NEL GRAN BALLO DEL COLLE SALE IL NOME DI GRASSO
FRA I CORRIDOI DI CSM E SENATO CIRCOLA IL SUO NOME… LA NECESSITA’ DI “UN UOMO DELLE ISTITUZIONI”
Un’intervista che pesa, quella del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Un’analisi politica – del senatore del Pd Ugo Sposetti in Parlamento dal 1987 e tre elezioni presidenziali – che allude e al tempo stesso mette in guardia dalla stessa allusione.
Il risultato è che nella rosa di nomi spendibili per il Quirinale compare ufficialmente il presidente del Senato Piero Grasso.
L’ex procuratore antimafia avrebbe dalla sua alcune delle caratteristiche tratteggiate da Napolitano nei suoi vari interventi: il profilo istituzionale; l’immagine e la sostanza del rigore dell’ex magistrato, per di più antimafia, necessari ora come non mai all’Italia ultima in Europa nella classifica che misura la penetrabilità della corruzione; due anni di esperienza a palazzo Madama che gli hanno tolto le ingenuità del non politico di professione; non rappresenta nessun partito in particolare ed è tanto superpartes da essere stato votato, a suo tempo, anche dai Cinque stelle
Il presidente del Senato non sarebbe certo un “presidente notaio”, opzione che Renzi sembra aver capito dover mettere da parte; avrebbe però il profilo internazionale necessario e saprebbe bene indirizzare quella riforma della giustizia che lo stesso Napolitano il 22 dicembre davanti al Csm ha detto essere necessaria “per il recupero di funzionalità , efficienza e trasparenza” di tutto il sistema Paese.
Non solo, Grasso avrebbe anche il curriculum e il profilo giusto per districare e debellare con la giusta misura quello che Napolitano definisce “il nodo insostenibile che intreccia corruzione, criminalità organizzata e politica”.
Il presidente del Senato quindi entra nel gran ballo per il Quirinale dove sono già scesi in pista, loro malgrado e con diverse investiture, il ministro Padoan, l’ex presidente Prodi, i giudici costituzionali Sabino Cassese (ex), Sergio Mattarella e Giuliano Amato, l’ex presidente Pierferdinando Casini (sponsorizzato dai centristi, Ncd in testa).
Solo per fermarsi a qualcuno dei nomi messi in pista.
L’ipotesi Grasso aleggiava da una decina di giorni nei capannelli al Csm, in qualche anfratto di palazzo Madama, anche se nessuno l’aveva mai veramente esclamata. Lui si è sempre schernito.
“Sono pronto a prendere la reggenza della Repubblica” disse il giorno degli auguri natalizi alla stampa parlamentare.
A traghettare, cioè, il paese nei quindici giorni previsti tra le dimissioni e la convocazione dei Grandi elettori. Dopodichè, per cultura personale, Grasso non è certo uno che, pur restando ironico e disponibile, presta il fianco a certe speculazioni. Quindi, fine degli scherzi.
Ma oggi è successo qualcosa che si fa fatica a giudicare casuale, pur essendolo certamente, e che mette in chiaro il nome di Grasso.
Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, titolare dell’inchiesta Mafia Capitale, spiega in duecento righe sul Sole 24 Ore i confini giudiziari e gli auspici politici dell’inchiesta.
Un senior della sinistra, dal Pci al Pd passando per i Ds, un uomo di mondo e di esperienze come Ugo Sposetti azzarda tra le righe in un colloquio su Il Foglio che “l’Italia del 2015 non è quella del 1992” e che quindi nessuno si azzardi a tirare fuori dal cilindro soluzioni come quella che all’epoca di Tangentopoli quando l’Italia, schiacciata dagli arresti per corruzione da una parte e dalle stragi di mafia dall’altra, portò sul Colle più alto quello che si credette essere il proprio anticorpo migliore, Oscar Luigi Scalfaro.
Scalfaro “arrivò al Quirinale — ricorda Sposetti su Il Foglio — spinto da un’onda emotiva (…) Oggi come allora registro una pressione sulla politica per far sì che al Quirinale possa arrivare una persona che rappresenti la legalità .
Spero — conclude Sposetti — che questo attivismo delle procure sia casuale perchè far eleggere alle procure il Presidente della Repubblica non mi sembra una grande idea”. Quello che Sposetti non dice al Foglio ma che circola con forza tra i senatori di più antica nomina è che “non solo Grasso è tra le ipotesi più accreditate ma lascerebbe anche libero un posto (la presidenza del Senato, ndr) strategico per saldare alleanze e maggioranze allargate”.
Ora il punto è che proprio oggi il procuratore Pignatone, toga tra le più restie a rilasciare interviste, dedica buona parte del lungo colloquio su Il Sole a ragionare sul fatto che “fenomeni come quello dell’intreccio mafia, corruzione, politica non possono essere debellati solo con gli strumenti del processo penale. C’è in primo luogo un problema di etica, di valori e della loro percezione sociale (…) Sono le persone e non solo le regole che possono fare la differenza”.
Pignatone cita il presidente Napolitano, “la legalità frana se non c’è moralità ” e punta il dito contro “una vasta area di comportamenti che non costituiscono reato e di cui la magistratura non si deve occupare ma che non per questo sono legittimi”.
La lotta alla corruzione deve quindi partire dalla classe politica e amministrativa del Paese che poi non si possono lamentare per le invasioni di campo della magistratura. Del resto, se l’ex pm Raffaele Cantone, alla guida dell’Autorità anticorruzione, è stato indicato come uomo dell’anno, si vede che il paese ha di nuovo e ancora bisogno di personalità il cui nome sia legato al concetto di legalità .
Proprio come nel 1992.
(da “Huffingtonpost”)
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