RENZI FURIBONDO CON MARINO, MA I 25 CONSIGLIERI NON LI HA
IN REALTA’ CI SONO PERSINO DUBBI SUI 19 CONSIGLIERI PD… E PERCHE’ MARCHINI DOVREBBE FIRMARE? IN CAMBIO DI COSA?
Matteo Orfini gli aveva promesso che al suo ritorno dalla trasferta in America Latina avrebbe trovato il Campidoglio ‘liberato da Ignazio Marino’. E invece…
Matteo Renzi arriva a Palazzo Chigi a metà giornata. Cuba e l’incontro con Raul Castro sono ormai alle spalle, finito tutto il tour tra Cile, Perù, Colombia e L’Avana, appunto.
Ricordi sicuramente felici se paragonati al caos che trova a Roma, nel frattempo declassata dal suo fedelissimo Raffaele Cantone a capitale che di “morale” non ha niente, meglio Milano.
Marino non solo non ha liberato il Campidoglio, ma è sempre più asserragliato. Sembra che abbia aspettato il ritorno del premier in Italia per annunciare: “Ritiro le dimissioni”. Schiaffone. Renzi mastica amaro.
A sera però è convinto di avere i 25 consiglieri capitolini disposti a dimettersi tutti insieme davanti al notaio per far decadere sindaco e consiglio comunale. Fine della storia. O forse no. La rete intanto si scatena nella satira: segno che la telenovela è andata avanti un po’ troppo.
Il gelo e l’irritazione di Renzi, chiuso con i suoi a Palazzo Chigi, sono alle stelle. Questa storia si sta trascinando per troppo tempo, per i gusti del presidente del Consiglio.
“Io sto con Orfini”, ha detto ieri sera da L’Avana, per confermare la fiducia nel commissario romano che però non riesce ancora ad ‘acchiappare’ l’affare Marino.
E con lui Renzi aprirà la partita quando questa storia sarà finita. Anche se oggi non manca lo sfogo con Orfini. Il quale, è il ragionamento del premier, non ci ha preso sull’apertura di una fase due a Roma, non ci ha preso sulle dimissioni e chissà se ora va bene sui 25 pronti a dimettersi. Chissà .
Il caso Marino, anzi il ‘caos Marino’ sfugge dalle mani di tutti. Anche quelle di Renzi, che oggi, tornato a Roma, si tuffa nella questione, una delle più spinose che abbia dovuto gestire da quando è segretario e premier.
Renzi tiene i fili da Palazzo Chigi, mentre il commissario del Pd Roma si chiude in una riunione-fiume con i 19 consiglieri capitolini del Pd al Nazareno.
Obiettivo: dimissioni di massa. Ma, per l’appunto, nemmeno questo risultato sembra essere a portata di mano, nonostante l’esercizio di ottimismo che trapela immancabile da Palazzo Chigi.
A sera, al Nazareno ancora non hanno finito: a un certo punto, arrivano le pizze. Stasera si cena al partito, c’è ancora da discutere.
Ce ne vogliono 25 per far decadere il consiglio comunale.
Dopo il ritiro delle dimissioni di Marino, dal Pd si scatena la caccia ai consiglieri di opposizione disposti a dimettersi.
Ma a sera lo scouting è ancora in corso, ancora incerto. Comunque, stando alle notizie diffuse dalla cerchia vicina al premier-segretario, ai 19 consiglieri del Pd si unirebbero Daniele Parrucci di Centro democratico e Svetlana Celli della Lista civica Marino, entrambi in maggioranza. Per l’opposizione a dimettersi sarebbero Alfio Marchini e Alessandro Onorato della Lista Marchini, Mino Dinoi del gruppo misto e Roberto Cantiani del Pdl.
Il piano delle dimissioni contestuali scatterebbe al massimo domani.
Renzi però vuole stare sicuro. Vorrebbe arrivare ad una squadra di 26 consiglieri disposti a rassegnare le dimissioni, proprio per avere certezza che il piano di ammutinamento del sindaco vada in porto.
Anche perchè tra gli stessi 19 del Pd emergono dubbi: c’è il rischio che qualcuno possa sfilarsi.
C’è chi, parlando a taccuini chiusi, dice di voler andare comunque in aula a sentire il sindaco, per “correttezza istituzionale”.
E c’è chi è imbufalito per un accordo dato per fatto ma in realtà ancora in alto mare: “Un bluff: i 25 non ci sono…”.
E persino nei circoli renziani del Pd si chiedono perchè mai Marchini — per dire — o altri dell’opposizione dovrebbero dimettersi in massa togliendo così le castagne dal fuoco dei Dem.
Cosa ci guadagnano? E’ presto per parlare di accordi sulle prossime amministrative: il caso Marino è ancora un tunnel per ora senza uscite certe e sicure per Renzi e per il Pd.
Dunque, perchè? Già , perchè?
Il punto è che il ‘caos Marino’ tracima dentro il Pd, come una frana che aggiunge detriti su detriti, tensioni su tensioni.
Non c’è solo la spaccatura dei 19 consiglieri capitolini. Ora i dubbi su tutto l’affaire Marino emergono nero su bianco anche nella minoranza Dem.
Scrive Gianni Cuperlo su Facebook: “Per interrompere una sindacatura votata da 600mila cittadini debbono sussistere ragioni solide e politicamente insuperabili. Quelle ragioni un partito ha il dovere di spiegarle, dibatterle nei suoi circoli e confrontarle nella sede istituzionale (il consiglio comunale), dove ascoltare le ragioni dell’amministrazione, esporre i motivi di una sfiducia e assumersi le proprie responsabilità davanti alla città . Questa è la sola via che rende trasparente una decisione sottraendola alla logica di scelte consumate nella trattativa tra due o quattro persone…”.
Sempre più difficile. Se i 25 non ci sono, il piano B è provare con una mozione di sfiducia. Ma a quel punto l’interrogativo è: il Pd riuscirà a votarla in aula insieme all’opposizione?
Un passo delicato, anche se riuscisse. Con Marino che avrebbe buon gioco a denunciare le ‘larghe intese’ attrezzate per farlo fuori, un Pd che ricorre ad ogni mezzo pur di metterlo alla porta. Intorno a questa storia c’è troppo spargimento di sangue, politico s’intende.
Tra i renziani spunta un’ombra di piano B: se non si riesce a mandar via Marino ora, lo si fa sul bilancio capitolino, a fine anno.
Così le amministrative non si terrebbero più a primavera, ma slitterebbero.
Non un male per un Pd che non solo non riesce a far dimettere un suo sindaco, ma che è ancora in panne sulla ricerca del prossimo candidato.
(da “Huffingtonpost”)
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