OGGI IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA CAMPANIA SI ESPRIMERA’ SUL TERZO MANDATO, CONTRARIA LA SCHLEIN: CHI TRA I DEM VOTERÀ A FAVORE SI METTE DI FATTO FUORI DAL PARTITO
ELLY E’ UN CATERPILLAR: “SONO STATA ELETTA PER ELIMINARE I CAPIBASTONE E NON CAMBIO IDEA, CON ME NON ESISTONO RICATTI, ABITUATEVI AL CAMBIAMENTO”… DE LUCA VUOLE CANDIDARSI UGUALMENTE PER FAR PERDERE IL CENTROSINISTRA
C’è chi nel Pd, per descrivere la situazione campana, cita Eugenio Montale: «Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Una sola certezza, a un anno dalle elezioni in Regione: non sarà di nuovo Vincenzo De Luca il candidato governatore dei dem.
Più precisamente, a voler leggere tra le righe della citazione e dritto nelle parole della segretaria, si vuole mettere fine all’impero del presidente eterno, basta a un Pd deluchizzato in Campania: se Elly Schlein è stata eletta per rivoltare il partito come un calzino, questa è l’occasione d’oro per dimostrarlo. Anche correndo quel rischio che ha fermato i leader dem precedenti ogni volta a tanto così dal rompere con De Luca: che lui si candidi lo stesso e faccia perdere al Pd la Regione.
Ipotesi che, per la prima parte, è già scolpita nella pietra: oggi il Consiglio regionale voterà, in sostanza, per consentirgli di candidarsi al terzo mandato.
Degli otto eletti dem, da Roma prevedono che in sei si schiereranno col presidente contro le indicazioni della segretaria, mettendosi di fatto fuori dal partito, mentre da Napoli assicurano che, pure fossero tutti leali al Nazareno, i numeri per far passare la legge li porterà il resto della maggioranza. In caso contrario, in una riunione di sabato scorso De Luca avrebbe fatto balenare l’idea di dimettersi, tutti a casa e non se ne parla più: il primo via libera alla norma è arrivato il giorno stesso in Commissione.
Una forzatura che, con inedita durezza, Schlein domenica sera ha respinto al mittente via trasmissione di Fabio Fazio: «Possono votare tutte le leggi regionali che vogliono, ma questo non cambia la posizione del Pd, che non sosterrà i presidenti uscenti per il terzo mandato», altro che funambolici giri di parole per evitare di schierarsi tra Conte e Renzi, stavolta più chiara di così non poteva essere.
De Luca non si è scomposto: quanto ascoltato in diretta tv non è molto diverso da quello che, mercoledì sera, in una tesa telefonata, la segretaria gli aveva anticipato. Non sarai tu il candidato, ma possiamo lavorare insieme per costruire la tua successione, la sintesi delle parole di Schlein. No, grazie, la secca risposta del vulcanico presidente: con o senza Pd intende ricandidarsi, chi lo ama lo segua, e in Campania, lo sanno bene al quartier generale romano del partito, ad amarlo sono in tanti.
Eppure, superare De Luca e il suo sistema di potere, stavolta val bene il rischio di una sconfitta. Perché per una segretaria nemmeno quarantenne eletta dai gazebo contro il parere degli iscritti, mantenere la promessa fatta alla prima Assemblea nazionale di liberare il partito da «capibastone e cacicchi vari», aprire porte e finestre e innestare energie fresche, è fondamentale: «Adesso è bene abituarsi al cambiamento perché io sono stata eletta esattamente per fare questo», ha ripetuto in tv quello che in varie occasioni ha predicato in privato.
Cercando di evitare la personalizzazione: in fondo, ha elencato, prima di De Luca, sotto la scure del no al terzo mandato sono caduti Stefano Bonaccini – l’unico vero momento di tensione fra i due fu quando la segretaria chiuse all’ipotesi anche per lui –, Antonio Decaro, Dario Nardella, la stessa regola varrà per Michele Emiliano. Ma sono anche convinti, lo sussurrano nel suo entourage, che una battaglia a viso aperto contro De Luca può compensare i voti persi in Campania con voto d’opinione guadagnato altrove, là dove l’ex sindaco di Salerno è visto come la personificazione del potere dei famosi e detestati cacicchi.
Certo, ragionano, se Renato Soru in Sardegna ha rischiato col suo 8,6 per cento di impedire la vittoria al campo largo senza riuscirci, a Napoli e dintorni De Luca potrebbe arrivare ben più in alto, anche al 15 per cento, hanno calcolato. Ma siamo sicuri, si chiedono, che siano tutti voti del Pd e del centrosinistra, e che non attinga piuttosto anche nel bacino del centrodestra?
Quando sarà il momento si vedrà, così come si sceglierà il candidato: per ora in pole position è l’ex presidente della Camera, il Cinque stelle Roberto Fico
(da La Stampa)
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