PRIMARIE PD: OBIETTIVO UN MILIONE DI PARTECIPANTI
50% PIU’ UNO PER AVERE UN SEGRETARIO LEGITTIMATO E NON PRIGIONIERO DELLE CORRENTI
Sono due i dati che dovranno essere tenuti d’occhio domani sera a partire dalle 20, quando si chiuderanno i seggi delle primarie del Partito democratico.
Il primo è certamente quello dell’affluenza: sarà il termometro che misurerà lo stato di salute del Pd presso i suoi elettori, ma anche la forza che avrà il prossimo segretario per imporre le proprie scelte e non presentarsi sin dall’inizio come una ‘anatra zoppa’.
Il secondo, ovviamente, la percentuale del primo arrivato: se Nicola Zingaretti, il grande favorito, si attesterà saldamente sopra il 50%, potrà contare più facilmente su una luna di miele in grado eventualmente di superare anche i primi ostacoli che si potranno frapporre sul suo cammino, dalle regionali in Basilicata (il 24 marzo) alle più importanti elezioni europee del 26 maggio.
Gli ultimi sondaggi sembrerebbero sostenere il segretario in pectore su entrambi questi dati.
La sua candidatura potrebbe raccogliere secondo le rilevazioni di alcuni tra i principali istituti demoscopici una percentuale compresa tra il 55 e il 60%, mentre a recarsi negli oltre 7000 seggi allestiti in tutta Italia e anche (150) all’estero dovrebbe essere (sostiene Emg) circa un quinto degli elettori dem, ossia – considerando i 6,1 milioni di voti delle politiche 2018 – più o meno un milione e 200mila persone.
L’asticella fissata virtualmente da Zingaretti e Martina è di un milione di votanti e in questo modo sarebbe ampiamente superata.
Negli ultimi giorni, d’altra parte, anche i ‘padri nobili’ Romano Prodi e Walter Veltroni si sono spesi in appelli pubblici per esortare a popolare i gazebo.
L’impresa, c’è da dire, appare comunque difficile.
Quella che sta per terminare è stata infatti la campagna congressuale meno esaltante nella storia del Pd: un candidato favorito (ma non abbastanza da poter puntare a una semplice ‘incoronazione’ a furor di popolo) che non ha saputo, o forse nemmeno voluto, scaldare più di tanto gli animi del popolo dem; il suo principale avversario (Martina) imprigionato tra la continuità con la passata stagione renziana, di cui si porta dietro buona parte della classe dirigente, e un afflato al rinnovamento tenuto prudenzialmente sotto controllo; un outsider (Giachetti) certamente appassionato e talvolta sopra le righe, che non garantisce nemmeno la sua permanenza all’interno del partito se dovesse perdere.
D’altra parte, questo è stato l’aspetto principale che ha determinato tutti gli equilibri congressuali.
Segnati da un grande nodo irrisolto, la questione Renzi: il che cosa è stato e il che cosa farà , all’interno di una gigantesca rimozione della sconfitta è evidente che l’ex segretario ha puntato al fallimento delle primarie del Pd, inaugurando il tour del suo libro in contemporanea e politicizzando la vicenda degli arresti dei genitori, con una torsione berlusconiana sulla giustizia. E’ evidente che l’ombra del suo partito personale ha avvolto le primarie del Pd.
Il Partito democratico dopo queste primarie sopravviverà così come l’abbiamo conosciuto o è destinato a essere sostituito da qualcos’altro?
Le spinte disgregatrici sono tante e vanno in molteplici direzioni: la lista unitaria per le europee proposta dall’ex ministro Calenda, la disponibilità a rinunciare al simbolo ventilata da Zingaretti (e poi lasciata cadere), fino alla costante seppur sempre smentita minaccia di una scissione guidata da Matteo Renzi, che ha finito per spaccare anche il suo stesso Giglio magico, con Maria Elena Boschi da una parte (con Giachetti, nell’area pronta all’exit strategy) e Luca Lotti dall’altra (con Martina, ancorati al Pd).
Proprio la garanzia di rimanere dentro il partito a ogni costo era stata la condizione pregiudiziale posta a suo tempo da Marco Minniti per candidarsi a segretario sotto l’egida renziana, una condizione che non ha trovato riscontro dalle parti di Rignano.
È stato quello il passaggio che, in qualche modo, ha chiuso la sfida congressuale, togliendo dal campo l’unico candidato che avrebbe potuto dare del filo da torcere a Zingaretti.
Ed è stata anche la conferma della spada di Damocle che penderà ancora a lungo sulla testa del prossimo segretario, che sarà costretto a calibrare bene le sue mosse per evitare di dare alibi a Renzi per riattivare i suoi comitati civici, rimasti in sonno fino ad ora, e dare vita a un partito a sua immagine e somiglianza.
Tutte le altre cose appaiono come dettagli: la scelta delle alleanze, una vocazione maggioritaria ormai archiviata, la distinzione tra segretario e candidato premier, le forze civiche da aggregare (quali? come?), le personalità da coinvolgere nella lista aperta per le europee, il rapporto con gli ex elettori dem transitati con il M5S.
Sono le scelte che il prossimo segretario dovrà affrontare, se il partito non subirà prima un’onda d’urto più impetuosa.
Pur con tutti i suoi limiti, il Pd rimane comunque l’unico partito italiano in grado di mobilitare 35mila volontari impegnati nell’organizzazione e centinaia di migliaia di elettori per eleggere democraticamente il proprio leader.
Persone che si incontrano, discutono, accettano di iscriversi a un albo e alla fine decidono con il loro voto. Un processo di partecipazione che merita rispetto, nonostante le prevedibili e già ventilate possibili irregolarità che possono riscontrarsi in qualche realtà (osservate speciali sono Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, nonchè Roma e Frosinone).
L’ipotesi di un clamoroso stravolgimento dei risultati delle primarie, con Martina e Giachetti che si accordano per scalzare Zingaretti se dovesse stare sotto il 50%, appare assai improbabile. Ma certamente dover passare da un accordo con il secondo arrivato non sarebbe per chiunque un buon viatico per una leadership destinata a durare quattro anni.
Lo spoglio inizierà subito dopo la chiusura dei seggi. Al Nazareno sarà allestita una sala stampa e nella stessa sede dem sarà presente anche Maurizio Martina, mentre Nicola Zingaretti attenderà i risultati con il suo comitato alla Domus Circo Massimo a Roma, in via dei Cerchi 89. La sala stampa sarà aperta a partire dalle ore 19.30.
(da “Huffingtonpost”)
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