“QUELLO A RANUCCI ERA UN ATTACCO MIRATO”: PARLA L’EX RESPONSABILE DELLA SICUREZZA RAI
L’ATTACCO INFORMATICO PROVENIENTE DALL’EST AL CONDUTTORE DI REPORT DOPO L’INCHIESTA SUI RUBLI ALLA LEGA
Oggi è il capo di un’azienda che si occupa di fare il rating della sicurezza informatica e cibernetica di individui e società , la Kelony, la prima del settore, ma fino al 2017 Genseric Cauntournet è stato a capo della sicurezza della Rai e in seguito si è occupato di sicurezza anche ad Unicredit.
Dunque, è in grado di parlare del caso della violazione dell’account bancario del conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, usando informazioni di prima mano.
Anche perchè uno dei consulenti della Kelony, Pawel Zorzan, Chief Security Information Officer, ha a sua volta potuto analizzare alcuni documenti provenienti dalla banca in cui ha il conto Ranucci, Unicredit appunto.
«Partiamo da un dato — spiega Gensèric Cantournet — al momento non si dà la giusta valenza agli attacchi informatici e alla circolazione delle informazioni private. Invece, l’aggressione digitale mette l’individuo in pericolo sotto vari punti di vista, inclusa l’incolumità fisica sua e delle persone a lui vicine. Ad analizzare i rischi devono essere società terze non chi, eventualmente, è responsabile dell’errore nella protezione dei dati. Molti fanno sicurezza ma pochi sono in grado di proteggere».
Nel caso di Sigfrido Ranucci, il pericolo è maggiore visto che il conduttore di Report (in onda anche questa sera su Rai3) è sotto tutela dal 2010, in seguito ad alcune inchieste sulla criminalità organizzata: come denunciato da Fnsi e Usigrai, il 15 novembre, è stato violato il suo account bancario e «l’attività di spionaggio sarebbe stata finalizzata ad acquisire dati personali relativi all’identità , alla residenza, ai familiari — si legge nella nota di Fnsi e Usigrai -. Tra i dati violati, ci sono anche quelli aziendali, in particolare mail e cellulare».
Da allora, la Polizia postale, ha avviato alcune verifiche per capire cosa ci sia dietro quella aggressione digitale.
Cantournet e Zorzan possono però dare già alcune indicazioni utili. Smentendo definitivamente una delle ipotesi circolate in questi giorni e cioè che il conto di Ranucci, presso Unicredit, fosse una delle vittime di una clamorosa rivelazione di massa avvenuta nel 2015 (lo stesso anno in cui lui ha effettivamente aperto il conto): «Avendo lavorato alla sicurezza di Unicredit per un certo periodo — spiega Zorzan — in questa occasione ho avuto modo di consultare l’elenco con tutti i nomi inclusi in quella fuga di dati. Il nome di Ranucci in quell’elenco non c’è».
Zorzan spiega anche che, appunto, quanto accaduto ad Unicredit non è stato un caso di hacking: «Un dipendente che aveva l’elenco non l’ha protetto adeguatamente ed è finito in rete».
Quello di Ranucci è un caso diverso, perchè i sistemi di sicurezza bancari sono stati violati da parte di qualcuno che cercava proprio i suoi dati: «E’ possibile che non volessero solo i suoi ma anche quelli di qualche altra persona che ancora non si è accorta dell’accesso abusivo, ma l’azione era mirata».
C’è un collegamento diretto con le inchieste più recenti, quelle sulla presenza social dei principali politici italiani e sull’ipotesi che alcuni di loro usino account fasulli per aumentare la propria presenza in rete o far circolare notizie false ma utili alle proprie campagne?
«E’ presto per dirlo — spiegano Cantournet e Zorzan — ma è evidente che non sono stati hacker attivi “politicamente” ad agire sentendosi minacciati: chi fa questo tipo di azioni poi rivendica e fa in modo che la notizia si sappia, come fa Anonymous».
La Rai quanto sa di cosa è avvenuto? «All’epoca in cui mi occupavo della sicurezza aziendale avevo piena padronanza di quello che succedeva, non vedo perchè le cose dovrebbero essere cambiate», è la risposta, sibillina, di Cantournet.
(da Open)
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