NO ALLA SECESSIONE, MA ORA IL REGNO UNITO CAMBIERA’
L’ESITO DEL VOTO AVRA’ RICADUTE COSTITUZIONALI E POLITICHE
Gli indipendentisti sono stati sconfitti ma Regno Unito da oggi è diverso.
L’esito del voto avrà importanti ricadute costituzionali e politiche. La secessione è scongiurata ma gli equilibri del potere subiranno un profondo cambiamento. Ci sarà un altro Regno Unito.
David Cameron ha il merito di avere accettato la sfida, ritenendo il referendum separatista un esercizio naturale di democrazia, visto che lo chiedeva il primo partito scozzese.
Sia il premier britannico sia il leader dell’opposizione Ed Miliband hanno commesso però un grave errore: hanno sottovalutato gli indipendentisti, la loro crescente capacità , con toni moderati, mai volgari e folkloristici, di toccare le corde passionali del nazionalismo.
Non un populismo verboso e arrogante, semmai l’orgoglio politico con solide radici storiche e culturali, unito a pragmatismo e intelligenti strategie comunicative.
Così la separazione della Scozia è stata davvero vicina
I più alti dirigenti della amministrazione statale avevano ammonito Downing Street sin da gennaio che l’abile Alex Salmond, il «first minister» di Scozia, stava recuperando terreno e che il quadro si stava modificando.
E pure i leader laburisti scozzesi avevano riportato a Londra le medesime preoccupazioni, segnalando che una parte partito si andava schierando per il sì.
Ma soltanto nelle ultime due settimane David Cameron e Ed Miliband si sono svegliati dal torpore promettendo una più ampia devoluzione alla Scozia, specie in materia fiscale e hanno recuperato al fotofinish.
A livello costituzionale e istituzionale la conseguenza è evidente: sarà inevitabile allargare gli spazi di sovranità della Scozia (l’hanno giurato Cameron, Miliband e Clegg ai 4 milioni e 400 mila elettori), a cominciare dalle tasse e dal welfare.
E ciò significa viaggiare verso una Londra e un parlamento di Westminster meno dominanti politicamente, tenuto pure conto delle inevitabili spinte che arriveranno dall’Irlanda del Nord e dal Galles e tenuto conto che molti fra gli unionisti scozzesi hanno votato «no» in forza della promessa di una più ampia delega di poteri.
La Scozia resta ma in un nuovo Regno Unito.
Questa considerazione, condivisa da tutti gli analisti, porta a una seconda ricaduta che è politica e che tocca sia David Cameron sia Ed Miliband.
La prospettiva di una devoluzione ampliata viene contestata da almeno un centinaio di deputati conservatori inglesi i quali prefigurano scenari di ribellione al loro premier e la dura opposizione ai Comuni.
Dopo le insubordinazioni sui matrimoni gay, dopo le fibrillazioni antieuropee, dopo le rincorse allo Ukip, ora la devoluzione: i conservatori sono sull’orlo della crisi di nervi. Alla vigilia delle elezioni non è un segnale rassicurante per Cameron che punta alla riconferma.
E non è che stiano meglio i laburisti. L’incubo indipendenza li ha allarmati e divisi. Con la secessione Ed Miliband avrebbe perso ogni speranza di andare a Downing Street dato che la Scozia è un fortino laburista.
Con l’unione confermata e con la devoluzione, invece, cresce e si moltiplica il «peso» condizionante dei 41 parlamentari laburisti scozzesi oggi presenti a Westminster: saranno determinanti negli equilibri numerici nel caso in cui Ed Miliband riuscisse a vincere le consultazioni generali della prossima primavera.
Questo referendum cambierà gli assetti e la bilancia del potere nel Regno Unito.
Una storia, una storia importante, è alla spalle. E un’altra sta per cominciare.
Fabio Cavalera
(da “il Corriere della Sera”)
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