RENZI: “HO PERSO, PARTITO DA RIFAREâ€
PER LA PRIMA VOLTA NEL GIGLIO MAGICO SI PARLA DI SCONFITTA…. MA FUORI IL SILENZIO È OBBLIGATORIO
“Siamo certi che i giornali daranno ampio spazio alle relazioni Italia-Messico e vi preghiamo di farlo”. All’indomani dei ballottaggi Matteo Renzi si presenta alla stampa a Palazzo Chigi con il presidente del Messico, Enrique Peà±a Nieto.
Utilizza l’occasione per alzare i toni sull’immigrazione (“L’Italia deve farsene carico e lo fa, ma se non si trovano soluzioni alte, faremo da soli”), ma ancora una volta sceglie di non dire una parola ufficiale sul risultato dei ballottaggi.
Nel vocabolario renziano con l’ultima tornata di amministrative sono entrate la parola “sconfitta” e anche la parola “ritiro” e “ripensamento” sulla riforma della scuola.
Ma non in pubblico. Meglio non ammettere troppa debolezza in mezzo a una tempesta perfetta: Renzi ha praticamente dichiarato guerra alla Francia sull’immigrazione; non ha ancora trovato il modo per fronteggiare Mafia Capitale; non governa il Pd.
L’imoressione, per la prima volta da quando è a Palazzo Chigi, è che Renzi sia, se non proprio sotto choc, quanto meno un po’ tramortito.
Se è per l’analisi del voto fatta con i fedelissimi, parla di un risultato “complesso”, dovuto anche al fatto che “sono tutti contro di me”.
Ed è facile “prendere voti sulle urla e sulla paura” (riferimento alla Lega, anche se si nega che Salvini abbia fatto davvero il pieno).
Mentre sale la consapevolezza che “il problema non sono i Cinque Stelle, ma il centrodestra che si è ripreso” (e che, alleato, potrebbe vincere un eventuale ballottaggio con l’Italicum).
E poi, ammette che il Pd deve essere ripensato.
“È una dinamica strana: non è che un segretario può scegliere tutti i candidati”, spiega un alto dirigente dem. Ci sono una serie di distinguo, almeno nel racconto dei Democratici: Felice Casson avrebbe perso perchè i 5Stelle non hanno raccolto il suo appello e poi a Venezia era impossibile vincere, anche se lui è un campione di legalità . A Matera si perso perchè è arrivata la fine di un ciclo. E a Gela, il centrodestra “ha dato chiaramente indicazione di voto per i grillini”.
Il caso Arezzo è quello che brucia: ha perso il candidato della Boschi.
Nessuno se lo aspettava, ma è un altro campanello d’allarme.
Poi, c’è il caso Enna: “Abbiamo tolto il simbolo, Crisafulli ha vinto nonostante noi”, Che il Pd sia tutto da rifare ormai è una consapevolezza diffusa.
Si comincerà proprio con il commissariamento della Sicilia. E poi, si pensa a scrivere nuove regole per le primarie.
I vertici per ora non sono in discussione. Per ora.
Perchè Renzi sta pensando a mettere mano sia al partito, sia al governo. Quando e come, non è chiaro.
Magari portando altra gente al Nazareno, come sperano in molti. “Sia Matteo che il Giglio magico devono capire che non si può andare avanti così, con 5 o 6 persone che decidono tutto. Per esempio, bisognava consigliargli di andare a trovare il capotreno al quale hanno mozzato un braccio a Milano, o ad accogliere gli immigrati da qualche parte. Sarebbero stati punti in più”, riflette un giovane renzianissimo.
E mette il dito nella piaga: “C’è un problema di classe dirigente”.
Sono mesi che lo sussurrano vicini e meno vicini, persone nelle grazie del capo, o cadute in disgrazia.
Adesso, almeno per quel che riguarda il Pd sui territori, lo ammettono tutti.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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