QUEL PATTO A CINQUE NATO AL “BAR DEL PORTO”: “SE CADE UNO CADONO TUTTI”
NICOLA COSENTINO, ALFONSO PAPA, MARCO MILANESE, ANDREA LABOCCETTA, LUIGI CESARO: L’ACCORDO TRA I BIG NAPOLETANI GUIDATI DALL’EX COORDINATORE
Anche in queste ore, raccontano che il sistema stia funzionando alla perfezione.
Sms, brevi telefonate, comunicazioni per aggiornarsi. Nessuno dei cinque ha vacillato. Per adesso.
E pure lo scorso venerdì mattina si sarebbero visti al solito «Bar del Porto» di Napoli, quello più defilato all’interno dell’area doganale, dove a pranzo ti fanno una veloce frittura di pesce da mangiare ai tavolini esterni.
Sempre loro cinque: Marco Milanese, Amedeo Laboccetta, Luigi «Giggino» Cesaro, Nicola Cosentino e Alfonso Papa.
Cinque nomi del Pdl sulla carta molto diversi, ma accomunati dal bollino, chi più chi meno, di incandidabili.
Tra alcuni di loro, però, c’è da tempo anche una discreta collaborazione.
Si dice, ad esempio, che Cosentino abbia ottenuto l’incarico di sottosegretario all’Economia (anche) grazie all’intermediazione di Milanese con l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
E poi che Cosentino abbia «ricambiato» nominando Milanese commissario provinciale del partito ad Avellino.
Sarebbe poi stato sempre Milanese a iniziare a collaborare con Laboccetta, che a sua volta è legato a Papa dalla comune militanza «pro Agostino Cordova».
Ma l’«alleanza» così come è oggi è nata subito dopo la caduta di Nick Cosentino, segnata dalle sue dimissioni da coordinatore regionale e l’arrivo in Campania del commissario pdl Nitto Palma.
Nell’emergenza serviva un patto di mutuo soccorso: è nato il patto del «Bar del Porto».
I cinque si videro proprio lì la prima volta per definire la strategia di difesa e cercare di non essere spazzati via dal nuovo corso del partito.
L’unione fa la forza, dicevano i 3 moschettieri. E i cinque ci hanno creduto.
Il luogo? Non è stato scelto a caso. Ci puoi arrivare tranquillamente senza nemmeno passare dalla città , appena usciti dalla tangenziale, e lontano da occhi indiscreti.
È lì che il patto, nel corso di questi mesi, si è consolidato e aggiornato sulle vicende politico-giudiziarie di ogni componente.
E si è reciprocamente aiutato.
Seguendo un solo principio: se cade uno cadono tutti.
Se lo ripetono come un mantra anche in queste ore, in cui i loro nomi vengono indicati come un’onta per il Pdl.
Tra i detrattori, non è un mistero, figura il governatore della Campania Stefano Caldoro.
Apparterrebbe ai suoi fedelissimi il copyright di «lista Terzigno», dal nome della famosa discarica, usato per definire la lista con i cinque «incandidabili».
E sempre lui, in questi giorni, ha lanciato messaggi molto chiari a Berlusconi e Alfano per spingerli a creare liste senza indagati.
Avvisando: «Non starò fermo e muto».
In suo soccorso è sceso ieri poi don Luigi Merola, il prete anticamorra (potenziale candidato del Pdl), ma che ieri ha lanciato l’allarme: «Berlusconi dovrebbe ascoltare Caldoro, che per me è l’unica persona pulita in Campania. Se lo facesse partecipare alla scelta dei candidati farebbe cosa gradita ai napoletani onesti e perbene».
Un segnale che, comunque vada, la scelta di Berlusconi peserà sul futuro del governatore campano e su quello dei caldoriani.
Ma in queste ore i Cinque non ci stanno e fanno quadrato rispetto alle critiche. Attivando un braccio di ferro inaspettato con l’ex premier.
Che mentre ieri incassava il passo indietro di Marcello Dell’Utri, si sentiva rispondere «no grazie» da Alfonso Papa.
Nel silenzio, invece, di Milanese, Cosentino e Cesaro. Silenzio ufficiale.
Perchè dietro le quinte i tre, così come Papa e Laboccetta, si stanno battendo all’unisono per strappare una candidatura.
Spalleggiandosi a vicenda.
Mettendo persino in dubbio l’esistenza del famoso sondaggio Ghisleri (il Pdl sotto di due punti con loro in corsa). Ma consapevoli che il destino di uno, in queste ore più che mai, è legato a quello degli altri quattro.
Con Cosentino testa di serie. Cosentino che non si muove più da Palazzo Grazioli, e che grazie a Verdini e alla sua segretaria, la potente Luciana Scalzi, riesce ad avere accesso alla stanza dell’ex premier.
Un assedio in piena regola, dall’evoluzione imprevedibile.
Un capitolo a parte merita poi Cesaro: ex presidente della Provincia di Napoli, dei cinque, sembra essere quello che ha più chance di essere candidato.
Su di lui pesano soprattutto i 15 anni di anzianità , ma è un amministratore… Dunque più presentabile.
E però, nell’incertezza, Giggino ‘a purpetta avrebbe provato a percorrere anche la strada della «candidatura alternativa», quella del figlio Armando, 30 anni, primi passi nella Giovane Italia, un blog personale, impegnato nelle aziende di famiglia.
Un «sacrificio», secondo Cesaro. Secondo Armando non più necessario: «Non ho nemmeno il certificato elettorale. Non mi candido. Sono giovane, posso aspettare. Ma a Berlusconi voglio dire una cosa: tutti andrebbero candidati fino al terzo grado di giudizio. Quanto a Cosentino, lo candiderei. È una vittima della stampa».
Angela Frenda
(da “il Corriere della Sera“)
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