PARTITINI IN SALVO, MA SENZA DIRITTO DI VETO: SOGLIA PREMIO AL 40%, QUELLA DI ACCESSO AL 3%
IL BALLOTTAGGIO DIVENTA PRESSOCHE’ CERTO… VINCE UN PARTITO E NON UNA COALIZIONE
Si alza la soglia per il premio di maggioranza (40 per cento), si abbassa quella per entrare in Parlamento (3 per cento).
Ma dietro il cambiamento di queste due cifre, l’accordo di maggioranza per la modifica dell’Italicum introduce due novità fondamentali.
La prima è che il ballottaggio, il doppio turno, diventa la regola e non più l’eccezione, l’ipotesi eventuale.
La seconda è che lo scettro del comando, attraverso un robusto premio di maggioranza, viene consegnato a un partito anzichè a una coalizione, e i partiti minori perdono il potere di condizionare il vincitore
IL PREMI
Il patto del Nazareno prevedeva un premio di maggioranza che consentisse alla coalizione vincitrice di avere alla Camera 340 seggi su 630, a patto però che essa superasse la soglia del 37 per cento.
Una correzione introdotta all’ultimo momento da Renzi, e accettata da Berlusconi due giorni dopo l’incontro, introdusse il ballottaggio tra le prime due coalizioni, nel caso in cui nessuno superasse il 37 per cento, ma in questo caso con un premio ridotto: 327 seggi anzichè 340.
L’accordo di lunedì sera cambia tutto. L’asticella per aggiudicarsi il premio al primo turno viene alzata al 40 per cento, e non si parla più di coalizioni ma di partiti.
IL BALLOTTAGGI
E’ ipotizzabile che un partito, alle prossime politiche, superi da solo il 40 per cento? E’ possibile ma non è probabile, perchè non è affatto detto che Renzi riesca a ripetere l’exploit delle europee. Se il Pd – o un altro partito – si fermasse al 39,9 per cento, sarebbe inevitabile il ballottaggio.
Gli italiani sarebbero chiamati a decidere se affidare il governo a uno dei due partiti più votati, in un secondo turno che ricorda (negli effetti, non nella tecnica) il sistema francese.
Sarebbe una sfida a due. Renzi contro Berlusconi, oppure Renzi contro Grillo. E il vincitore avrebbe i numeri per governare da solo. In Parlamento i voti dei partiti alleati sarebbero aggiuntivi ma non più determinanti. E’ evidente che un simile meccanismo darebbe una formidabile spinta verso il bipartitismo
LO SBARRAMENTO
L’abbattimento delle soglie pretese da Berlusconi, 4,5 per cento per i partiti coalizzati e addirittura 8 per cento per i non coalizzati, era l’obiettivo principale degli alleati del Pd.
E l’hanno centrato: la soglia è stata ridotta al 3 per cento, cifra che lascia a molti – anche se non a tutti – la speranza di tornare in Parlamento. In cambio, i partitini hanno dovuto cedere il potere di interdizione, novità non di poco conto.
PREFERENZE E CAPILISTA
Ostinatamente rifiutate da Berlusconi, che aveva imposto le liste bloccare, le preferenze tornano sulla scheda elettorale.
Ma con un trucco: prima viene eletto il capolista, poi chi ha preso più preferenze. In concreto, i partiti mediopiccoli manderebbero in Parlamento solo capilista (anche se utilizzerebbero la concorrenza tra i candidati per rastrellare il maggior numero di voti) e le preferenze deciderebbero solo una fetta più o meno grande degli eletti dei partiti maggiori, ovvero la quota di deputati oltre i primi 75 (i capilista).
A questo si aggiunga che i leader dei partitini hanno ottenuto la possibilità di candidarsi in dieci circoscrizioni (prima erano otto) in modo da avere la certezza di essere eletti e la possibilità di mettere in concorrenza, a colpi di preferenze, gli aspiranti subentranti.
CIRCOSCRIZIONI
Scendono dalle 120 dell’Italicum a 75. Significa liste non più di sei candidati ma di otto o nove. Con il superamento delle liste bloccate non era più necessario mantenerle “corte” per superare le obiezioni della Consulta. Le liste più lunghe potrebbero consentire al Pd di evitare le primarie (non previste in nessun Paese del mondo per i posti in lista) lasciando che i suoi elettori scelgano i nuovi parlamentari direttamente nei seggi ufficiali.
QUOTE ROSA
L’accordo di maggioranza segna un punto importante a favore della parità di genere. Almeno il 40 per cento dei capilista dovranno essere donne, e nel caso fosse resa possibile una seconda preferenza (verificandone però la compatibilità con l’esito del referendum del 1991 sulla preferenza unica) dovrà essere “di genere”, ovvero a una donna se la prima preferenza è stata data a un uomo e viceversa. Un successo importante per le donne di tutti i partiti che alla Camera hanno combattuto (e perso) la battaglia per avere più chances di essere elette.
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica“)
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