PRODI DECIDE PER IL SI’, RENZI TIRA UN SOSPIRO DI SOLLIEVO
“IL DIBATTITO NEL MERITO SI E’ TRAMUTATO IN UNA RISSA CHE CI HA INDEBOLITO ALL’ESTERO”
Al fotofinish, proprio quando l’ansia da prestazione per il 4 dicembre ha raggiunto livelli di guardia a Palazzo Chigi, Romano Prodi dice sì. E Matteo Renzi tira un respiro di sollievo.
La nota che annuncia il sì dell’ex premier era nell’aria, almeno da ieri. Un minuto dopo i lanci di agenzia, i renziani si mettono al lavoro per contattare i sondaggisti più vicini. Mission: capire quanto sposti Prodi sul voto di domenica, che effetto può avere un sì del prof non tanto sull’elettorato Dem, dove un effetto positivo potrebbe essere scontato, ma su quell’elettorato moderato di centrodestra che poi è il bottino sul quale Matteo Renzi ha posto le sue mire per vincere.
Da Ancona il premier ringrazia: “Fatemi dire da qui grazie a Prodi, che poco fa ha detto che voterà Sì pur non condividendo tutto, ma riconoscendo che c’è un’esigenza per il Paese”. Al suo quartier generale, cioè sui social, è festa.
In effetti Renzi ci ha lavorato un bel po’ per ottenere un pronunciamento del professore. Non direttamente.
Ci hanno lavorato i suoi più vicini a Prodi. Ore di chiacchierate, telefonate. A quanto raccontano, il Prof non è mai stato tentato dal no alla riforma Boschi. Ma era deciso a non pronunciarsi prima del voto, lasciare Renzi e i suoi in quel limbo di sospensione tra la vita e la morte politica senza dare mani di aiuto.
Alla fine invece ha deciso di intervenire. Sulla base di due convinzioni.
La prima: legare il suo sì alla riforma della legge elettorale. Lo scrive proprio in testa alla nota diffusa oggi: “Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull’esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”.
Il secondo elemento per cui Prodi ha deciso di esprimere il suo sì è racchiuso nella formula sulla quale Renzi ha puntato in questi ultimi giorni di campagna referendaria. E cioè la stabilità , il no ai governicchi, le carte che lui considera più convincenti per vincere.
Prodi non la mette esattamente così. Ma, dall’alto delle sue relazioni internazionali ancora intense e vive malgrado il prof non eserciti più politica attiva in Italia, l’ex premier ha voluto dare un aiuto all’idea che con il sì al referendum il Belpaese sia più stabile.
Il suo, spiega chi ci ha parlato, è un sì ad un’Italia che resta in piedi rispetto ai venti populisti che si stanno abbattendo ovunque nel mondo. E’ un sì ad un cammino riformatore che andrebbe raddrizzato, ma se si fermasse sarebbe peggio. E’ un sì comunque condito di amarezza.
“Dato che nella vita, anche le decisioni più sofferte debbono essere possibilmente accompagnate da un minimo di ironia, mentre scrivo queste righe mi viene in mente mia madre che, quando da bambino cercavo di volere troppo, mi guardava e diceva: ‘Romano, ricordati che nella vita è meglio succhiare un osso che un bastone'”, scrive il Prof lasciando dunque intendere le sue perplessità .
E senza nascondere di aver considerato “di non rendere esplicito il mio voto sul referendum”.
Perchè, dice, “sono ormai molti anni che non prendo posizione su temi riguardanti in modo specifico la politica italiana e, ancora meno, l’ho fatto negli ultimi tempi. Questa scelta mi ha di conseguenza coerentemente tenuto lontano dal prendere posizione in un dibattito che ha, fin dall’inizio, abbandonato il tema fondamentale, ossia una modesta riforma costituzionale, per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo”.
La parte amara arriva alla fine della nota. Dove Prodi prende le distanze sia da Renzi che da D’Alema, i due maggiori avversari del Sì e del No nel Partito Democratico.
“Voglio solo ricordare che la mia storia personale è stata tutta nel superamento delle vecchie decisioni che volevano sussistere nonostante i cambiamenti epocali in corso. Questo era l’Ulivo. La mia vicenda politica si è identificata nel tentativo di dare a questo paese una democrazia finalmente efficiente e governante: questo è il modello maggioritario e tendenzialmente bipolare che le forze riformiste hanno con me condiviso e sostenuto. C’è chi ha voluto ignorare e persino negare quella storia, come se le cose cominciassero sempre da capo, con una leadership esclusiva, solitaria ed escludente. E c’è chi ha poi strumentalizzato quella storia rivendicando a sè il disegno che aveva contrastato”, ha aggiunto il padre dell’Ulivo”.
Ad ogni modo, il grosso è fatto. Con il suo sì, Prodi non si distingue dunque dalle personalità politiche a lui più vicine.
Come l’ex premier Enrico Letta, che ha annunciato il suo sì ben prima dell’estate, malgrado la nota freddezza di rapporti con il suo successore a Palazzo Chigi.
E come i parlamentari della sua cerchia in maggioranza con Renzi, come Sandra Zampa, vicepresidente del Pd ed ex portavoce di Prodi. Oppure Antonio Parisi, altro sostenitore del sì.
Per Renzi la richiesta di tener fede alla promessa di rivedere l’Italicum.
Mentre Renzi brinda ma si interroga su quanti voti gli porti il Prof. Prima del sì bolognese, aveva brutte notizie a livello nazionale con una speranza di rimonta sul voto all’estero.
Adesso urge un ricalcolo. Riservato.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply