QUALCHE MINUTO DI RECITA, POI VINCE LA MOZIONE TORRONE
SULL’INCHIESTA VERDINI, L’OPPPOSIZIONE POTEVA FORZARE LA RICIESTA DI CHIARIMENTO A STRETTO GIRO, CON MELONI GIA’ IN GRANDE IMBARAZZO DI SUO… INVECE NIENTE, VALIGE PRONTE E BUON ANNO A TUTTI
Ti aspetti, forse per un riflesso condizionato legato al nome dell’eterno Denis Verdini, di trovare l’inferno in Parlamento. Potenza di un cognome, inabissato in due condanne in bancarotta, riapparso poi, con quell’aria da toscanaccio ribaldo sprezzante di ogni pericolo, nel ruolo di “suocero di governo” che, come ai tempi dei fasti berlusconiani, torna al centro dell’irresistibile gioco: dispensa consigli, risolve problemi, facilita affari.
Come in un remake, sempre lui, in versione più canuta e barbuta, che, secondo l’indagine della procura di Roma, nella nuova vita sarebbe impegnato ad attrarre imprenditori interessati a partecipare alle gare Anas: consulenze in cambio di informazioni riservate che agevolano la partecipazione alle gare. Arte, a quanto pare, tramandata da padre in figlio, finito ai domiciliari assieme a cinque imprenditori.
Insomma, c’è tutto per riaprire il grande teatro nella Repubblica che ha sempre ceduto al malcostume di utilizzare le inchieste come una clava, anche nel caso di indagini di cartapesta.
E c’è tutto – elementi e i protagonisti – per discettare di “opportunità politica” (e questo non è malcostume), a prescindere dalla vicenda giudiziaria, con annesso imperituro spartito del familismo italiano che intreccia, nella dimensione del potere, il “suocero” indagato, il “genero” ministro, a sua volta “cognato” dell’arrestato.
A maggior ragione quando trapela che Salvini non ritiene di dover chiarire alcunché perché i fatti contestati risalgono a un paio d’anni fa, che è vero solo a metà . O quantomeno non spiega perché dopo l’insediamento del nuovo governo, gli imprenditori non più disposti ad incontrare Verdini neppure per un caffè di colpo cambiano idea. Consiglio non richiesto a Salvini: se fosse millantato credito il ministro, piuttosto avvezzo alla forca nel caso degli avversari politici, avrebbe tutto l’interesse ad avviare, anche a tutela del sottosegretario Freni il cui nome compare nelle carte, un’inchiesta interna per poi riferire in Parlamento, senza alimentare la sensazione di un imbarazzo e di una sdegnata fuga dal caso.
Però succede che, una volta arrivato in Parlamento, il cronista sul taccuino registra il “non pervenuto dell’opposizione”, e inevitabilmente anche questa rischia di diventare una notizia. La sensazione è che più che di svolta garantista, nel senso di consapevole scelta di non utilizzare i processi come strumento di lotta politica, si tratti di clima vacanziero.
Le valigie sono pronte, i biglietti fatti, se ne riparla dopo Capodanno. Giusto tre interventi di prammatica per chiedere l’informativa di Salvini in Aula, da parte di Deborah Serracchiani, Angelo Bonelli, Federico Cafiero De Raho, con annesso litigio con Enrico Costa di Azione, poi la maggioranza fa spallucce e si passa gli ordini del giorno per arrivare al voto sulla manovra: c’è quello del Pd sostenere i comparti zootecnici, i verdi che, da bravi animalisti, chiedono lo stop dei finanziamenti alle attività circensi, c’è pure il momento di gloria di Soumahoro che sulle barche di pescatori a Lampedusa incassa il sostegno di Forza Italia.
Eppure l’occasione era di quelle ghiotte per anticipare i balli di fine anno e fare un po’ di scena. Con duecento ordini del giorno, in altri tempi, si sarebbe usato il minuto di intervento per ognuno di essi per ribadire, con voce indignata, la richiesta di un chiarimento immediato, minacciando, con aria intransigente, che, di fronte ai fatti emersi, qualunque accordo sui tempi di approvazione della manovra sarebbe stato disatteso fino a che non fosse arrivata la comunicazione che il genero-cognato-ministro sarebbe arrivato in Aula nel giorno X.
Bel problema anche per Giorgia Meloni che, già imbarazzata di suo sul caso, si sarebbe trovata a dover intervenire per evitare un Parlamento imballato al rush finale sulla manovra.
Morale della favola: la “mozione torrone” ha addolcito l’indignazione sull’Anas. E buon anno a tutti.
(da Huffingtonpost)
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