PRIMA IL VOTO, POI SE SI SOPRAVVIVE SE NE RIPARLA: TUTTI I DECRETI SPOT RINVIATI
CONTE SALE AL COLLE E FA AUTOCRITICA: “NESSUN RUOLO DI CENSURA PREVENTIVA DEL CAPO DELLO STATO”
“Quando sarà approvato il decreto Sicurezza bis? Presto spero, sto tornando a Roma per questo”. Matteo Salvini, intorno all’ora di pranzo, continuava imperterrito con il motivetto ripetuto ostinatamente negli ultimi giorni alla ricerca di uno spot elettorale prima del voto di domenica.
Ma in quegli stessi minuti il premier Giuseppe Conte si trovava al Colle, a pranzo con il presidente Sergio Mattarella.
Un paio d’ore di colloquio e poi un lungo silenzio, al termine del quale il presidente del Consiglio decide di dichiarare nella sala stampa di Palazzo Chigi. Solo poche frasi, brevi e precise: “Il Consiglio dei ministri per approvare il decreto Sicurezza bis e il decreto Natalità sarà la prossima settimana”. Fine.
Nessuna possibilità per i giornalisti di porre domande, ma il premier rilascia una precisazione di non poco conto: “Sul decreto Sicurezza non si può attribuire al Capo dello Stato l’intento di censura preventiva nè il ruolo di sindacato preventivo”.
Così Conte, dopo le notizie lasciate filtrare lunedì sera da Palazzo Chigi circa i dubbi del presidente della Repubblica, si lascia alle spalle il Quirinale ricoprendo il ruolo di avvocato del Colle e prendendosi lui tutta la responsabilità in una sorta di autocritica.
Il premier non boccia l’ultima versione del decreto Sicurezza e così trova il modo per togliere ogni alibi ai due vicepremier, rimandando tutto al primo giorno utile della prossima settimana, sminando il terreno di scontro tra Lega e M5s.
Sia il vicepremier leghista, che avrebbe voluto sventolare la bandiera del decreto Sicurezza bis già venerdì nel comizio di chiusura della campagna elettorale, sia il vicepremier grillino, che ha fatto di tutto per fermare il provvedimento targato Salvini e nello stesso tempo ha rilanciato con il decreto Natalità , rimangono con in mano un pugno di mosche.
In fondo su entrambi i decreti c’erano molte perplessità . Su quello leghista pesava un ginepraio giuridico e su quello M5s un problema di coperture evidenziato anche dalla Ragioneria dello Stato.
Conte prima di parlare davanti alle telecamere ha sentito emtrambi per comunicare la decisione.
Sta di fatto però, che al di là delle parole, il provvedimento non vedrà luce prima del voto. E come è possibile immaginare, dopo il 26 maggio sarà tutta un’altra storia.
Alla fine i due vicepremier sono costretti a rassegnarsi.
Il tono di Di Maio e Salvini cambia nell’arco di poche ore. Ad un passo dal voto e in una giornata delicatissima per le sorti dell’esecutivo, che ha visto il premier Giuseppe Conte salire al Quirinale per un faccia a faccia con il Capo dello Stato, ed un chiarimento Salvini e il Presidente del Consiglio, il leader del Carroccio decide infatti di indossare l’abito del pompiere.
“Certo — dice il segretario leghista – Conte è un elemento di garanzia. Ho tanti difetti, ma sono leale, se do la mia parola, vale e l’ho data agli italiani, ai 5Stelle e al presidente del Consiglio. Sono contento delle cose che abbiamo fatto”.
Ma nella Lega a pungolare il premier ci pensa il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, è lui che guida il fronte della rottura e si fa portavoce del malumore crescente dentro il partito che spinge a rompere con i 5 stelle: “Non accuso nessuno, tanto meno il premier, ma così non si può andare avanti, senza affiatamento”, attacca il sottosegretario alla presidenza del Consiglio puntando l’indice contro l’”immobilismo” dell’esecutivo in carica.
Di Maio non ne può più: “Basta minacciare crisi di governo e basta fare la conta delle poltrone. Si pensi al Paese”.
I timori del M5s per un possibile strappo della Lega, tra il pressing per un profondo rimpasto e crisi, dopo il voto di domenica restano infatti altissimi. Ma nello stesso tempo il leader M5s è contento di aver incassato il rinvio del decreto Sicurezza e consapevole che il decreto Natalità difficilmente avrebbe trovato in così poco tempo il via libera della Ragioneria dello Stato: “ Ora c’è tutto il tempo di lavorare insieme sui rimpatri, che sono una questione importante da affrontare con determinazione. Condivido le parole del presidente del Consiglio, nel sollecitare rispetto per il Capo dello Stato”.
Anche il vicepremier grillino veste i panni, come il presidente del Consiglio, dell’avvocato del Colle dopo averlo tirato in ballo per fare scudo contro il decreto Sicurezza.
(da “Huffingtonpost“)
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