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PERCHE’ PUTIN NON RIUSCIRA’ A VINCERE IN UCRAINA, NEMMENO CON LA GRANDE MOBILITAZIONE

NON POTRA’ CAMBIARE LE SORTI DELLA GUERRA: I MOTIVI

“Sei stato mobilitato come riservista!”. “Con chi stiamo combattendo?”. “I nazisti”. “Sì, ma contro chi?”. Questa è una delle barzellette che circola a Mosca a seguito della decisione da parte del presidente russo Vladimir Putin di annunciare la mobilitazione, dopo che per settimane e mesi il Cremlino ed il governo russo avevano negato categoricamente questa ipotesi.
La Russia ha accolto anche questa decisione, in buona parte, con rassegnazione e qualche protesta. Circa un migliaio di persone sono state arrestate mercoledì, quando il movimento Vesna contro la guerra ha portato in piazza poche migliaia di persone nel centro di diverse città russe.
Alcuni degli arrestati sono stati poi puniti con il peggiore dei contrappassi: è stata consegnata loro la cartolina per recarsi direttamente ai centri per il reclutamento.
Ma è soprattutto la paura la reazione principale. Le lunghe code che si sono viste ai confini via terra con i Paesi baltici, la Finlandia, la Georgia e persino la Mongolia sono la testimonianza diretta, così come i biglietti aerei andati a ruba o introvabili se non a prezzi altissimi, di quella che può definirsi come una vera e propria fuga (un vero e proprio si salvi chi può) dei giovani russi a diretto rischio.
Per chi non è riuscito a scappare la prospettiva è questa: nelle prossime settimane saranno sottoposti ad un veloce addestramento per essere poi inviati sul fronte il prima possibile, dove la situazione è ancora molto precaria a seguito dell’offensiva di successo degli ucraini nelle scorse settimane.
Perché Putin non aveva altre alternative?
La verità è che, anche volendo, Putin non aveva più alternative. Tutti i tentativi di creazione di battaglioni di volontari non avevano avuto granché successo nonostante tutte le promesse e gli incentivi del governo russo.
L’unico gruppo sostanziale di persone che aveva accettato di andare al fronte era quello dei detenuti arruolati nelle carceri da PMC Wagner (in cambio della grazia per le loro pene). Ma l’esercito russo non poteva fare certamente affidamento soltanto su avanzi di galera reclutati alla bene e meglio.
La verità è che l’offensiva condotta dagli ucraini con successo nella regione di Kharkiv ha mostrato con chiarezza tutti i limiti della capacità militare russa in Ucraina, ovvero quelli di un esercito di pace in una zona di guerra.
Quando Kyiv ha deciso di sferrare il suo primo attacco nella vitale regione di Kherson, i russi hanno inviato lì quasi tutte le riserve che avevano a disposizione, spostandole in buona parte dal Donbass e dalla regione di Kharkiv.
Ciò ha indubbiamente permesso al comando russo di rallentare con un certo successo l’offensiva a sud – nonostante gli ucraini continuino ad avanzare seppure con molta lentezza — ma allo stesso tempo ha lasciato scoperti altri fronti a possibili contrattacchi ucraini, come in effetti poi è avvenuto.
Quando i preparativi dell’esercito ucraino per un’offensiva nella regione di Kharkiv sono stati scoperti, il comando russo non è stato in grado di spostare abbastanza forze per la sua difesa e per bloccare l’avanzata ucraina sul nascere.
In tal modo, il comando ucraino si è reso conto, nei fatti, del vantaggio numerico che un esercito mobilitato da tempo (con la creazione di decine di nuove formazioni di combattimento ben addestrate ed armate) aveva rispetto a un esercito non mobilitato, da tempo di pace, come quello russo.
Se fino a quel momento il comando russo pensava che l’esercito ucraino non potesse utilizzare questo vantaggio perché più debole rispetto alle sue unità in termini di potenza di fuoco, la rotta di Izyum ha mostrato nella maniera più chiara possibile che l’artiglieria da sola non è sufficiente a controllare migliaia di km di fronte.
Ciò è valido in particolare nelle condizioni in cui il nemico è in grado di concentrare le sue forze, e le Forze Armate russe (soprattutto l’aviazione) non sono in grado di impedirlo, perché gli ucraini continuano ad avere in loro possesso ottimi sistemi di difesa anti aerea.
