RIECCO IL PONTE DI MESSINA, UN BLUFF DA UN MILIARDO DI PENALI DA PAGARE
UNA MOZIONE RESUSCITA L’OPERA CARA A BERLUSCONI E CHE ORA INTERESSA AD ALFANO
Con uno spregiudicato blitz parlamentare il governo allunga la vita al ponte sullo Stretto di Messina sul quale, apparentemente, il governo Monti aveva messo la parola fine tre anni fa.
Continua così l’agonia per i contribuenti italiani. Ma per loro il finale è scritto: dovranno pagare a titolo di penale al teorico costruttore di un’opera impossibile (il consorzio Eurolink, guidato dalla Salini-Impregilo) una cifra oscillante tra 600 milioni e un miliardo di euro.
È stato il sotto segretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro a esibirsi ieri in una specie di gioco delle tre carte, più precisamente il gioco delle tre mozioni.
La Camera ne aveva tre in votazione.
Due — presentate da Sel e M5S — chiedevano di mettere fine definitivamente alla telenovela.
La terza chiedeva invece di riaprire i giochi e era firmata dai deputati Ncd, il partito del ministro dell’Interno Angelino Alfano che nei giorni scorsi si era speso energicamente per la ripresa del faraonico progetto.
Del Basso De Caro ha chiesto ai firmatari delle tre mozioni di togliere dai loro testi i riferimenti al ponte sullo Stretto.
La mozione Sel, primo firmatario Franco Bordo, impegnava il governo “a confermare che la realizzazione dell’opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenti realmente un capitolo chiuso per l’attuale Esecutivo, nonchè ad astenersi da qualsiasi iniziativa volta a favorire in qualsiasi modo il rilancio e la realizzazione del progetto”. Quella M5S, primo firmatario Paolo Parentela, impegnava il governo “a confermare che la realizzazione dell’opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta realmente un capitolo chiuso per l’attuale Esecutivo”.
Il governo ha detto che non poteva dare parere favorevole perchè “trattasi di un intervento che non è presente nell’agenda del Governo e la cui complessità richiederebbe uno specifico approfondimento, che può tranquillamente essere rimandato ad altro momento”.
Quindi — nonostante il decreto legge con cui il governo Monti il 2 novembre 2012 sancì la fine della storia del ponte — il governo Renzi ritiene di dover ancora approfondire se il capitolo sia da ritenersi chiuso.
Arrivati alla terza mozione, prima firmataria Dorina Bianchi, Del Basso De Caro ha concordato con l’Ncd una riformulazione della mozione al posto dell’eliminazione delle parole sul Ponte.
Dove si impegnava il governo “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina”, Del Basso De Caro ha così riscritto la mozione: “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del pontesulloStrettodiMessina, come infrastruttura ferroviaria, previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici”.
La Camera (cioè il Pd) ha respinto a larga maggioranza le mozioni “no-Ponte” che Sel e M5S si sono rifiutate di purgare e ha approvato a larga maggioranza la supercazzola del sottosegretario, che è totalmente priva di senso.
Se costruire il ponte per auto, Tir e treni è impresa di dubbia realizzabilità e sicuramente antieconomica, costruirlo solo per i treni è un’idea concepibile solo all’interno di un arabesco parlamentare dagli scopi imperscrutabili.
Trionfante, Alfano ha così twittato: “Oggi alla Camera sì da maggioranza e Governo a nostra mozione sul Ponte sullo Stretto. Il #Mezzogiorno riparte #unaltrosuccesso #Sud”.
D’altronde nel 2016 (o forse prima) si vota in Sicilia.
Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Noi non abbiamo il dossier sul tavolo in questo momento, se una forza politica o il Parlamento ci invita a valutare se un domani potremo riaprirlo, noi non diciamo di no.Non abbiamo pregiudizi,la valutazione si fa sempre”.
Delrio parla come se, anzichè il governo italiano, rappresentasse un centro studi. Purtroppo per i contribuenti la discussione sul ponte di Messina non è nè teorica nè accademica.
Anni di follie giuridiche e contrattuali hanno consentito al consorzio Eurolink (Impregilo, Condotte, cooperativa C-mc, Sacyr e gruppo Gavio), vincitore della gara d’appalto nel 2005, di accumulare pretese di risarcimento che potrebbero toccare il miliardo di euro senza fare il ponte. Alcune mosse dell’allora presidente della società pubblica Stretto di Messina, Pietro Ciucci, hanno fatto spuntare come funghi penali in favore di Eurolink assenti nel bando di gara.
Giorgio Meletti
(da “il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply