PERCHE’ IN ITALIA NON SI RIESCE A CHIUDERE UNA CHAT DI PEDOFILI CON 53.000 ISCRITTI
ALL’INTERNO DELLA CHAT TELEGRAM E’ ANCORA OPERATIVO LO SCAMBIO DI MATERIALE PEDOPORNOGRAFICO… MA IL SERVER E’ NEGLI USA
La “chat degli orrori” è ancora lì. Nonostante l’inchiesta di Fanpage.it e numerose segnalazioni alla Polizia Postale il gruppo Telegram da oltre 53mila iscritti e decine di migliaia di messaggi al giorno a sfondo pedopornografico non è stato ancora chiuso: la chat è più attiva che mai e solo nelle ultime ore sono state centinaia le richieste e offerte di foto e video di bambini, adolescenti ed ex, con “trattative” che talvolta vengono condotte alla “luce del sole” — cioè davanti a migliaia di utenti online — e altre volte invece proseguono privatamente.
“Cerco video pedo, offro di tutto”, “Cerco giovane porco depravato per commenti pesanti e fantasie perverse su foto di mia moglie vestita da sposa”, “Cerco foro di ex, sorelle, amiche, mamme, cugine”, “Mostro la mia ragazza, foto spy di alta qualità “, “Cerco video pedo con bambini e ragazzine” sono solo alcuni dei messaggi ricorrenti, e neppure tra i più compromettenti
Perchè la Polizia Postale non può chiudere le chat pedopornografiche
Ma per quale ragione — nonostante le segnalazioni alla Polizia Postale — quella chat non è ancora stata chiusa e i suoi membri più attivi denunciati? Il motivo è che Telegram risponde alla giurisdizione statunitense da alcuni mesi, da quando cioè ha attivato un servizio di digital tokens negli USA; per questo non risponde alle leggi italiane.
È una dirigente della polizia postale ad ammettere le difficoltà a intervenire in situazioni del genere spiegando che si sta lavorando per colmare un vuoto normativo che di fatto limita le possibilità di intervento delle autorità italiane: “Queste chat di Telegram possono ospitare fino a 200mila iscritti che spesso, dopo la chiusura, migrano in massa in altre chat con un nome diverso ma le stesse funzioni. È un cane che si morde la coda”.
Insomma, nonostante l’impegno quotidiano e la volontà da parte della polizia ci sono oggettive difficoltà : d’altro canto si sa che la tecnologia corre e i legislatori sono costretti a inseguire, non con poca fatica.
I server di Telegram infatti si trovano negli Stati Uniti ed è lì, quindi, che si potrebbe intervenire con efficacia e velocità : “Denunciare alla polizia postale è necessario e rientra tra i doveri di ogni buon cittadino, ma purtroppo le nostre forze dell’ordine non hanno molti poteri nei confronti di una società statunitense”, spiegano da Emme Team, gruppo di studi legali italiani e statunitensi che da febbraio di quest’anno ha aiutato — a titolo gratuito — 495 vittime a far rimuovere foto e video che li riguardavano da chat a sfondo pornografico e pedopornografico.
Telegram è tenuta come tutte le altre società statunitensi a rispettare i dettami del Digital Millennium Copyright Act (Dmca), una legge che regolamenta non solo il diritto d’autore ma anche la diffusione di foto e video privati. Le vittime — spiegano da Emme Team — “possono richiedere ai giudici federali statunitensi di ordinare ai proprietari di domini e server la rimozione dei contenuti e di fornire ogni informazione utile a identificare e denunciare i responsabili di un crimine. Questo avviene perchè le società sono tenute a conservare e mettere a disposizione degli inquirenti i tabulati internet, ovvero la registrazione di ogni attività e indirizzo ip di chiunque passi da un sito americano. Ciò tuttavia non avviene in Italia, proprio perchè i siti sono collocati negli Stati Uniti e devono rispettare le leggi federali di quel paese”. È per questo che la Polizia Postale — che lo ribadiamo, va comunque avvertita — ha sovente le mani legate e non può chiudere chat ospitate su server stranieri
Revenge porn: cosa fare per ottenere giustizia
Intervenendo invece direttamente negli Stati Uniti — ad esempio rivolgendosi a servizi gratuiti come quello di Emme Team — si può ottenere giustizia. Le vittime — o chi legalmente le rappresenta (come nel caso della madre di Tiziana Cantone, la signora Maria Teresa Giglio) — possono richiedere la procedura di blocco dei contenuti illegali e l’identificazione di coloro che li hanno immessi nelle chat. A quel punto i proprietari di un sito (ad esempio Telegram) hanno 15 giorni di tempo per bloccare foto e video (non vengono mai del tutto cancellati, in quanto la prova di un crimine viene sempre conservata). Se la richiesta di blocco non viene evasa, il proprietario del sito diventa co-responsabile del crimine e soggetto a sanzioni, richieste danni e conseguenze penali. Ricordiamo che il revenge porn è una pratica illegale punita con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro
Quando l’intervento della Polizia Postale è determinante
Non sempre la Polizia Postale ha le mani legate. Ci sono molti casi, come la rete di pedofili sgominata ieri in 12 regioni italiane, in cui le nostre autorità riescono a intervenire con velocità ed efficacia. Ciò avviene, ad esempio, quando una vittime di pedofila o revenge porn riesce a farsi fornire in chat iban o dati di carte di credito dai quali per la polizia è un gioco da ragazzi risalire ai titolari. Spesso, infatti, lo scambio di materiale illegale come quello riguardante dei minori avviene in conversazioni private e non di rado in seguito a un’offerta di denaro che si può trasformare in una trappola per i pedofili. Una trappola che porta quasi sempre a denunce, condanne e arresti.
(da Fanpage)
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