NON SOLO FIGLI DI ALLAH, ANCHE FIGLI DI DIO
TRA STEREOTIPI E PREGIUDIZI, IL DOVERE DELL’INFORMAZIONE
Questa volta si sono invertite le parti. Nella notte un uomo si è lanciato con un furgone a tutta velocità contro i fedeli musulmani della moschea di Finnsbury Park, a Londra. L’uomo alla guida sarebbe già stato arrestato dalla polizia: ha 48 anni ma non si conosce ancora la sua identità . Quel che sembra chiaro è che dietro non ci sia la mano dello Stato Islamico, nè di un’altra cellula jihadista.
Il fatto è avvenuto subito dopo la preghiera serale del Ramadan, questo indica che chi ha colpito lo ha fatto con uno scopo ben preciso.
Le vittime sono tutte persone di fede islamica. Per il Muslim Council of Britain, si tratta di “una violenta manifestazione d’islamofobia”.
C’è chi azzarda possa trattarsi di un fondamentalista cristiano. È possibile, le circostanze lo suggeriscono. Ma siamo nel campo delle ipotesi.
L’occasione è comunque utile per aprire una riflessione più profonda.
Primo: se non è mai stato uno scontro di civiltà , lo sta diventando. Finora l’Isis aveva colpito il cuore dell’Europa scandendo slogan e anatemi profetici, ricorrendo a simbologie e a codici tipici dei vecchi imperi.
Il Califfato, la bandiera nera dell’aquila (rayat al-`uqab) utilizzata da Abu Muslim nella sua rivolta degli Abbasidi per estromettere la dinastia Umayyad, ma rivisitata agli inizi degli anni ’90 dai telebani in Afghanistan e quindi, poco dopo, da al-Qaeda. Tracce di un’escatologia islamica stravolta, concentrata da alcuni gruppi criminali unicamente sul binomio “credente/miscredente”, “fedele/peccatore”, per aprire uno spartiacque incolmabile tra il mondo arabo e l’Occidente.
Ma sono falsità . Dietro non c’era e non c’è nulla di tutto questo.
Non c’è l’islam, non c’è il Corano, bensì un intrecciato e controverso senso del potere, che oggi coinvolge Paesi sponsor del wahabismo come i Saud e il Qatar. Chiamiamola realpolitik.
Il punto però è che questa narrazione dell’intransigenza islamica ha finito per prevalere sul senso comune. Ha vinto la bugia contro la verità , la mistificazione contro l’autenticità , la propaganda contro la realtà .
E la religione islamica è diventata una minaccia per il mondo civile. Ogni musulmano un possibile attentatore o estremista.
In casi come questi prima o poi si erge una controparte. Magari si esprime in forme più randomiche e casuali, ma finisce per costituirsi come contrapposizione o risposta al problema percepito. In Italia alcune dimostrazioni di questo genere si sono verificate in passato.
Ricordiamo la storia di don Angelo Chizzolini, il parroco di Arnasco che a gennaio 2016 si rifiutò di benedire la salma di una donna marocchina solo perchè non aveva ancora completato il suo cammino di conversione al cristianesimo.
Una storia di eresia e fanatismo. Di eresia perchè contraddiceva i precetti della Bibbia, secondo cui tutte le persone sono creature di Dio (Colossesi 1:16) e Dio ama tutto il mondo (Giovanni 3:16); di fanatismo perchè Aicha Bellamoudden era stata dapprima considerata un’apostata, poi un essere umano.
Eccolo lo scontro di civiltà , uno scontro nato e viziato da strumenti poliedrici di comunicazione e manipolazione.
I giornali mainstream e i canali ufficiali dell’Isis dal 2014 a oggi hanno praticamente seguito le medesime regole del gioco, seppur con obiettivi diversi. Ciononostante il risultato prodotto è stato lo stesso.
In rarissimi casi infatti i grandi quotidiani internazionali hanno puntualizzato differenze e semplificazioni sull’islam.
La scia emotiva della morte in mondovisione, della decollazione e del sacrificio ha valicato il principio professionale privilegiando quello del racconto enfatico. Ora ne paghiamo le conseguenze. Con un pianeta diviso in due blocchi: quello buono e cristiano e quello cattivo e musulmano.
Un nuovo stereotipo che faticherà a tramontare. Salvo che qualcuno non cominci a spiegare punto per punto come stanno realmente le cose.
Ovvero che i fanatismi non hanno alcuna natura religiosa, forse sacrale (l’etimologia ci aiuta: dal latino “fanaticum”, “ispirato da una divinità , invasato da estro divino”; derivato di fanum “tempio”, da avvicinare a fas “diritto sacro”), il che è diverso.
E che proprio perchè sacrale possono coinvolgere ogni sfera della società .
Il Ku Klux Klan è un esempio. Lo è anche Anders Breivik, il terrorista norvegese conosciuto in quanto autore degli attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia dichiaratosi un anti-multiculturalista, anti-marxista, anti-islamista e sionista; autore del “memoriale 2083 — Una dichiarazione europea d’indipendenza”, in cui si definisce un “salvatore del cristianesimo” e “il più grande difensore della cultura conservatrice in Europa dal 1950”.
Un altro esempio è l’Esercito di resistenza del Signore (o Lra per Lord’s Resistance Army), una formazione di guerriglieri di matrice cristiana che opera principalmente nel nord dell’Uganda, nel Sudan del Sud, nella Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centrafricana da oltre 30 anni. Il gruppo è stato accusato di aver compiuto atrocità contro i civili, tra cui omicidi, mutilazioni, stupri e in alcuni casi anche cannibalismo.
È guidato da Joseph Kony, un pazzo che si autoproclama portavoce di Dio e medium dello Spirito Santo, ideologicamente animato da una miscela sincretica di misticismo tradizionale africano, nazionalismo Acholi e fondamentalismo cristiano.
Mira a istituire uno Stato teocratico sulla base dei dieci comandamenti, così come al Baghdadi a Raqqa (Siria), così come Boko Haram a Borno (Nigeria).
Le differenze tra le due galassie sono impercettibili.
L’attacco di questa notte alla Moschea evidenzia un vulnus sociale e antropologico di cui debbono tenere conto dapprima i media internazionali, poi i rappresentanti politici. La via da seguire è chiara: torniamo noi, professionisti dell’informazione, a dettare l’agenda
Proviamo a riprendere in mano il timone e non lasciamo che siano i timori e le paure altrui a guidarci in questo complicato percorso.
La porta che abbiamo davanti è quella del buon senso. Apriamola, guardiamoci dentro e cambiamo le cose. Prima che le cose cambino noi.
Non abbiamo altra scelta.
(da “Huffingtonpost”)
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