“NELLA TRAGICOMICA VICENDA SANGIULIANO GIORGIA MELONI HA FATTO UN ERRORE DI PANCIA”: MARCELLO SORGI ASFALTA LA DUCETTA E LA INCHIODA ALLE SUE RESPONSABILITÀ NEL PASTICCIO DI “GENNY DELON”
“LA PREMIER HA DECISO CHE NON AVREBBE ACCETTATO L’IMPOSIZIONE DELLE DIMISSIONI DEL MINISTRO DA PARTE ‘DEI GIORNALI DI SINISTRA E DA DAGOSPIA’. A PARTE IL FATTO CHE LE STESSE DIMISSIONI SONO STATE SUGGERITE ANCHE DA GIORNALI ‘DI DESTRA’, HA MANDATO ALLO SBARAGLIO SANGIULIANO NELL’INTERVISTA AL TG1 SENZA ESSERE IN GRADO DI VALUTARE LE CONSEGUENZE MEDIATICHE E POLITICHE”
Nella tragicomica vicenda del ministro Sangiuliano, costretto in conclusione a presentare dimissioni “irrevocabili” e immediatamente sostituito da un uomo di qualità come il presidente del museo Maxxi Alessandro Giuli, ci sono due soggetti che hanno sbagliato, aggravando gli effetti di un caso di dimensioni internazionali. Uno è ovviamente lo stesso Sangiuliano. L’altra è la premier Meloni.
Il primo, pur essendo un giornalista e avendo confidenza da tempo con il sistema dei media, ha sminuito quel che stava accadendo attorno a lui, considerandolo causa del “gossip”, dei pettegolezzi, come ha scritto nella sua lettera di dimissioni, a tratti inutilmente rabbiosa, e non della semplice constatazione che un ministro non può consentirsi di fare quel che ha fatto lui.
Se anche sarà dimostrato – e gli auguriamo di poterlo fare facilmente, grazie ai documenti di cui dispone – che «non un euro di soldi pubblici» (testuale) è stato speso per portare in giro la dottoressa Boccia, basterebbe il ridicolo di quella lunga serie di foto apparse sui social per condannare l’ormai ex-ministro.
Non è possibile che una persona che in questi due anni ha fatto sfoggio di cultura ed esperienza – pur con qualche svarione che resterà nella storia politica recente – non si rendesse conto che un uomo pubblico, il membro di un governo, il titolare di una responsabilità importante come i Beni Culturali (chissà quante volte il fondatore del ministero, Spadolini, si sarà rivoltato nella tomba) non potesse permettersi di andare in giro come Sangiuliano ha fatto insieme con la dottoressa Boccia nell’ultimo anno, documentandolo, o lasciando che fosse documentato, da una serie di immagini a disposizione del grande pubblico.
Per una semplice ragione: se la Boccia non era, né sarebbe mai diventata sua consigliera, a quale titolo lo accompagnava in una lunga serie di appuntamenti istituzionali o in sopralluoghi che sarebbero entrati a far parte del lavoro preventivo di vertici internazionali? Come poteva sfuggire a Sangiuliano che i suoi colleghi ministri dei sette Paesi più importanti del mondo si sarebbero chiesti il senso di questa strana telenovela, sorridendo o assumendo espressioni corrucciate?
Ecco, il punto vero di questa storia è che Sangiuliano avrebbe dovuto capire che un politico talvolta può sopravvivere perfino ad accuse di corruzione, all’arresto, alla condanna (il caso Toti, prima ancora del processo, lo dimostra). Ma non al ridicolo. Dal ridicolo non ti salvi.
Quanto a Meloni, è evidente dove ha sbagliato. Negli stessi giorni in cui dimostrava notevole abilità “di testa” nella trattativa con Von der Leyen per il posto da assegnare all’Italia nella nuova Commissione europea, la premier è incorsa in un suo tipico errore “di pancia”. Ha deciso che non avrebbe accettato l’imposizione delle dimissioni del ministro da parte «dei giornali di sinistra e da Dagospia».
E a parte il fatto che le stesse dimissioni sono state suggerite anche da giornali “di destra”, ha mandato allo sbaraglio Sangiuliano nell’intervista al Tg1, che evidentemente si illude di controllare pienamente, senza essere in grado di valutare le conseguenze mediatiche e politiche di quei sedici minuti che hanno segnato la fine del ministro. Un suicidio in diretta, che rapidamente ha fatto il giro del mondo. E una provocazione, per la Boccia, che dopo aver ricevuto un’infinità di messaggi “con i cuoricini”, fonte Sangiuliano, veniva messa alla porta con la velata accusa di essere la regista di un complotto. E pertanto ha reagito con l’intervista a La Stampa che ha segnato le dimissioni.
Il caso Sangiuliano potrà servire alla premier e al suo governo – un governo che si riferisce sempre «al suo popolo» – per capire che in democrazia il potere politico non è mai assoluto né onnipotente. Deve sempre rispondere, invece, in modo trasparente alle istituzioni, all’opinione pubblica, e appunto al popolo, che ha assistito sbigottito a quanto è avvenuto in questi giorni.
Marcello Sorgi
per “La Stampa”
Leave a Reply