 31 ottobre e non, come annunciato prima del vertice europeo, fino al 31 dicembre.
Perchè, per come si è messa la situazione, dire che l’Italia è in emergenza fino a fine anno, sarebbe un po’ anti-climatico anche rispetto all’Europa e ai mercati: è come sostenere che c’è ancora la guerra, dopo aver sostenuto che l’Italia questa guerra l’ha vinta ed è iniziata la ricostruzione.
Per gli abili comunicatori che albergano a palazzo Chigi sarà un gioco da ragazzi adattare il format alle nuove esigenze, coprendo la strumentalità , tutta politica, che ha accompagnato la manovra: quando il premier temeva di tornare indebolito dall’Europa, così indebolito da avere dubbi sulla durata del governo, il prolungamento dell’emergenza era, sulla base di un calcolo politico prima ancora che su una analisi sanitaria, il modo per blindarsi utilizzando lo stato di eccezione. Adesso che il pericolo è passato l’emergenza può essere solo a metà , dunque due mesi in meno. Il che, e non è un dettaglio, rende tutto più gestibile, anche il dibattito pubblico con Salvini o con Renzi.
Insomma, la fase è cambiata. E lo è, oggettivamente, dopo una svolta storica in Europa.
Soggettivamente si registra, a livello di clima, più che l’adrenalina di un nuovo inizio e la tensione verso un’impresa senza precedenti, uno spirito da problema risolto, come se i soldi fossero già stati ottenuti, allocati e spesi e, in fondo, c’è solo da occuparsi di qualche dettaglio sul “come”.
E come se la partita europea fosse finita, nonostante i tanti vincoli e le tante condizionalità presenti per l’utilizzo delle risorse.
Di questo calo di tensione ideale e morale, ammesso che questa tensione prima ci fosse e che non fosse solo spirito di sopravvivenza, fa parte la celebrazione alla Camera, un discorso sull’“abbiamo vinto” più che sul “che fare”, e la leggerezza della discussione sul “governo della ricostruzione” e sulle sue modalità .
Raccontano i ben informati che quando il premier ha nominato la parola task force, Dario Franceschini, dopo un brivido lungo la schiena pensando a come andò con Colao, gli abbia chiesto spiegazioni e abbia ricevuto una rassicurazione: “Ma no, mi hanno capito male, ci pensa il governo, nessuna struttura esterna”.
L’ipotesi, al momento, è che del coordinamento in materia di Recovery Fund se ne occupi uno dei comitati interministeriali esistenti, quello del ministro per gli Affari comunitari Enzo Amendola, il Ciae (comitato interministeriale affari europei), che si sviluppa su un livello politico con tutti i ministri e con la collaborazione di comitati tecnici ed esperti.
E che dunque lo schema preveda un pieno coinvolgimento del governo e non il tentativo di fare a meno del governo, cedendo sovranità ai tecnici. Del Parlamento, si vedrà , adesso che la corale richiesta di una Bicamerale per il rilancio (parola che evoca precedenti poco fortunati) ha spiazzato palazzo Chigi.
Di questa leggera euforia fa parte anche la discussione sul Mes, tormentone destinato ad andare avanti fino a quando il principio il realtà , e con esso la verità , irromperà sul format (è accaduto anche a Trump, un campione mondiale della post verità ).
Perchè è chiaro che il premier, a questo punto, pensa che tra scostamento di bilancio e possibilità di anticipo di una parte dei soldi del Recovery fund si può rinunciare a una misura che fa imbizzarrire un pezzo della sua maggioranza.
Tuttavia non riesce a dirlo, nemmeno dopo il trionfo europeo che pur rappresenta un contesto ideale per uno sfoggio di leadership e di decisionismo.
In questa tattica c’è il rischio di una dispersione di un patrimonio, anche di tensione collettiva e di comportamenti virtuosi, perchè il messaggio e la discussione non è sui cambiamenti radicali. Ma il “in fondo, non cambia nulla”.
L’andazzo è quello di prima. E buone vacanze.
(da “Huffingtonpost”)
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