Altra debolezza significativa durante l’offensiva ucraina nella regione di Kharkiv è stata il fatto che i russi abbiano appaltato la difesa dei propri fianchi alle unità composte da soldati mobilitati di fretta e furia dai territori occupati dell’Ucraina.
Molte di queste, oltre ad essere sottopagate e male armate, avevano anche poco interesse a combattere per difendere l’esercito invasore che aveva occupato i loro territori, distrutto le loro case, a volte ucciso anche i loro parenti, e spesso costretto gli abitanti di quelle zone ad andare al fronte contro altri ucraini per una guerra che non sentivano propria.
La soluzione a tutto ciò era quindi inevitabilmente una sola: come chiesto a gran voce dai millblogger russi, l’unico modo per cambiare la situazione era la mobilitazione generale, così da garantire al comando russo quelle riserve russe che tanto sono mancate nel momento in cui erano più necessarie.
Stando a sentire loro, però, Putin ha preso una decisione da cui non può più fare marcia indietro: uno dei motivi per cui il Cremlino era stato in grado di portare la guerra avanti per mesi senza proteste di massa, è che, almeno fino ad ora, ciò che stava accadendo in Ucraina sembrava lontano anni luce dall’atmosfera delle grandi città russe.
Diversi media occidentali solo un mese fa parlavano ancora di come a Mosca, tra feste e spensieratezze, la guerra sembrasse un lontano affare per i giovani russi. E le statistiche dei morti confermati in Ucraina dimostravano che buona parte proveniva dalle zone più periferiche e povere della Federazione Russa.
Adesso invece, le scene che si vedono a Mosca sono ben diverse: la polizia pronta a consegnare cartoline per il reclutamento anche nelle stazioni della metropolitana, centinaia di madri in lacrime per ii propri figli pronti a partire per una guerra, e molti di questi ultimi che sanno già dentro di sé che probabilmente non torneranno più vivi da questa esperienza.
Per spiegare il cambiamento di umore di molti russi dopo l’annuncio di Putin basti dire questo: le ricerche su Google di “как сломать руку в домашних условиях”, ovvero “come rompere un braccio a casa”, sono salite alle stelle in tutta la Russia, scatenando speculazioni sul fatto che alcuni russi possano decidere di prendere misure estreme pur di evitare di combattere in Ucraina.
La situazione è diventata così surreale che Lenta.ru ha dovuto pubblicare questo tweet: “Ai russi è stato chiesto di non ferirsi le mani per la tregua dalla mobilitazione. Non accadrà nulla per una ferita accidentale, ma se un soldato di leva si rompe appositamente qualcosa, allora dovrà affrontare una indagine penale – per renitenza dal servizio militare”.
Per la prima volta, insomma, anche il cuore pulsante della Russia sta iniziando a percepire in maniera diretta cosa significa la guerra in Ucraina. Qualsiasi cosa succeda da ora in poi, dunque, siamo indubbiamente in un momento chiave della guerra iniziata a fine febbraio.
Quale è la situazione attuale sul fronte?
La rapida ritirata dei russi dal saliente di Izyum-Kuyansk sotto la minaccia dell’accerchiamento da parte ucraina ha creato di fatto un vuoto di 150 km sul fronte a est di Kharkiv.
Secondo diversi funzionari della NATO, la Russia ha lasciato dietro di sé “parecchio” equipaggiamento nella sua rotta nella regione di Kharkiv. E almeno un’unità storica, la Prima Armata di carri armati della Guardia Nazionale, è stata “decimata”.
“Con il suo asse settentrionale praticamente collassato, sarà più difficile per le forze russe rallentare l’avanzata ucraina e fornire copertura alle truppe russe in ritirata”, ha detto un funzionario della NATO alla CNN. “Pensiamo che questo comprometterà gravemente i piani della Russia di occupare l’intero Donbas”.
A seguito della rotta, le truppe in fuga dai pressi di Izyum (in precedenza le più forti dell’intero raggruppamento russo nella regione) hanno perso una parte rilevante della loro efficacia in combattimento.
La mancanza di riserve in grado di colmare il divario tra le due forze ha fatto si che anche il tentativo russo di ritardare l’offensiva ucraina sulla linea difensiva lungo i fiumi Oskol e Seversky Donets si sia rivelato in buona parte un fallimento.
Le Forze Armate ucraine hanno infatti attraversato entrambi i fiumi in diversi punti e stanno ora sviluppando un’offensiva verso la regione di Luhansk, cercando anzitutto di accerchiare le truppe russe a difesa della strategica città di Lyman.
