NORME ANTICORRUZIONE: GIULIA BONGIORNO E LE ALTRE DONNE IN PRIMA LINEA
I RILIEVI DI BONGIORNO A SEVERINO, LA SFIDA TRA VICARI E FERRANTI SUI FAVORI AI BIG INDAGATI: TRA CODICI, REATI E TERMINI DI PRESCRIZIONE
È una legge che tratta un mondo tipicamente maschile – la corruzione, la concussione, il peculato, i condannati in Parlamento che sono perlopiù uomini – capace però di muovere grandi passioni in tre donne parlamentari, e pure in un ministro donna (il suo è uno staff quasi tutto rosa), che a tratti si sono scontrate anche tra di loro.
E come sempre Giulia Bongiorno – avvocato, deputata di Fli, presidente della commissione Giustizia – parla chiaro: «Al ministro Paola Severino faccio un applauso per la pazienza e la perizia con cui ha saputo condurre in porto questo testo difficile. Pdl e Pd li puoi mettere d’accordo su tutto, sull’economia e magari sul testamento biologico, ma non sulla giustizia… Per questo, alla fine, c’è voluta la fiducia… Ma al ministro dico anche che se vuole lasciare il segno deve correggere in fretta questa asimmetria tra le norme più restrittive per i comuni cittadini e il divieto di incandidabilità che riguarda noi politici. Perchè così facendo, rinviando il problema con delega al governo, rischiamo di non arrivare in tempo per le elezioni del 2013».
Giulia Bongiorno ha un figlio piccolo e per non lasciarlo solo troppo a lungo fa avanti e indietro molte volte al giorno tra la Camera e casa sua, che dista poche decine di metri dal Palazzo. Tuttavia l’avvocato Bongiorno, che certo non può essere accusata di assenteismo, non è sfuggito un passaggio del testo di cui ha discusso anche con il suo maestro, il professor Franco Coppi: «Non riesco a capire perchè il ministro abbia voluto eliminare gli incaricati di pubblico servizio dal reato di concussione per induzione».
Presto detto – le ha replicato a distanza il ministro, che in questi giorni non nega di essere felicemente «distratta» dalla nascita della sua terza nipotina -: perchè l’incaricato di pubblico servizio non ha lo stesso potere del pubblico ufficiale quando si tratta di esercitare da solo la concussione per induzione.
Ma questo garbato botta e risposta è stato superato da uno scontro a distanza tra la senatrice Simona Vicari (Pdl) e la deputata Donatella Ferranti (Pd). La Vicari – già sindaco di Cefalù, fedelissima di Alfano ma anche di Schifani, mamma di due figli, sposata due volte – ha preso di mira il nuovo reato di concussione per induzione che «riduce la pena del reato contestato a Filippo Penati e quindi riduce i termini di prescrizione».
Ma come, incalza la Vicari, «proprio il Pd che ci ha accusato tante volte di fare le leggi ad personam , di cui forse dovremmo pentirci, ora si comporta allo stesso modo?».
E dunque sul caso Penati, ancora una volta tocca alla Ferranti portare la croce per tutto il partito che praticamente l’ha delegata a gestire la pratica: lei – magistrato dal 1981, segretario generale del Csm tra il 2005 e il 2008 – non si stanca di ripetere le sue ragioni: «L’abbassamento della pena per la concussione spacchettata è dovuto all’emendamento del governo; il Pd è l’unico partito che in commissione ha presentato un emendamento per portare al pena massima da 8 a 10 anni; è vero poi che l’emendamento è stato ritirato ma per essere ripresentato in Aula quando non si sapeva che la fiducia lo avrebbe congelato».
Instancabile, la Ferranti non molla la sua missione anche quando dice che «il giudice del riesame di Penati non ha configurato la concussione ma la corruzione: e per questo reato un mio emendamento, avversato dal Pdl, ha alzato le pene e quindi la prescrizione».
(da “Il Corriere della Sera“)
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