RENZI: “NON INTENDO RIMUOVERE I SOTTOSEGRETARI INDAGATI”. NON AVEVAMO DUBBI
L’ESILARANTE GIUSTIFICAZIONE: E’ PIU’ GRAVE UN CASO DI OPPORTUNITA’ POLITICA CHE ESSERE INDAGATI DALLA GIUSTIZIA… DIETRO IL GARANTISMO D’ACCATTO DEL PREMIER LA SCELTA DI SCHIERARSI CON LA CASTA DEI MANUTENGOLI
Il premier avrebbe letto con sorpresa alcune ricostruzioni giornalistiche che oggi davano quasi scontata l’apertura di una nuova battaglia: le dimissioni forzate di ben sei sottosegretari indagati.
“Ma non ci penso neppure, non confondiamo il diavolo e l’acqua santa” avrebbe detto nel primo pomeriggio parlando con alcuni collaboratori.
Dove “il diavolo” sarebbe la corruzione e tutto ciò che può contribuire a indebolire la lotta.
E “l’acqua santa” è il principio inviolabile del garantismo.
Ovviamente quello a favore solo dei suoi compagni di merende.
“Nessuno è colpevole perchè è indagato. Le dimissioni di Lupi non sono legate a meccanismi giudiziari ma a criteri di opportunità politica”.
Ma pensa davvero che qualcuno creda a queste stronzate?
Come se non avesse fatto fuoco e fiamme per convincere Lupi (non indagato) a dimettersi per appropriarsi pure del ministero delle Infrastrutture per poi assegnarlo a un amichetto suo.
La verità è che dietro il coro unanime che osanna “l’esecutivo più forte dopo le dimissioni del ministro Lupi perchè ha saputo rendere ragione di una situazione politicamente imbarazzante anche se penalmente non rilevante”, si è aperta una groviera di trappole e insidie.
Le accuse di doppiopesismo scagliate venerdì in aula da Forza Italia, una parte di Ncd (in prima fila Fabrizio Cicchitto e Nunzia Di Girolamo) vanno stoppate per tempo.
E sostituite con un’operazione di distinguo esilarante.
“Si sta strumentalmente facendo una grande confusione – avverte un membro del governo di area renziana -. Una cosa è un’indagine, un avviso di garanzia di fronte ai quali nessuno di noi ha mai messo in discussione il principio fondante del garantismo. Altra cosa è uno scandalo, come quello in cui è stato coinvolto Lupi, da cui un politico, un ministro può uscire solo dimettendosi. Qui non ci sono avvisi di garanzia, sono percorsi diversi”.
Ah ecco, sono percorsi diversi: Lupi si doveva dimettere per aver compromesso la sua immagine proba, chi si è fottuto soldi dei rinborsi invece può restare al suo posto perchè è amico del premier.
Il membro del governo è ancora più chiaro quando dice che le carte dell’inchiesta fiorentina raccontano comunque “comportamenti compiacenti con la corruzione che pure non costituiscono reato”, regali, favori, filiere “incompatibili con incarichi di governo” per questioni di opportunità e perchè “indeboliscono il governo che ha nella lotta alla corruzione una delle sue mission”.
Cosa diversa sono le singole posizioni dei sei sottosegretari del governo Renzi alle prese con avvisi di garanzia.
Ci sono cinque Pd per cui oggi si è levata da più parti, Forza Italia è un pezzo di Ncd, la richiesta di dimissioni.
Vito De Filippo, ex presidente della Basilicata, sottosegretario alla Salute, è indagato per 1.200 euro di francobolli acquistati con i rimborsi ai gruppi in Regione. “Li ha presi la mia segretaria. Ma se sarò condannato sarò il primo ad andarmene” dice il sottosegretario.
Colpa della segretaria, ovvio, intanto lui resta attaccato alla poltrona.
Se si fosse fregato 1.200 euro in francobolli che volete che sia a confronto dell’abito da 700 euro per Lupi, osate forse metterli sullo stesso piano?
C’è Francesca Barracciu, sottosegretario ai Beni culturali: anche lei storie di rimborsi regionali taroccati sulla benzina ma stoppa ogni ipotesi: “Ho già pagato ritirandomi, vincente, dopo le primarie in Sardegna”. Della serie, ora basta.
Si è ritirata dalle primarie per diventare sottosegretaria, la poveretta, non vorrete che rinunci al modesto stipendio…
C’è anche il renzianissimo Davide Faraone, sottosegretario alla Pubblica Istruzione, un’altra storia di rimborsi (3.300 euro) e l’altro sottosegretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro.
L’avvocato campano nelle carte dell’inchiesta non fa una gran bella figura mentre scrive emendamenti sotto dettatura dell’ingegnere Ercole Incalza: ma non è un problema, è amico di Renzi.
Così come un altro sottosegretario, Nencini, sembra partecipare al sistema delle richieste (nessuno dei due è indagato, come Lupi peraltro).
Il problema grosso si chiama Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura, in quota Ncd.
Castiglione infatti risulta indagato (lui assicura di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia) per la brutta storia dei centro immigrati di Mineo, una costola di Mafia capitale.
Le ipotesi di reato sarebbero abuso d’ufficio e turbativa d’asta.
Un’altra insidia figlia del caso Lupi è certamente Ncd.
Riuniti a Rivisondoli, in Abruzzo, i centristi sono consapevoli di essere davanti a un bivio: diventare una costola centrista del governo Renzi oppure uscire e andare all’opposizione.
Il momento della chiarezza non è più rinviabile.
Nunzia De Girolamo chiede al coordinatore Quagliariello di convocare l’assemblea straordinaria per capire “chi siamo, dove andiamo, a cominciare dal simbolo per finire con le alleanze nelle regionali”.
Quagliariello prende tempo. Che però è sempre meno: dentro o fuori, una terza via non c’è.
“Il caso Lupi non è l’innesco della crisi di Ncd” dice un altro dirigente del Pd.
Quasi a voler fuggire le ipotesi di chi sostiene che in realtà Renzi aspettava da tempo l’occasione per diminuire il peso specifico di Ncd nel governo.
Ecco che allora può diventare utile lavorare su quello che non sarà un rimpasto ma “un forte correttivo dei pesi interni” alla maggioranza di governo.
Lunedì il premier vedrà il presidente Mattarella.
Le ipotesi sono quelle note: Delrio alle Infrastrutture che però saranno private della Struttura tecnica di Missione per le grandi opere. Che sarà portata a palazzo Chigi. Nelle mani di Luca Lotti.
Ncd dovrebbe riavere un quarto ministero. “Con portafoglio” mettono le mani avanti gli interessati.
Che puntano a un neonato ministero per il Mezzogiorno, allo Sviluppo economico o all’Istruzione. Con buona pace di chi, come Anna Finocchiaro, dovrebbe andare agli Affari regionali.
Comunque vada il premier è sempre convinto di tenere il banco e dare le carte.
Dalla sua la certezza che nessuno degli eletti voglia andare a votare.
Col rischio di non tornare più in Parlamento.
E’ un governo che conta, insomma.
Certamente sulla vigliaccheria degli altri.
Leave a Reply