ROMA, LA GRANDE ABBUFFATA CONTINUA: CENTO DIRIGENTI CHE HANNO ALIMENTATO LA CORRUZIONE ANCORA AL LORO POSTO
“L’ESPRESSO” RIVELA LA RELAZIONE SEGRETA DEL PREFETTO MAGNO: “LIBERI DI PROSEGUIRE NEI LORO INTRALLAZZI”
Dopo le dimissioni di Ignazio Marino negli uffici comunali restano dipendenti e funzionari infedeli che hanno alimentato la corruzione.
Sono cento nomi, elencati nella relazione segreta della commissione di accesso guidata dal prefetto Marilisa Magno in cui è analizzato un triplice fronte: il capitale istituzionale, il capitale politico e quello amministrativo.
L’analisi e i retroscena amministrativi fatti dalla commissione prefettizia sono raccontati da l’Espresso nel numero in edicola da venerdì 16 ottobre.
L’inchiesta riporta alcuni punti della relazione Magno, in particolare quelli illustrati sul capitale politico e amministrativo che rappresenta il tesoro di Massimo Carminati: «Il milieu di amministratori e funzionari pubblici che sono stati funzionali ai disegni di infiltrazione di “mafia Capitale”».
Ci sono i nomi di impiegati, dirigenti, capi dei dipartimenti, molti dei quali pilotati da mafiosi e criminali, che si muovono compiaciuti dell’uscita della giunta Marino.
La commissione fotografa una palude amministrativa e rileva «come la costruzione di questo “capitale” sia il frutto di un lavoro condotto in sinergia da Carminati e Buzzi». Un investimento prezioso, che si comprende meglio nel capitolo dedicato a «Il capitale amministrativo».
Sembra la tela del ragno.
In trentatrè pagine il documento «enumera i dipendenti di Roma Capitale che attraverso azioni o omissioni hanno contribuito a piegare la gestione amministrativa dell’ente agli interessi di mafia Capitale».
I commissari riportano una schiera di nomi, «riconducibili al capitale amministrativo», non tutti ancora indagati.
Nel “Libro Magno” c’è l’analisi geologica del marcio.
Gli episodi di malaffare, le procedure poco corrette nelle gare pubbliche, la gestione degli affidamenti diretti di lavori per decine di milioni di euro.
Episodi su cui al momento nessuno indaga, anche se la rilevanza amministrativa potrebbe sfiorare reati penali, perchè, come scrive la commissione, si tratta di «una serie di vicende contrattuali connotate da palesi illegittimità e risultate in un’oggettiva agevolazione degli interessi criminali di mafia Capitale».
Se il dossier del prefetto Magno dovesse finire sui tavoli dei pm si trasformerebbe in una nuova spinta per le indagini della procura.
Ma anche limitandosi all’aspetto amministrativo, il quadro è devastante. Perchè, come spiega l’Espresso, è già difficile adesso far ruotare i capi dei dipartimenti, spostare le persone da un ufficio all’altro o allontanare i dirigenti sui quali gli amministratori nutrono dubbi di affidabilità . In molti casi, come hanno già spiegato esponenti della giunta Marino, intervenire «diventa un’impresa titanica, se non impossibile».
Non si riesce neppure a far partire i procedimenti disciplinari per punire gli impiegati citati nelle intercettazioni.
Anche per questo, il metodo della commissione, come si legge su l’Espresso che si rifà alla relazione Magno, è andato oltre le singole anomalie, puntando a definire i confini di un sistema perverso: «La verifica non è stata volta alla ricerca fine a se stessa di profili di irregolarità o illegittimità amministrativa, bensì a comprendere il rapporto esistente fra l’influenza di mafia Capitale sulla macchina amministrativa capitolina e le lesioni dei principi di buon andamento della cosa pubblica, onde stabilire l’estensione del condizionamento criminale e in quale misura ciò sia stato reso possibile da una più ampia e preesistente situazione di anomalia amministrativa».
Il male quindi è più antico di Carminati e Buzzi.
E la relazione Magno si conclude in modo netto formulando «la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento dell’organo consiliare di Roma»: andavano cacciati dal Campidoglio.
Certo, ma il provvedimento avrebbe licenziato i consiglieri comunali, i politici, senza toccare i burocrati.
Lirio Abbate
(da “L’Espresso”)
Leave a Reply