Di fronte ad una situazione sempre più difficile, il comando russo si è avvalso di scelte estreme: ad esempio ha tentato di ostacolare l’avanzata dell’esercito ucraino sul Seversky Donets bombardando la diga sul fiume presso il bacino di Pechenezh per inondare i campi.
È ancora difficile dire, però, se questo basterà a rallentare l’avanzata delle Forze Armate ucraine verso la regione di Luhansk.
È in questo contesto decisamente complicato per le forze russe nel Donbass che arriva la decisione di Putin di dichiarare quella che ha definito “una mobilitazione parziale”.
Una vera e propria mobilitazione generale
Nonostante le parole di Putin, però, il decreto presidenziale da lui firmato non lascia certo intendere che sia “parziale” questa mobilitazione. Anche i successivi chiarimenti del Ministero della Difesa russo, lasciano molti dubbi aperti in questo senso.
Sostanzialmente, infatti, non viene posto alcun limite effettivo alla capacità di mobilitazione da parte del Ministero della Difesa russo, e le poche eccezioni espresse esplicitamente riguardano i limiti di età, di salute ed i dipendenti del settore militar industriale necessari per portare avanti la guerra.
Durante un’intervista televisiva di mercoledì poco dopo l’annuncio di Putin, il Ministro della Difesa Sergey Shoigu ha dichiarato che la Russia avrebbe reclutato 300.000 soldati grazie alla mobilitazione parziale, in particolare coloro che hanno avuto una esperienza militare recente.
Ma il numero effettivo dei mobilitati, contenuto nel decreto firmato da Putin, è rimasto secretato.
Il decreto di Putin, infatti, contiene in buona parte formulazioni volutamente molto vaghe ed un paragrafo è rimasto riservato (il Cremlino ha poi ammesso che tale paragrafo specifica il numero di persone da mobilitare).
Il quotidiano indipendente russo Novaya Gazeta.Europe ha riferito, sulla base di una sua fonte al Cremlino, che il numero misterioso coperto da segreto è di ben 1 milione di nuove reclute.
Questa notizia non è stata però confermata da altri organi di informazione ed è stata ufficialmente smentita dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Nonostante le smentite ufficiali, però, video e testimonianze provenienti da tutta la Russia mostrano sempre più un gran numero di arruolamenti anche in piccole città, suggerendo che i numeri effettivi possano essere molto più alti di quelli ufficialmente riferiti da Shoigu.
Che questa possa essere stata un’altra menzogna del Cremlino se ne sono resi conto soprattutto i russi che vivono nell’immensa periferia del Paese. In un piccolo villaggio di 450 anime della regione di Zakamensky, nella Buryatia, in Siberia orientale, il capo villaggio ha distribuito più di 20 avvisi di leva.
Sempre dalla Buryatia vengono riportati i primi casi anche di persone letteralmente svegliate nel sonno per essere trascinate ai centri di reclutamento ed essere inviate all’addestramento.
“Non è una mobilitazione parziale, è una mobilitazione al 100%”, ha dichiarato al Guardian Alexandra Garmazhapova, presidente della Free Buryatia Foundation, un gruppo di attivisti che ha denunciato la mobilitazione nella regione.
Nonostante le assicurazioni ufficiali sul fatto che le autorità avrebbero reclutato solo uomini che avessero prestato servizio nell’esercito di recente e con esperienza di combattimento, molti attivisti hanno già segnalato in tutta la Federazione Russa numerosi casi di uomini sulla cinquantina (e persino alcuni sulla sessantina) che hanno ricevuto le notifiche di leva.
Ci sono anche stati casi surreali come quello di Viktor Bugreev, 32 anni, un impiegato della regione di Mosca nel settore informatico di Sberbank, che ha denunciato di aver ricevuto la convocazione militare in questo modo:
“Mi hanno convocato per andare oggi all’ufficio di reclutamento. Non ho mai prestato servizio nell’esercito, non ho mai avuto una specializzazione militare. Vedrò cosa fare”.
A Mosca, dopo l’annuncio della mobilitazione di Putin, diverse centinaia di persone si sono riunite per protestare in via Arbat. Secondo quanto riferito, gli agenti di polizia hanno iniziato a consegnare avvisi di leva alle persone arrestate durante la protesta.
Tra questi c’era Artem Krieger, un giovane reporter dell’emittente Sota Vision, che è stato trattenuto nonostante fosse lì per seguire le proteste.
