RENZI: SOTTO LA ROTTAMAZIONE NIENTE
IN MOLTI ASPETTANO, ALTRI NON SI PRONUNCIANO… UNA SFIDA SENZA REGOLE, MA IL SINDACO DI FIRENZE HA DETTO TROPPO POCO
Da quando Matteo Renzi ha portato la sfida al cuore dello Stato, cioè a Roma, cioè da due giorni, le primarie sono definitivamente iniziate.
La partita contro Bersani è ormai iniziata.
Ma anche quella a Nichi Vendola, che ancora non ha sciolta la riserva.
La battaglia però sta arrivando al suo culmine e queste primarie sono diventate subito una sfida omerica, fatta di colpi bassi, di menzogne, di omissis, di cose non dette nel centrosinistra o — peggio — non dette ai suoi elettori. Il duello inizia male: cioè senza regole date, senza tempi certi.
Si candida Stefano Boeri, ma poi traccheggia e viaggia verso Laura Puppato, che si candida davvero.
Ma poi si candida anche Pippo Civati, ma poi Civati ancora non ha deciso se si candida lui o se sostiene la Puppato: nei giorni pari si candida, in quelli dispari no, e la storia rischia di non avere più un senso proprio come nel profetico epigramma di Vasco Rossi che Pierluigi Bersani si scelse come epigrafe.
Chi correrà o meno, dipenderà anche dal fatto se ci sarà il doppio turno o meno.
La giunta di Giuliano Pisapia rischia di avere tre assessori candidati: oltre a Bruno Tabacci e Stefano Boeri anche Cristina Tajani (poi stoppata dal buonsenso).
Bersani ha detto che lui il doppio turno lo vuole.
Cosa cambia? Che la sua legittimazione sarebbe più forte, in caso di vittoria con il 50%, me anche con un eventuale ballottaggio (se prendesse meno).
Ma così facendo si apre il rischio-sette-nani, con tutti i colonnelli e le giovani glorie del Pd che vedono spazio per una battaglia di visibilità , e già sognano di mercanteggiare qualche poltroncina o qualche seggio.
Molti sono stupiti del silenzio di Vendola.
Ebbene, questo silenzio ha due ragioni: una che si può dire e una che non viene detta. La prima è che Vendola non vuole fare la figurina di copertura nel mezzo del regolamento di conti in casa del Pd. In queste ore è alleato di Bersani, e prima di scendere in campo aspetta di vedere se il segretario del Pd potrebbe essere danneggiato o meno dalla sua candidatura.
Così bastano pochi giorni di incertezza perchè si possano intravedere praterie a sinistra: non ultima l’ipotesi clamorosa, che circolava a Torino, alle festa della Fiom, di vedere in campo un candidato del sindacato di Maurizio Landini (lui per ora dice di no a tutti e pare irremovibile, ma non mancano altre ipotesi, vagliate in segretezza in queste ore).
Così Vendola dovrebbe candidarsi per occupare uno spazio e “coprire le spalle”al leader del Pd.
Ma se ha detto che scioglie il riserbo il 30 settembre c’è un altro motivo. Il governatore della Puglia è in attesa di capire come finisce l’inchiesta che riguarda la sua giunta.
Così, in questo momento, l’outsider Renzi guadagna terreno perchè di fatto è l’unico che si è bruciato tutti i ponti dietro le spalle, l’unico che rompe, l’unico che non accetterà sostegni, l’unico immune dal ricatto dei sette nani.
Ha già dimostrato un grande coraggio, con una scelta senza ritorno.
Se vince vince tutto, ma se perde perde Firenze (la città dove, paradossalmente, in queste ore è più impopolare).
Certo, avrà crediti per lanciare un’Opa sul Pd. Ma adesso appare un corridore senza rete.
Resta però un problema: su quali contenuti vuole vincere?
Il vero problema di comunicazione che Giorgio Gori deve affrontare è: Sotto la rottamazione niente.
Spella D’Alema, sbeffeggia la Bindi, schiaffeggia Veltroni (presentando il suo libro) e quello gli nega il sostegno.
Però, se togli questo messaggio, e la sua rifrittura del grillismo e dell’anticastismo, se togli la martellante campagna di “conquista ”degli elettori del Pdl, cosa rimane?
Renzi in queste ore (e magari il varco- direbbe Montale —fra poco si richiude) si torva in uno di quei momenti magici in cui tutto è possibile.
Se andrà oltre le sue colonne d’Ercole, se metterà dei contenuti, se darà una sistematizzazione agli slogan scomposti con cui si è fatto largo ma”), se sarà attenuare la sua cultura dei diritti civili (che è ancora da dibattito intorno al falò dell’Agesci) potrebbe persino raccogliere i voti di un pezzo di elettori progressisti affascinati dall’idea della “rottura ”.
In fondo sono gli stessi che sono andati curiosi ai suoi comizi a San Miniato e a Livorno, nel cuore della Toscano rossa.
“Si è portato dietro i pullman”, diceva un franceschiniano come Piero Martino a Reggio Emilia.
Ma perchè gli altri non riescono nemmeno a a farli partire, questi benedetti pullman?
Luca Telese
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