GENNY TORNA, MAMMA RAI ASPETTA TE: L’EX MINISTRO ’NNAMURATO FRIGNA E SI SFOGA DOPO LE DIMISSIONI: “NON SOPPORTAVO PIÙ LA PRESSIONE. ORA VOGLIO SOLO SPARIRE, PENSARE ALLA MIA FAMIGLIA, ESSERE DIMENTICATO”
GIÀ CIRCOLANO VOCI DI UN SUO POSSIBILE INCARICO IN RAI PER L’EX DIRETTORE DEL TG2, ALLA DIREZIONE DEI TG REGIONALI
«Ho deciso di rassegnare le mie dimissioni irrevocabili», scrive Gennaro Sangiuliano in una lettera indirizzata a Palazzo Chigi. “Irrevocabili” per Giorgia Meloni, soprattutto. Lui, in fondo, di fare un passo indietro non ne aveva granché voglia. Anzi, ieri si era svegliato pimpante, combattivo: «Non mollo. Per tigna e per principio, non mollo!», diceva a La Stampa, convinto di poter ribattere punto su punto all’intervista a Maria Rosaria Boccia pubblicata su questo giornale.
Poche ore più tardi, l’ombra di Sangiuliano chiede pietà: «Non sopportavo più la pressione. Ora voglio solo sparire, pensare alla mia famiglia, essere dimenticato». Eppure già iniziano a circolare voci di un suo possibile incarico in Rai, alla direzione dei tg regionali, nel domino di nomine che si innescherà dopo l’insediamento del nuovo consiglio d’amministrazione.
Quando esce di casa, ieri mattina, è sicuro di poter andare avanti da ministro della Cultura. Meloni ha letto l’intervista e non lo ha ancora chiamato. Dentro tutta FdI regna il silenzio. Lui lo interpreta con ottimismo e con i galloni ancora sul petto si presenta alle 9 sotto l’arco di Costantino, al Colosseo. Vuole valutare i danni causati da un fulmine che ha colpito alcuni giorni prima il monumento, sprezzante della superstizione che fin dall’antichità vede nel fulmine un segno di malaugurio. È l’unico appuntamento della giornata.
Serve a dare una parvenza di normalità. Proprio rientrando al Collegio romano, tuttavia, inizia a capire che il silenzio di quella mattina non era poi così buono. Vuole comunque fare chiarezza sulle accuse mosse da Boccia contro di lui. «Posso spiegare tutto», dice a questo giornale. Ancora una volta. È un tunnel umiliante in cui sarebbe disposto a infilarsi di nuovo. E da lì vorrebbe combattere, querelare giornalisti, presentare un esposto «contro chi mi ha provocato questo danno», spiegare con altri fogli, magari altre lacrime.
È un fiume in piena: «I viaggi non erano 8 come dice Boccia, ma 5. Non conto Pompei perché lei abitava lì». Poi «è vero, siamo andati al concerto dei Coldplay insieme, ma mi muovo con l’auto blu, di tutela perché posso solo muovermi così. Non è un abuso, è una necessità di sicurezza».
Stavolta, memore della lavata di capo subita due giorni fa, evita prudentemente di citare Matteo Salvini e il suo uso dell’auto blu in compagnia della fidanzata. Si limita a ricordare che «nella mia stessa condizione c’era anche Dario Franceschini», il suo predecessore del Pd. Ci tiene anche a sottolineare di non essere «sotto ricatto di nessun direttore di settimanale», ma le chat di quelle conversazioni, aggiunge, «sono private e non le pubblico».
Non è ricattabile nemmeno per comunicazioni di governo che possano essere finite nelle mani dell’ex amante: «Quando ero con lei non ho mai ricevuto una telefonata da Meloni», assicura. E di fronte all’accusa di aver detto a Boccia che nessuno le avrebbe creduto, perché lui è un ministro e lei no, sbotta: «Mai e poi mai avrei potuto dire e nemmeno pensare una frase del genere».
Prepara quindi un esposto contro di lei, «andrò fino in fondo», e promette di «fermare le fake news dei giornali presentando querele, le presenterà pure mia moglie».
Tutto questo vorrebbe dirlo anche a Meloni, quando viene convocato a Palazzo Chigi. Arriva nel primo pomeriggio, dopo aver lasciato al ministero il suo avvocato, e resta lì, chiuso nell’ufficio della premier, per oltre un’ora. «Devastato», raccontano, quando capisce che per lei questa vicenda non è più una questione di torto e di ragione. Come scrive lo stesso Sangiuliano più tardi, una volta rientrato al ministero, il suo ruolo «non può essere macchiato e soprattutto fermato da questioni di gossip. Le Istituzioni sono un valore troppo alto e non devono sottostare alle ragioni dei singoli».
Meloni pretende la sua resa definitiva. È l’unica strada rimasta per mettere la parola fine su questa soap opera in salsa partenopea. Sangiuliano pensava di poter replicare alle accuse, far sentire le sue ragioni, ma l’intervista concessa da Boccia a cui sarebbe poi seguita l’ospitata in tv di ieri sera nel salotto di Luca Telese, e chissà cos’altro nei prossimi giorni, segnava l’inizio di una slavina comunicativa.
Lui, alla fine, getta la spugna: «Non sopportavo più la pressione – dice ancora a La Stampa -. Ho bisogno di tranquillità personale, di stare accanto a mia moglie che amo, ma soprattutto di avere le mani libere per agire in tutte le sedi legali contro chi mi ha procurato questo danno, a cominciare da un imminente esposto alla Procura della Repubblica, che intendo presentare».
Torna di nuovo al ministero. È il momento di incontrare il suo legale, il professore salernitano Silverio Sica, appena arrivato a Roma in soccorso del ministro. È il primo a parlare publicamente di dimissioni: «Potrebbe recuperare la sua libertà di azione tornando a essere un libero cittadino», dice ai cronisti. Lo vede «dispiaciuto per la sua carriera politica».
E inizia a scrivere la lettera delle sue dimissioni. Amara, carica di rancore e di rivendicazioni, di complottismo e vittimismo. Queste, dice, sono state «giornate dolorose e cariche di odio da parte di un certo sistema politico mediatico».
Di più, ha il sospetto fortissimo che contro di lui sia stato ordito un complotto: «Andrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi». È la speranza di scoprire, forse, la macchinazione di qualche potere forte.
Qualcosa, insomma, che renda meno avvilente la realtà che si staglia di fronte a lui: aver perso tutto per il desiderio di vendetta di un ex amante che si è vista rifiutare la nomina promessa.
(da La Repubblica)
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