SALARIO MINIMO, SOTTO I NOVE EURO NON SERVIREBBE A NULLA
HANNO COMPRESSO I SALARI CON LA PRECARIETA’
A parte qualche strampalata uscita di membri del governo, sembra ci sia oggi un largo fronte che sostenga il salario minimo legale e questo è un dato positivo. Soprattutto i lavoratori in larga parte vorrebbero una soglia non inferiore a 9 euro ma è su questa che c’è meno accordo. Perché reputo giusta una soglia non inferiore a 9 euro lordi l’ora come minimo tabellare, e non una che faccia semplicemente riferimento al 60% del salario mediano, corrispondente a circa 7,5 euro, come diversi economisti, anche a sinistra, sostengono?
Innanzitutto perché la direttiva Ue per individuare il salario minimo fa riferimento non solo al 60% del salario mediano, ma anche al 50% del salario medio e quest’ultima corrisponde a una soglia più alta. Negli Usa (quindi non in Urss), molti Stati hanno inserito una soglia alta, pari al 50% del salario medio.
In secondo luogo, la platea dei lavoratori da prendere a riferimento non può essere la totalità di quelli privati, dove ci sono 4,2 milioni di rapporti di lavoro precari, part time involontari, tempi determinati a poche ore e scarsamente retribuiti. Usare una media o una mediana che includa anche questi lavoratori vorrebbe dire non tenere conto di 30 anni in cui i salari sono stati “artificiosamente” tenuti bassi, anche sotto il livello della produttività del lavoro, da concorrenza sleale, precarietà, contratti pirata, contrattazione inefficace, che hanno generato pessime condizioni di lavoro e bassi salari proprio per quei lavoratori che beneficerebbero del salario minimo. Tra il 1990 e il 2020 i salari medi sono calati del 2,9%, a fronte di una crescita media, seppure bassa, di produttività del 12%. La pandemia ha causato ulteriori povertà e disuguaglianze e l’inflazione ha eroso potere d’acquisto. Non tenere conto di questo e riferirsi solo al 60% del salario mediano di tutti i contratti presenti, per introdurre una soglia minima di 7,5 euro lordi sarebbe inadeguato e cristallizzerebbe gli errori passati.
La via migliore per calcolare la soglia è usare a riferimento la platea dei lavoratori con contratti migliori, a tempo pieno e indeterminato, e migliori retribuzioni. Il salario minimo, in presenza di inflazione intorno al 7%, e dopo che vi è stata una perdita di potere d’acquisto, in due anni, pari al 15%, serve a spingere i salari medi più in alto, e favorire strategie più sfidanti per le imprese che si poggiano sull’innovazione per fare competizione, piuttosto che sul costo del lavoro per galleggiare. È un tentativo per dare uno choc positivo nella direzione di innescare strategie di investimenti a maggiore intensità di capitale invece che, com’è stato finora, a maggiore intensità di lavoro, sfruttando la competizione sul costo del lavoro, la flessibilità e i bassi salari.
Vuol dire far rincorrere la produttività alla crescita più spinta dei salari, come avvenuto in Germania negli ultimi 10 anni dove, secondo i dati Ocse, la crescita delle retribuzioni per occupato è stata sostenuta (in media +2,6% tra il 2012-22) ed è stata mantenuta ad un livello sempre superiore alla crescita della produttività (+0,9% in media nello stesso periodo), in particolare dopo l’introduzione del salario minimo nel 2015. Questo ha favorito una rincorsa della produttività attraverso investimenti in settori ad alto contenuto tecnologico, rispetto allo sfruttamento del costo del lavoro, come pure era successo in passato in quel Paese. Il salario minimo in Germania ha rafforzato la contrattazione, aiutato la dinamica salariale e contribuito alla crescita della produttività del lavoro. Ci arriviamo tardi al salario minimo, almeno correggiamo qualche errore passato.
Gli importi del salario minimo orario vigenti in Europa mostrano una separazione fra Paesi che registrano valori più alti tra i 10 e i 12 euro€ (Francia, Olanda, Irlanda, Belgio, Germania e Regno Unito e Lussemburgo, che supera i 12) e Paesi con importi molto più contenuti, vicini o inferiori a 5 euro, prevalentemente i Paesi dell’Europa centro-orientale con livelli di Pil pro-capite più bassi. Anche alla luce di questa divisione sembra appropriata la collocazione del salario minimo nel nostro paese ad un livello intermedio tra questi due gruppi. In termini percentuali la platea di lavoratori sotto la soglia di 9 euro l’ora in Italia sarebbe più o meno la stessa quota di quella tedesca nel 2015.
Infine, la letteratura economica che ha analizzato gli impatti occupazionali dell’introduzione e degli incrementi di salario minimo in Usa, nel Regno Unito e in Germania non ha trovato effetti negativi, ma piuttosto effetti positivi sulla produttività dovuti ad una riallocazione di lavoro su fasce più alte ed efficienti di produzione. Salari più alti infatti spingono le aziende ad abbandonare processi scarsamente produttivi, per puntare a formazione e strategie di investimenti ad alta intensità di capitale, aumentando il benessere per i lavoratori.
(da Il Fatto Quotidiano)
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