QUALCOSA SI MUOVE NEL NORD EUROPA, MA NON SUGLI EUROBOND
IN GERMANIA E OLANDA SI RAGIONA SULLA TERZA VIA INDICATA DA GENTILONI: BOND DELLA BEI CON CONDIZIONI
“Penso che dobbiamo mettere sul tavolo la questione della solidarietà : abbiamo di fronte una situazione in cui vari paesi si indebiteranno e dunque dobbiamo usare degli strumenti sensibili. La discussione sugli eurobond non è nuova. Abbiamo avuto dei bond comunitari nel periodo della crisi del petrolio nel 1974 e allora li accettarono anche paesi che oggi sono contrari”.
Parola di Bernd Lange, europarlamentare tedesco della Spd, partito che governa con la Cdu di Angela Merkel.
Dopo gli stracci volati (a distanza) la scorsa settimana al vertice dei leader europei collegati in videconferenza, qualcosa si muove anche in Germania sui possibili strumenti comunitari da adottare per affrontare l’emergenza coronavirus.
Ma nel frattempo però eurobond e uso del Meccanismo europeo di stabilità senza condizioni sembrano usciti dal tavolo delle discussioni.
L’Eurogruppo che si riunirà il 7 aprile ragiona su una terza via: bond comunitari ma legati a missioni precise, emessi dalla Banca europea per gli investimenti (Bei).
In Germania e Olanda, che guidano il gruppo dei paesi fermamente contrari a meccanismi di condivisione del debito come gli eurobond oppure all’uso dei fondi del Meccanismo europeo di stabilità senza condizionalità , ci sono primi segnali di dibattito interno. Timidi, ma ci sono.
Lange della Spd tedesca non è l’unico. Di certo, non è il primo: sugli stessi argomenti si erano già mossi i Verdi tedeschi. I socialisti lo fanno ora per evidenti esigenze di concorrenza sull’elettorato di sinistra.
Ma al netto di tutto questo, anche tra gli economisti tedeschi emergono i primi dubbi sulla linea del governo. Achim Truger, consulente del governo in quanto componente del Consiglio tedesco degli esperti economici, dice chiaramente che i coronabonds sono un’opzione.
I suoi colleghi non sono d’accordo e insistono sull’uso del fondo Salva Stati con condizioni minime per gli Stati che ne fanno ricorso. Ma, secondo un articolo di Der Spiegel, anche il presidente della Bundesbank Jens Weidmann avrebbe consigliato al governo tedesco di abbandonare la linea contraria agli eurobond.
Anche il presidente della banca centrale olandese (De Nederlandsche Bank) Klass Knot, sarebbe sulla stessa linea. E in Olanda i laburisti della Pvda (Partito del lavoro, principale partito politico di centrosinistra), che storicamente sono sempre stati favorevoli agli eurobond, domani dovrebbero contestare la linea del premier Mark Rutte, si apprende da fonti europee.
Anche se: i laburisti in Olanda sono all’opposizione e al loro interno il dibattito è tutt’altro che tranquillo. Questo è Ronald Plasterk, leader della Pvda che accusa l’Italia di voler “approfittare della crisi”:
Parole ancora al vetriolo e niente di risolto. Ma, dopo gli scontri della scorsa settimana e dopo le parole di Ursula von der Leyen che sabato scorso ha eliminato dal tavolo gli eurobond correggendo solo parzialmente a sera, a Bruxelles è maturata la consapevolezza che vanno trovati degli strumenti europei per sopravvivere.
E per sopravvivere anche come Unione. “Abbiamo bisogno di un piano di ripresa che funzioni per tutta l’Europa”, dice Eric Mamer, portavoce della presidente della Commissione europea, in un lungo briefing (online) con la stampa.
“Siamo democrazie — aggiunge – è normale e sano che ci siano dei dibattiti. Non capisco perchè dubitiamo sempre di noi stessi: l’Ue ha superato crisi enormi nella sua storia, recente e più lontana. Siamo sempre usciti con successo da queste crisi e lavoriamo per superare anche questa crisi”.
Ecco, ma si è capito che dalla crisi si esce con una ‘terza via’, a meno di colpi di scena dei prossimi giorni.
I ministri delle Finanze torneranno a riunirsi martedì 7 aprile: il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno aveva parlato di una riunione già questa settimana, ma slitta alla prossima. Segno che nessuna soluzione è ancora matura.
Formalmente tutte le opzioni sono sul tavolo, continuano a ripetere da Bruxelles. Ma, stringendo, ne resta solo una: l’emissione di titoli europei (bonds o coronabonds) con delle rigide condizionalità . Vale a dire: legati a delle missioni precise.
In questo momento, secondo fonti europee, questa è l’unica strada che possa mettere insieme le richieste dei paesi con maggiori difficoltà economiche (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Slovenia, più tutti gli altri fino a un totale di 14 Stati) con l’indisponibilità dei paesi del nord (Germania, Olanda, Austria, Finlandia, ecc) a pagare per il loro debito.
E’ lo stesso Commissario all’Economia Paolo Gentiloni che, ospite di ‘Circo Massimo’ su Radio Capital, sgombera il campo dagli eurobond, prendendo atto del fatto che l’idea di “mutualizzare genericamente il debito non sarà mai accettata”. Per cui, dice Gentiloni, conviene “capovolgere la discussione passando da Mes e coronabond agli obiettivi e sul modo in cui finanziarli”. Ed è per questo che sempre Gentiloni parla di ricapitalizzazione della Bei, banca comune degli Stati membri che emette bond per natura.
L’idea della ‘terza via’ sembra farsi largo anche in Francia. Oggi il ministro dell’Economia Bruno Le Maire sottolinea che “non è realistico immaginare un ‘divorzio’ franco-tedesco, tanto più nel pieno di una crisi così drammatica”. E’ il segnale che la ‘terza via’ potrebbe incontrare consensi da nord a sud. Ma a quale prezzo?
(da”Huffingtonpost”)
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