PIPPO DICE ADDIO AL PD: ORA PENSA A UN PARTITO TUTTO SUO
CIVATI NON SI COLLOCHERA’ CON LA SINISTRA RADICALE, MA VUOLE COSTRUIRE UN “PD COME AVREBBE DOVUTO ESSERE”
Un “partito di Civati”. E’ questo l’obiettivo dello sfidante di Renzi alle ultime primarie, che ha deciso dopo lunga meditazione di lasciare il Pd.
Nessun nuovo gruppo parlamentare alle viste, e neppure un matrimonio con Sel, che subito gli ha spalancato le porte per “costruire insieme qualcosa di nuovo”.
Per non smentire la sua fama di solista, anche nel prossimo futuro Civati intende ballare da solo.
E mettere le fondamenta di un nuovo partito, che non intende assolutamente collocare nella sinistra radicale, o farne uno dei perni di un nuovo rassemblement gauchista tipo “Sinistra arcobaleno”.
No, Civati, spiega chi gli ha parlato negli ultimi giorni, intende costruire una forza che ha come ispirazione l’Ulivo di Prodi, una forza “di centrosinistra, che parla con tutta la sinistra ma non è nè identitaria nè radicale”.
Di estrema sinistra, in effetti, Civati non lo è stato mai.
Prova ne sia che le idee liberal del suo ex responsabile economico sono state rapidamente scippate da Renzi.
Un partito, dunque, con la grandissima ambizione di costruire un Pd alternativo, un Pd “come avrebbe dovuto essere”.
Non a caso, nel giorno dello strappo, Civati posta sul suo blog un lungo post in cui parla di Nikola Tesla, pioniere dell’elettricità .
Un post in cui parla di tradizione e cambiamento, delle “persone con cui pensavamo di aver condiviso una visione e che all’improvviso hanno cambiato idea”.
Questi ex compagni del Pd, spiega, “hanno promosso e approvato cementificazioni e trivellazioni, e ce li siamo trovati in tivù a deridere le ragioni di chi difende l’ambiente o crede che il futuro passi attraverso soluzioni differenti”.
Civati intende procedere su questa strada, “con tutti quelli che lo vorranno, che sono tantissimi”.
Per ora raggiungerà il suo braccio destro Luca Pastorino nel gruppo Misto della Camera. E darà una mano proprio a Pastorino, candidato in Liguria contro la renziana Raffaella Paita, in una delle sfide simbolo della guerra tra i due Pd, quello di Renzi, che i civatiani considerano “geneticamente modificato” e irrecuperabile, e quello di Civati, sostenuto in Liguria anche da un vecchio leone come Sergio Cofferati, che ha lasciato il Pd più di tre mesi fa, bruciando i tempi.
Di nuovi gruppi parlamentari, per ora, non se ne vedono.
Alla Camera Civati non ha i numeri, nè intende raccogliere l’invito dei cugini di Sel per “costruire insieme una nuova casa comune”.
In Senato, per ora sembra congelata l’ipotesi di un nuovo gruppo con i 3-4 civatiani, Sel e alcuni ex grillini guidati da Francesco Campanella.
In questi giorni, i senatori civatiani Mineo, Tocci e Ricchiuti si stanno riunendo in Senato con gli altri della minoranza (in totale sono 22), per dare battaglia insieme su temi chiave come la scuola, la Rai e la riforma costituzionale, che saranno votate dall’Aula prima dell’estate.
“Senza questi senatori il governo Renzi non ha la maggioranza, la nostra sarà una battaglia politica vera, non solo di emendamenti”, spiega ad Huffpost Corradino Mineo.
”Uscire dal Pd? Non lo farò, non combattere questa battaglia significherebbe disertare”.
L’agenda di questi gruppo dei 22, a sentire Mineo, è molto hard. “Su scuola, Rai e Costituzione vogliamo che i testi cambino radicalmente, non bastano delle correzioni”.
Sullo sfondo, se Renzi non scenderà a più miti consigli, o se dovesse allargare la sua maggioranza a destra, c’è l’ipotesi di un nuovo gruppo parlamentare.
“Se il premier non ci ascolterà , valuteremo”, dice Mineo.
“Le assicuro che io e Tocci non siamo certo trai più radicali del gruppo. La vicenda dell’Italicum ha cambiato i rapporti dentro il Pd, che ormai è geneticamente modificato”. Il bersaniano Federico Fornaro è più prudente: “Da noi non ci saranno mai minacce, solo contributi per incidere sui grandi temi in agenda. A partire dalla scuola e dalla riforma costituzionale”.
In Senato dunque la minoranza, dai bersaniani fino ai civatiani, sembra pronta a fare squadra.
La “brigata Gotor”, l’ha già ribattezzata qualcuno, citando il nome del senatore più vicino a Pier Luigi Bersani.
E se arrivasse il soccorso di Verdini? “A quel punto cambierebbero pelle la maggioranza e anche il Pd, e ognuno di noi si assumerebbe le proprie responsabilità ”, spiega Fornaro. “Dopo essersi guardato allo specchio”.
La galassia della sinistra “No Renzi” per ora non sembra trovare un proprio punto di stabilità . Nè un agenda comune.
“Ma il futuro è la costruzione di una forza di sinistra larga, popolare e di governo”, assicura Arturo Scotto, capogruppo di Sel, con un lungo passato nei Ds, proprio come Civati.
La collaborazione tra i vendoliani e Pippo, alla Camera, ormai è un’abitudine: emendamenti comuni sulle riforme, sul Jobs Act. “Proseguiremo in questa direzione”, assicura Scotto.
Civati, per ora, si muove da solo. E sul suo sito interviene ancora una volta a metà pomeriggio per spiegare che “non ho più fiducia in questo governo, nelle sue scelte, nei modi che ha scelto, negli obiettivi che si è dato”.
“Ormai il Pd è un partito nuovo e diverso, fondato sull’Italicum e sulla figura del suo segretario. Chi non è d’accordo, viene solo vissuto con fastidio”.
“Non lascio il Pd per aderire a un progetto politico esistente, ma per avviare un percorso nella società italiana, alla ricerca di quel progetto di cui parlai un anno fa, che ho sempre avuto nel cuore. Nessuna polemica con chi nel Pd rimane, solo l’auspicio di ritrovarsi un giorno, a fare cose diverse da quelle che si stanno facendo ora”.
“Per prima cosa mi dedicherò al partito degli astensionisti, il partito più grande, che vincerebbe le elezioni direttamente al primo turno”, chiude Civati.
“Perchè questa non è solo una fine, è anche un inizio”.
(da “Huffingtonpost”)
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