POPOLARI, CHI CI HA GUADAGNATO? INCHIESTA SU BANCA ETRURIA & C.
LA PROCURA INDAGA SUI MOVIMENTI ANOMALI DEI TITOLI A RIDOSSO DEL SàŒ AL DECRETO
Dopo la Consob, anche la Procura di Roma vuole fare chiarezza sulle presunte operazioni anomale avvenute prima del 16 gennaio, data dei primi rumors sulla riforma delle banche popolari, ma anche sulla fuga di notizie che ha preceduto l’approvazione del decreto dello scorso 20 gennaio.
La norma prevede l’obbligo per le banche popolari, con un attivo superiore agli 8 miliardi di euro, di trasformarsi in spa.
Tra gli istituti coinvolti c’è anche la ormai commissariata Banca d’Etruria, di cui il ministro Maria Elena Boschi è azionista e suo padre Pier Luigi vicepresidente.
Prima che la bozza del governo sulle popolari fosse approvata, però, la stampa più volte si era occupata della riforma, con parecchie indiscrezioni.
È intervenuta la Consob, il cui presidente Giuseppe Vegas è stato chiamato in audizione alla Camera lo scorso 11 febbraio.
Proprio questa audizione adesso diventa fondamentale per le indagini della Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo di cui sono titolari direttamente il Procuratore capo Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Nello Rossi.
La magistratura capitolina partirà da un elemento rivelato dallo stesso Vegas: prima dell’approvazione del decreto — ma quando già circolavano indiscrezioni — una serie di “soggetti hanno effettuato acquisti prima del 16 gennaio, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva”, creando così “plusvalenze effettive o potenziali di tale operatività stimabili in 10 milioni di euro”.
La presunta soffiata sul decreto, oltre far arricchire qualcuno, avrebbe fatto anche impennare il valore delle azioni di alcune banche: “Dal 3 gennaio al 9 febbraio — continua Vegas alla Camera — i corsi delle banche popolari sono saliti da un minimo dell’8 per cento per Ubi a un massimo del 57 per cento per Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio”.
Così le indagini della Procura di Roma partiranno proprio dalla Banca d’Etruria, che da tempo si trova in serie difficoltà , tanto che la riforma delle popolari per alcuni è stata vista come un aiuto del governo a papà Boschi.
Intanto ieri, in una nota, la banca aretina fa sapere che “Sulla base di tali dati risulta ampliata la situazione di insufficienza patrimoniale del gruppo rispetto ai requisiti prudenziali” anche se al momento è impossibile “dare dettagli sulla situazione”.
Per adesso l’inchiesta romana quindi è contro ignoti ma, spiega un investigatore, “le ipotesi di reato ravvisabili potrebbero essere quelle di insider trading”.
La Procura ha chiesto documenti alla Consob e farà la stessa richiesta a Bankitalia. La magistratura potrebbe anche chiarire la vicenda che si intreccia con i rumors che hanno anticipato l’approvazione del decreto e che ha come protagonista Davide Serra, il finanziere amico del premier Matteo Renzi.
Vegas la ripropone in audizione alla Camera, basandosi soprattutto sugli articoli di giornale che ne hanno dato conto. Il presidente della Consob parte dal 3 gennaio, quando uscirono “indiscrezioni più precise relative alla possibile riforma delle Banche Popolari e della loro trasformazioni in spa”.
Da quel momento sono stati scritti diversi articoli sul decreto, fino al 24 gennaio quando è stata pubblicata la notizia di presunte speculazioni sulle popolari da parte di intermediari con base a Londra che per conto dei propri clienti avevano effettuato consistenti acquisti di azioni delle banche popolari.
Azioni che poi sono state cedute sul mercato nei giorni successivi all’annuncio della riforma, “beneficiando — sottolinea Vegas — sia dei rialzi sia degli elevati volumi di scambio.”
Poi il presidente Consob, riportando un articolo di Libero del 20 gennaio, aggiunge: “L’indiscrezione, ripresa anche da altri articoli di stampa fa riferimento al Fondo Speculativo Algebris, fondato da Davide Serra. Alcuni articoli di stampa danno risalto a un workshop avente ad oggetto il cambiamento della normativa italiana sul credito cooperativo, che si sarebbe tenuto negli studi londinesi del Fondo Algebris, nei giorni precedenti l’annuncio (16 gennaio 2015) da parte del governo della volontà di voler riformare il sistema delle Banche Popolari, rilanciando indiscrezioni sulla operatività sospetta sulle azioni popolari che sarebbe stata registrata proprio con ordini di acquisto, poi seguiti da decise vendite, sulle azioni delle popolari nella City”.
Nei giorni successivi Davide Serra ha precisato di non aver fatto acquisti sulle Popolari nel 2015 con il Fondo Algebris.
Poi, con un tweet, ha commentato spiegando che “Algebris Investments, ha investito sin dalla sua nascita, nel 2006, nel settore bancario e assicurativo italiano, in particolare dal marzo 2014 ha una posizione importante, inferiore al 2%, in una banca popolare italiana (in aumento di capitale) incluse le Banche Popolari”.
Adesso però a fare chiarezza su tutto ciò che è avvenuto prima dell’approvazione del decreto, ancora non trasformato in legge, sarà la magistratura.
Valeria Pacelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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