“Tutti gli uomini, assolutamente tutti, hanno ricevuto un avviso di leva”, ha detto Krieger durante un’intervista a TV Dozhd dal retro di un furgone della polizia. Anche tra questi c’erano anche uomini che non avevano mai prestato servizio nell’esercito e che ora dovevano presentarsi ai centri di reclutamento locali.
In una telefonata con i giornalisti, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov è sembrato confermare che la polizia stava consegnando avvisi di leva ai detenuti. “Non è una violazione della legge”, ha detto.
Ciò nonostante il movimento Vesna contro la guerra ha dato nuovamente appuntamento per nuove proteste contro la mobilitazione generale per sabato 24 settembre. Resta da vedere, però, chi intenderà sfidare il rischio di finire diretto al fronte per scendere in piazza nuovamente a protestare.
Questo contesto di repressione costringe alcuni a far sentire la propria voce contro la guerra in maniera meno ortodossa. Mediazona parla di un tentativo di dare fuoco con una bottiglia molotov a un ufficio di registrazione e arruolamento militare in Russia nel villaggio di Kyra nel Territorio Trans-Baikal.
Il servizio russo della BBC riferisce di altri due casi di incendio doloso in centri di reclutamento militare in Russia, a Lomonosov, vicino a San Pietroburgo, e a Gaia, nella regione di Orenburg.
Nel distretto Babayurtovsky del Daghestan, a causa delle proteste contro la mobilitazione, è stata bloccata dagli automobilisti persino la stessa autostrada federale.
Eppure finora si tratta ancora di proteste su piccola scala, nulla che al momento sembri in grado di far cambiare idea a Putin. La macchina della mobilitazione sta dunque andando avanti a pieno regime, tra pianti e disperazioni di chi vede i propri figli andare a rischiare la propria vita in una terra lontana.
La mobilitazione potrà cambiare le sorti della guerra?
L’ordine di mobilitazione di Putin è indubbiamente significativo anche perché è un riconoscimento indiretto del fatto che l'”operazione militare speciale” di Mosca non stava funzionando e necessitava di serie modifiche.
Ma al momento ci sono più domande che risposte su quale sarà il suo reale impatto operativo.
Anche se Mosca riuscisse in questo modo ad aumentare il numero di soldati impegnati sul campo, continuerà a far fatica ad addestrare, equipaggiare ed integrare queste truppe nelle unità esistenti.
Ed anche se ciò permettesse al comando russo di risolvere alcuni problemi di mancanza di manodopera a breve termine, è probabile che non si tratti di reclute con alta qualità di combattimento. Inoltre, anche nel migliore dei casi, inoltre, Mosca impiegherà necessariamente del tempo per schierare truppe fresche.
Va detto che alcune disposizioni del decreto consentono, almeno teoricamente, di migliorare immediatamente la situazione: ad esempio quando si parla di proroga a tempo indeterminato dei contratti attualmente attivi dei militari (compresi quelli che hanno stipulato contratti a breve termine per la “missione” in Ucraina).
Ipoteticamente, questo dovrebbe permettere di stabilizzare il numero dei soldati russi impegnati in Ucraina e fermare il drenaggio di personale sotto le armi.
Tuttavia, c’è un aspetto molto negativo in questa decisione: è probabile, infatti, che la proroga forzata dei contratti a breve termine per un periodo indefinito influisca negativamente sul morale dei soldati implicati, che ora saranno costretti a rischiare le loro vite anche per il resto della guerra.
Inoltre c’è da tenere in considerazione il fatto che i nuovi soldati appena mobilitati non arriveranno immediatamente al fronte: la maggior parte andrà probabilmente a creare nuove formazioni.
La creazione, l’addestramento e la coesione di formazioni pronte al combattimento richiederanno mesi e l’esperienza dell’esercito ucraino, che già ha mobilitato da febbraio, ne è la dimostrazione vivente.
Un problema per il Cremlino è che queste forze aggiuntive sono necessarie subito, poiché la crisi delle Forze Armate russe dopo le sconfitte di Izyum e Kupiansk non è stata ancora risolta.
L’offensiva ucraina in corso potrebbe far perdere all’esercito russo il controllo di vaste aree, tra cui nelle regioni di Luhansk e Donetsk, la cui piena conquista era stata dichiarata apertamente come uno degli obiettivi principali dell’invasione.
Inoltre, non è certo che il Ministero della Difesa russo sia in grado di gestire con successo le “misure di mobilitazione” necessarie per dotare l’esercito di nuove unità pronte al combattimento nel giro di pochi mesi.
