PRESSING SUL FUTURISTA BALDASSARRI: SUL FEDERALISMO IL SUO VOTO IN COMMISSIONE E’ DECISIVO
MARTEDI IL BANCO DI PROVA SUL FEDERALISMO FISCALE, DA APPROVARE ENTRO IL 28 GENNAIO… A RISCHIO ANCHE IL DECRETO MILLEPROROGHE: GLI EQUILIBRI SONO TALMENTE PRECARI CHE BASTA UNA MODIFICA PER FAR SALTARE IL BANCO DI TREMONTI
Il primo banco di prova sarà martedì prossimo, quando si riunirà l’ufficio di presidenza della Commissione sul federalismo fiscale.
Per la Lega e Giulio Tremonti quello è il momento in cui si inizierà a capire che 2011 attende il governo.
Se, grazie alla pervicacia del premier, si può proseguire senza troppi intoppi o se invece, come temono i vertici del Carroccio, bisognerà prendere atto che la maggioranza resta in affanno e non ha i numeri per governare. Il ragionamento dello stato maggiore leghista è tutto qui: il problema non è avere una maggioranza risicata in aula, dove con il gioco delle assenze la sopravvivenza è più semplice, ma le commissioni parlamentari.
La tabella di marcia dice che il decreto sul fisco municipale, uno dei più importanti dell’intero pacchetto federalista, deve essere approvato entro il 28 di questo mese.
Nella commissione bicamerale il Pdl può contare su 11 voti, ai quali vanno aggiunti i tre leghisti e ora, dopo aver strappato una serie di concessioni per la Provincia autonoma di Bolzano, anche su Helga Thaler dell’Svp. All’opposizione, o comunque su posizioni critiche, ci sono dieci fra deputati e senatori del Pd, due dell’Udc, un componente di Idv, Fli e Api di Rutelli. Risultato: quindici a quindici.
Per fare la differenza basterebbe il solo Mario Baldassarri del Fli.
Il governo, almeno formalmente, potrebbe tirare dritto per la sua strada: la delega parlamentare che regola l’iter del federalismo non gli impedisce di farlo.
Una volta finito in minoranza, basterebbe presentare relazione motivata alle Camere.
Ma si tratta di una strada politicamente rischiosa: il Pd potrebbe ad esempio sollevare il problema in aula con una mozione.
Non è dunque un caso se i rumors parlamentari raccontano di un pesante pressing del governo su Baldassarri per ottenere almeno la sua astensione: poichè nella Commissione si applicano le regole della Camera, il voto del professore finiano verrebbe conteggiato come un sì.
«La prossima settimana incontrerò Calderoli e faremo il punto», risponde sibillino Baldassarri.
Un possibile terreno di trattativa sono le modalità di introduzione della cedolare secca sugli affitti: il finiano non è soddisfatto della soluzione del governo e chiede lo stralcio per riscrivere la norma.
Più di quelli della Bicamerale, a preoccupare Giulio Tremonti sono i numeri della commissione Bilancio della Camera.
A fine mese di lì passerà il decreto milleproroghe.
La maggioranza può contare su 24 voti: 17 del Pdl, 5 leghisti, più i transfughi Giampiero Catone e Bruno Cesario.
Il Pd ha 15 componenti, l’Idv due. Se a questi ultimi si aggiungessero i sette voti del cosiddetto «terzo polo» (3 del Fli, due dell’Udc, uno rispettivamente di Api e Mpa), siamo di nuovo al pareggio: 24 a 24.
Per mettere il provvedimento nel tritacarne basta un emendamento che trovi l’assenso anche di un solo deputato della maggioranza.
Di pretesti ne potrebbero sorgere a bizzeffe: per aumentare i fondi alla cultura oppure, come reclama il ministro Alfano, per far funzionare i sistemi informatici del ministero della Giustizia.
Nella maggioranza c’è chi vorrebbe riproporre la questione editoria, poichè nel testo apparso in Gazzetta i fondi a disposizione sono meno di quanto promesso.
Il ministro dell’Economia sarà ancora una volta stretto fra i vincoli di bilancio e le mille questioni che gli porranno i deputati.
Al Senato dove l’iter inizia il 12 gennaio, la maggioranza parte però con un voto di vantaggio: il Pdl ha 11 senatori, la Lega due. Il Pd ha otto componenti, altri quattro sono del terzo polo.
E’ probabile che il governo cerchi un accordo in Commissione sin dal Senato, così da blindare l’iter della Camera ed evitare ogni rischio.
Alessandro Barbera
(da “la Repubblica“)
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