RENZI USA L’ALIBI BRUXELLES PER RINVIARE IL JOBS ACT
DISCORSO ALLE CAMERE: LA RIFORMA DEL LAVORO CI SARà€ SOLO ALLA FINE DEL SEMESTRE EUROPEO…. INTANTO PROMETTE DI GOVERNARE “MILLE GIORNI” ARRIVANDO A FINE LEGISLATURA
Bisogna sforzarsi per cogliere qualcosa di concreto nel duplice discorso europeo di Matteo Renzi davanti a Camera e Senato.
Il premier non parla alle aule semivuote, ma al pubblico che da casa vedrà la sintesi nei telegiornali e quindi è tutto un “tenetevi la vostra moneta ma lasciateci i nostri valori” e “L’Europa non può impedirti di saldare i debiti della pubblica amministrazione perchè violi il patto di stabilità e poi sanzionarti perchè non li hai pagati”. E così via.
Spazio anche per qualche citazione, tipo la necessità di “civilizzare la globalizzazione” (Edgar Morin).
La sostanza politica dietro gli slogan è da decodificare.
Primo punto: Renzi trasforma il lancio del semestre europeo a presidenza italiana (180 giorni circa) nell’occasione per evocare un programma di legislatura (“1000 giorni, dal primo settembre 2014 al 28 maggio 2017).
Messaggio a uso interno: per ora niente elezioni anticipate.
Ma c’è anche un uso europeo: tranquilli che le riforme che vi prometto le farò io. Comprensibile che debba rassicurare, visto che la cancelliera tedesca Angela Merkel, da quando è al potere, ha avuto a che fare con cinque diversi presidenti del Consiglio italiani, ognuno con la sua agenda di riforme, sempre meno credibile.
Il secondo punto concreto che emerge dal discorso di Renzi riguarda la riforma del lavoro: finora si è visto soltanto un decreto legge dalle ambizioni limitate, la cosiddetta “riforma Poletti” che liberalizza i contratti a termine, prima o poi arriverà un disegno di legge delega.
Più poi che prima: Renzi annuncia che il vertice europeo (convocato dalla presidenza italiana) dedicato al tema della disoccupazione non si terrà più l’11 luglio, cioè all’inizio del semestre, ma verso la fine.
Così da avere il tempo di approvare anche la legge delega (che richiede diversi mesi). Anche qui c’è un doppio livello di lettura: non si ha traccia alcuna che il governo abbia le idee chiare su cosa vuole fare sul mercato del lavoro e sugli ammortizzatori sociali, già la riforma della pubblica amministrazione sta causando più problemi del previsto, anche con i sindacati.
Meglio non offrire adesso altri spunti polemici.
Poi c’è un piano europeo: Renzi — come Mario Monti ed Enrico Letta prima di lui — sa che l’unico modo per strappare qualcosa alla Germania è fare leva sulle politiche contro la disoccupazione.
Funzionava quando la Cdu della Merkel era al governo con i liberali, ancora meglio ora che è in coalizione con i socialisti.
Finchè Renzi tiene aperta la riforma, può sperare di approfittare del nuovo clima europeo per ottenere qualche margine di manovra sul bilancio. sarebbe stupido chiudere subito la riforma e chiedere poi a Bruxelles e Berlino di aumentare la spesa corrente, il diniego sarebbe garantito
La disoccupazione elevata è servita anche a Renzi e al suo ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan a giustificare il rinvio di un anno, dal 2015 al 2015, il pareggio di bilancio strutturale.
In teoria per questo l’Italia rischia una procedura d’infrazione per debito eccessivo, ma ora il premier è convinto di poter stare tranquillo, dopo che sia il presidente uscente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, che Angela Merkel hanno parlato di “flessibilità ” nel rigore.
“Viola i trattati chi parla soltanto di rigore dimenticandosi la crescita”, dice Renzi, che si riferisce al fatto che il famoso “patto di stabilità ” in realtà si chiama “patto di stabilità e crescita”.
Complice la fumosità dei contenuti, il doppio discorso di ieri di Renzi sarà però ricordato soprattutto per il problema partita.
Il premier arriva al Senato e consegna il testo scritto per la Camera, “sarò breve, visti gli appuntamenti del pomeriggio”.
Poi, tra primo e secondo tempo, dice ai cronisti: “Ho un impegno istituzionale da seguire”.
Il suo tifo non basta a Mario Balotelli e compagni.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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