PREPARATEVI ALLA MELONI CON LA KIPPAH: PER DIMOSTRARE CHE NON E’ NOSTALGICA COSA C’È DI MEGLIO DI UN VIAGGIO IN ISRAELE IL 28 OTTOBRE?
LA MELONI PENSA DI NOMINARE CONSIGLIERE DIPLOMATICO L’EX AMBASCIATORE IN ISRAELE, FRANCESCO MARIA TALÒ, ATTUALE RAPPRESENTANTE PERMANENTE DELL’ITALIA PRESSO LA NATO
Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio dei ministri. E nasce un problema: cosa farà nella giornata del 28 ottobre, nel centenario della “marcia su Roma”?
C’è un’ipotesi, anzi un progetto, che senz’altro farebbe tornare alla memoria un passato leader della destra: una visita lampo in Israele. Alla fine del mese di novembre del 2003, Gianfranco Fini disse parole pesanti a Gerusalemme, nel museo dell’Olocausto: «Nessuna giustificazione per i carnefici di ieri».
Non solo per chi uccise, ma «anche per chi poteva salvare un innocente e non lo fece». E poi, la volontà di «denunciare le pagine di vergogna che ci sono nella storia del nostro passato. Bisogna farlo per capire la ragione per cui ignavia, indifferenza, complicità e viltà fecero sì che tantissimi italiani nel 1938 nulla facessero per reagire alle infami leggi razziali volute dal fascismo».
I consigli utili di Talò, Pontecorvo e Mieli
Il progetto non è impossibile da realizzare, nonostante le poche giornate che mancano per arrivare alla data del 28 ottobre: proprio domenica 23 ottobre si parlava della nomina come consigliere diplomatico a Palazzo Chigi di Francesco Maria Talò, attuale rappresentante permanente dell’Italia presso la Nato a Bruxelles.
E Talò è stato anche ambasciatore italiano in Israele: si tratta di un profondo conoscitore della politica di quella nazione. Poi non mancano i consigli di Stefano Pontecorvo, altra feluca di valore. E Fratelli d’Italia ha eletto come senatore Ester Mieli, a lungo portavoce della comunità ebraica di Roma.
Senza dimenticare i ministri a lei più vicini, e che rispondono ai nomi di Guido Crosetto e Adolfo Urso. Il primo, in particolare, prima dell’insediamento del governo si è assentato dall’Italia per compiere delicate missioni di diplomazia internazionale. Una mossa del genere come il viaggio a Gerusalemme permetterebbe a Meloni un definitivo “sdoganamento” mondiale: con il plauso, e senz’altro l’aiuto, dell’ex presidente del Consiglio Mario Draghi e del capo dello Stato Sergio Mattarella.
Ma ricordiamo le parole di Fini, dette nel 2003: «Di fronte all’orrore della Shoah, simbolo perenne dell’abisso di ferocia in cui può cadere l’uomo quando disprezza Dio, si avverte fortissimo il dovere di tramandare la memoria e fare tutto ciò che è possibile per evitare che in futuro sia riservato anche a un solo essere umano ciò che il nazismo riservò all’intero popolo ebraico».
Quindi, «il ricordo della Shoah, dello sterminio, non è rivolto al passato, ma guarda al futuro. È tempo della responsabilità, se non ora, quando? Di fronte al razzismo e all’antisemitismo nessuno può dire io non c’ero, non dipende da me, tocca ad altri fare qualche cosa». L’allora leader di Alleanza nazionale disse che «bisogna denunciare le pagine vergognose che ci sono nel nostro passato» e nei confronti delle quali «tanti italiani nel 1938 non fecero nulla».
La Meloni vuole stare lontana dalle polemiche sui gruppi nostalgici
Il silenzio di Giorgia Meloni, che accompagna la nascita del nuovo governo, sembra voler annunciare un grande evento: se tutti i pezzi del puzzle si assembleranno perfettamente, a poca distanza dalla giornata del 28 ottobre potrebbe essere data la notizia del viaggio verso Israele. Lontano dall’Italia e dalle inevitabili polemiche sul centenario, facendo dimenticare le celebrazioni di gruppi di nostalgici che possono solamente dare fastidio, innanzitutto, alla stessa Meloni. Una trasferta che le permetterebbe di riscuotere un consenso internazionale, e costituire una solida base per il suo governo.
(da tag43)
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