RICCIARDI: “CI VUOLE UN MESE E MEZZO PER FERMARE LA CURVA”
“I GOVERNATORI DEVONO TUTELARE LA SALUTE PUBBLICA”
Il numero dei contagi diminuirà probabilmente tra un mese, un mese e mezzo. “Vedremo prima un rallentamento poi un appiattimento e quindi una diminuzione, ma non tra quindici giorni”, spiega Walter Ricciardi. Il consulente del Ministro della Salute, Roberto Speranza, invocava da tempo misure più restrittive adeguate al livello di diffusione del virus sui singoli territori.
Nel giorno in cui è entrato in vigore il nuovo Dpcm, sottolinea che “serviranno pazienza e perseveranza” e che “due settimane sono insufficienti per arrestare la curva e sicuramente lo sono per invertirla. Quando fai il lockdown, com’è successo a Wuhan e poi da noi a marzo, ci vuole tempo perchè i dati si stabilizzino”.
Il 7 ottobre lei dichiarò: di questo passo tra due mesi saremo a 16mila nuovi casi. Dopo trenta giorni siamo a più del doppio. Cos’è andato storto, professor Ricciardi?
Combattere una pandemia significa agire con rapidità nel modo e nei tempi giusti. Non dobbiamo inseguire ma anticipare il virus, principio ispiratore del piano in cinque punti reso pubblico dal ministro il 6 aprile, purtroppo realizzato quasi dappertutto in maniera deficitaria e in alcune regioni per niente. Se avessimo agito il 7 ottobre, avremmo gestito meglio l’epidemia.
Sempre il 7 ottobre lei disse: “Siamo sulla lama del rasoio”. Ora a che punto siamo?
Nel rasoio, stiamo subendo le ferite. Per non farci scuoiare dobbiamo rispettare le misure forti assunte, pensate per mitigare ossia per ridurre il danno.
Insomma, si è perso tempo?
Sì.
Oggi è entrato in vigore il nuovo Dpcm, il quarto in meno di un mese. Quanto e cosa ci vorrà perchè le misure funzionino?
Questo Dpcm va finalmente nella giusta direzione: elaborare, cioè, misure proporzionate al livello dell’epidemia sui singoli territori. Ci vorranno pazienza e perseveranza. Quanto ai tempi necessari per vedere gli effetti delle misure, l’esperienza fatta in Cina ci dice che dovrà passare almeno un mese, ma probabilmente ci vorrà un po’ di più. Due settimane sono insufficienti per arrestare la curva e sicuramente lo sono per invertirla. Quando fai il lockdown, com’è successo a Wuhan e poi da noi a marzo, ci vuole tempo perchè i dati si stabilizzino.
Se tra quindici giorni dovessimo accorgerci che il trend non si è invertito?
È probabile che tra quindici giorni il trend non si sarà invertito. Per vedere i risultati di questo provvedimento dobbiamo aggiornarci tra due, tre settimane e non farci condizionare dai dati giornalieri. Vedremo prima un rallentamento poi un appiattimento e quindi una diminuzione, ma non prima di un mese, un mese e mezzo. Lo dice l’evidenza scientifica: un recente studio dell’Università di Edimburgo ha dimostrato che questi sono i tempi.
Lo spettro del lockdown generale continua ad aleggiare. Quanto è probabile ci si arrivi?
Credo che con questo Dpcm possiamo scongiurare il rischio. Dobbiamo evitare il lockdown, con le misure proporzionate alle situazioni locali possiamo riuscirci.
Quindi questo sistema basato sulle tre aree la convince?
Assolutamente sì, l’avevo suggerito a marzo. Ma poi allora i dati sono diventati sempre più travolgenti e si è dovuto chiudere tutto.
Lei ha più volte chiesto lockdown mirati per Milano, Napoli, Roma. Al momento è zona rossa solo Milano insieme alla Lombardia. Lazio e Campania sono in area gialla. È ancora convinto che ci vorrebbe un lockdown per Napoli e Roma?
I dati su Roma non sono tali da comportare un lockdown. Quelli di a Napoli mi convincono meno. L’area metropolitana di Napoli è a rischio.
Intanto i presidenti di Regione sono contrariati, in Calabria si vuole impugnare l’ordinanza, protestano Lombardia, Piemonte, Campania. Questa epidemia si sta politicizzando?
Spero proprio di no, sarebbe un disastro. Il Paese dovrebbe unirsi in uno sforzo comune contro il virus. I dati sono in peggioramento, non assumere provvedimenti significa compromettere la salute dei cittadini. La leale collaborazione tra Stato e Regioni è sancita dalla Costituzione che vede nella tutela della salute uno dei diritti fondamentali. I Presidenti delle Regioni non possono derogare nè dalle evidenze scientifiche nè dal dovere costituzionale di tutelare la salute dei loro cittadini.
Ha visto tutta questa questione dei dati, vecchi, aggiornati, incompleti, Il professor Crisanti ha avvertito sul rischio di poca trasparenza sui dati da parte delle Regioni: esiste anche per lei?
Non voglio neanche pensare che alcune Regioni possano alterare i numeri che comunicano, per evitare di finire in una zona a rischio più alto. Farlo significherebbe attentare alla sicurezza dei propri cittadini. Credo che qualche ritardo sia dovuto al deficit di personale, da rafforzare, e di competenze, perchè questi non sono passacarte, sono persone che devono analizzare i dati. Se ce ne sono poche, è chiaro che i dati vengono immessi nel sistema informativo in ritardo”
L’ultimo report, basato su dati riferiti alla settimana dal 19 al 25 ottobre, fotografava una situazione di ulteriore peggioramento. Sul tavolo della Cabina di regia sono arrivati i nuovi dati. Ha avuto modo di vederli? Gli scienziati predicono un peggioramento della situazione.
Non ho visto i nuovi dati che arrivano al Ministero della Salute seguendo flussi istituzionali precisi. Certo, rispetto a 10 giorni fa tutti i dati sono in peggioramento in tutte le Regioni. Le decisioni dovevano essere prese prima, non si doveva aspettare la fine di ottobre. Spero che i dati vengano resi pubblici, è giusto che tutti sappiano su quali basi vengono assunte le decisioni.
Con i nuovi dati le Regioni potrebbero ritrovarsi anche in un’altra area. Ma questo sistema secondo lei non rischia di aumentare la confusione, disorientare ancora di più?
No. Questo sistema se fatto e comunicato bene consente di prendere decisioni senza perdere tempo. Se lo avessimo introdotto a inizio ottobre oggi avremmo un’altra situazione.
“Negli ospedali la situazione è tragica”, ha detto stamattina. Le terapie intensive rischiano di andare in sofferenza. Se continua così entro quanto potremmo ritrovarci coi reparti saturi?
Più che i reparti di terapia intensiva, in questa fase mi preoccupa la saturazione dei posti letto, tutti gli ospedali si stanno riempiendo di casi Covid e non c’è spazio per gli altri pazienti. I reparti di terapia intensiva si satureranno, ma più tardi degli ospedali. I presidenti degli Ordini dei medici di Milano e Torino stanno chiedendo il lockdown perchè i posti letto normali si stanno saturando. Si deve assolutamente evitare la saturazione degli ospedali alla quale, se non rispetteremo le misure del Dpcm arriveremo nel giro di due settimane. Ma le rispetteremo, scongiureremo anche questo rischio.
(da agenzie)
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