Come spiega Meduza, ciò deriva da come è strutturato l’attuale esercito russo. Infatti, prima della riforma dell’ex Ministro della Difesa Anatoliy Serdyukov, avviata nel 2009, le Forze Armate russe avevano molte cosiddette “unità di quadri”.
Si trattava di unità che non erano dotate di personale ma avevano l’equipaggiamento e gli ufficiali per essere convertite in formazioni a pieno titolo in caso di mobilitazione.
Le riforme di Serdyukov, volte a rimpicciolire l’esercito e a renderlo il più possibile adatto all’impiego nei conflitti regionali e nelle operazioni antiterrorismo, hanno eliminato tali unità.
Negli ultimi anni, l’esercito ha aggiunto decine di nuove formazioni, ma il numero complessivo di soldati è cresciuto a malapena.
Tali nuove formazioni non erano equipaggiate, cioè pronte a ricevere nuovi uomini in caso di mobilitazione: la maggior parte delle brigate e delle divisioni sopravviveva in condizioni di debolezza a causa della carenza di personale. Ed è in questa forma che sono entrati in guerra.
In teoria potrebbero essere rifornite di nuovi soldati mobilitati, ma la verità è che molte di queste non sono in grado di ricevere decine o centinaia di migliaia di nuovi soldati.
Non esiste infatti una struttura organizzativa per la maggior parte dei soldati appena arruolati. Il problema principale è la mancanza di ufficiali con esperienza di guerra moderna.
Coloro che saranno richiamati dalla riserva con la mobilitazione hanno bisogno di riqualificarsi e non potranno iniziare immediatamente ad addestrare a loro volta i soldati semplici mobilitati.
Gli ufficiali esperti sono già tutti impegnati al fronte ed è improbabile che vengano richiamati in massa per addestrare le reclute e trasmettere l’esperienza di combattimento necessaria.
Inoltre mancano drammaticamente le armi: come già citato in precedenza, l’esercito russo ha perso migliaia di pezzi di equipaggiamento nei sette mesi di guerra.
Non è chiaro quindi se le basi in cui addestrare i nuovi soldati abbiano abbastanza equipaggiamenti ed armi necessarie per decine di formazioni con centinaia di migliaia di nuovi soldati.
Inoltre, il comando russo non ha dimostrato di poter gestire efficacemente il gruppo relativamente piccolo che opera in Ucraina. Con un numero maggiore di formazioni, i problemi di gestione non potranno fare altro che aumentare.
Lo stesso, infine, vale per i rifornimenti: il comando russo non è riuscito infatti a gestire in maniera soddisfacente i rifornimenti di un gruppo relativamente piccolo, soprattutto senza essere in grado di usare a pieno le ferrovie a questo scopo perché l’esercito non può contare su abbastanza camion e attrezzature speciali per portare i rifornimenti al fronte dalle stazioni ferroviarie più vicine.
Con l’esercito ucraino ora in grado di colpire infrastrutture e magazzini a decine di chilometri dal fronte, grazie all’uso degli HIMARS forniti dagli Stati Uniti, non è chiaro come possa essere rifornita una forza ancora più grande al fronte.
Insomma il rischio concreto è che questa nuova massa di soldati possa finire direttamente al fronte poco addestrata e male armata, rischiando così paradossalmente di peggiorare, invece di migliorare, le prospettive russe.
La minaccia nucleare
Anche per questo motivo, nella parte finale del suo discorso in cui ha annunciato la mobilitazione, Putin ha mandato un chiaro avvertimento all’Occidente ricordando che la Russia è una potenza nucleare e che se costretta potrebbe usare le sue armi nucleari per difendere la propria sovranità.
La minaccia è diventata ancora più grave se si considera che l’obiettivo del Cremlino, contestualmente alla mobilitazione annunciata, è quello di tenere nei prossimi giorni dei referendum farsa sull’annessione delle Repubbliche separatiste del Donbass e delle regioni occupate di Zaporozhye e Kherson.
Una volta annessi questi territori, infatti, dal punto di vista del Cremlino diventeranno a tutti gli effetti parte integrante della Federazione Russa. E la dottrina militare russa prevede esplicitamente l’uso di armi nucleari per difendere la sovranità del territorio russo.
La minaccia, dunque, non è da sottovalutare, e come afferma anche Jake Sullivan, il Consigliere di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, anche gli americani la stanno prendendo seriamente, sebbene non vedono alcun segnale concreto di cambiamento dello status delle forze nucleari russe al momento.
Alla vigilia della dichiarazione di mobilitazione di Putin, era stato lo stesso presidente Joe Biden ad avvertire Putin che gli Stati Uniti non avrebbero mai accettato l’uso di armi nucleari tattiche da parte russa.
Il giorno dopo è stato lo stesso presidente americano dinanzi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a definire folli le minacce nucleari ed affermare che una guerra nucleare non dovrà mai essere combattuta perché non può essere vinta da nessuno.
Prima di farci prendere dal panico per le sconsiderate minacce di Putin, bisogna infatti ricordare che l’Occidente ha a disposizione un numero di armi nucleari quasi pari a quello della Russia, il che rende più attuale che mai la dottrina MAD (Mutual Assured Destruction) alla base della Guerra Fredda.
E non bisogna neppure dimenticare che questa non è certo la prima volta che Putin minaccia di ricorrere al nucleare.
Già all’inizio della guerra, il 24 febbraio, Putin aveva detto che qualsiasi Paese che avesse interferito con la sua invasione avrebbe subito conseguenze “come non avete mai visto in tutta la vostra storia”.
Ebbene, nel frattempo l’Occidente ha fornito all’Ucraina armi che hanno ucciso o ferito almeno 70.000 soldati russi secondo le stime più attendibili, e Putin non ha ancora fatto alcuna mossa in questo senso.
Né la Russia ha in alcun modo risposto risposto nuclearmente agli attacchi ucraini contro la Crimea, che ha annesso nel 2014, o contro lo stesso territorio russo. Putin è tutto fuorché un suicida o un pazzo.
La sola ipotesi di un possibile uso di armi nucleari ha già creato abbastanza orrore da far ritenere che, se mai dovesse accadere, la Russia finirebbe ancora più isolata nel mondo, anche da parte di coloro che oggi ancora la difendono — ad esempio India e Cina.
Inoltre, non è per nulla scontato che l’Ucraina finirebbe per arrendersi anche se fosse oggetto di bombardamenti nucleari tattici, che finirebbero così per essere doppiamente controproducenti per Mosca.
La pura verità è che né la mobilitazione generale, né le minacce nucleari sono la vera arma nelle mani del Cremlino in questo momento.
Il vero asso nella manica di Putin, invece, resta sempre lo stesso: la paura, sempre più palpabile purtroppo, dell’opinione pubblica occidentale per una possibile escalation contro la Russia.
Putin lo sa benissimo ed è questo il motivo principale per cui ha apertamente fatto balenare lo spettro dell’olocausto nucleare nel suo discorso. Ma questo è anche il motivo per cui non bisogna in alcun modo cadere nella sua trappola.
Voglio dire questo, nella maniera più esplicita possibile, a chiunque pensi che sia una cosa saggia dare retta alle minacce di Putin: nel momento stesso in cui si consentisse a Mosca di annettere parte dell’Ucraina subendo il ricatto nucleare, si aprirebbe un vaso di Pandora pericolosissimo.
Qualsiasi potenza nucleare si sentirebbe in diritto, come ha fatto la Russia, di ricattare chiunque non possegga armi nucleari, contando sul fatto che nessuno in Occidente (o altrove) sia pronto a tenerle testa per paura di scatenare un conflitto nucleare.
Ciò, a lungo andare, avrebbe come inevitabile conseguenza la proliferazione delle armi nucleari in tutto il mondo per la propria autodifesa, aumentando necessariamente a sproporzione il rischio di una conflagrazione nucleare in futuro.
Vi chiedo dunque: è davvero questo il futuro che vogliamo per i nostri figli o nipoti? Un incubo nucleare senza fine?
Ora, più che mai, è necessario restare fermi e risoluti nel nostro supporto per l’Ucraina anche per mostrare ai russi che questa folle guerra sta solo portando sempre più morte e distruzione per il proprio Paese.
Come diceva una famosa canzone di Sting: “We share the same biology, regardless of ideology. Believe me when I say to you, I hope the Russians love their children too”.
Di fronte alla mobilitazione di centinaia di migliaia di giovani russi che rischiano di essere mandati a morire al fronte in Ucraina, queste parole oggi sono più vere che mai.
Prima i russi se ne renderanno conto, meglio sarà per tutti. Forse solo allora questo incubo che stiamo vivendo tutti da oltre 6 mesi avrà finalmente fine.
(da Fanpage)

This entry was posted on sabato, Settembre 24th, 2022 at 21:15 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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