SALVINI DA QUATTRO MESI NON DA’ L’INCARICO INTERNO AL PARTITO SULL’ECONOMIA PER NON SCONTENTARE NESSUNO
SU EUROPA ED EURO SEGUIRE LA LINEA DI BAGNAI O DI GIORGETTI? IL CAPITONE PAVIDO NON ASSEGNA LA DELEGA A NESSUNO PER CONTINUARE L’AMBIGUITA’ DELLA LEGA
Il nord attende le risposte del governo. Ed è quello stesso nord che aspetta di conoscere quale sia la proposta economica della Lega.
Sperare in Giancarlo Giorgetti o ancora una volta deludersi con l’euroscettico Alberto Bagnai? Sposare il Recovery Fund benedetto dall’asse franco-tedesco che potrebbe consentire al Belpaese di ottenere 100 miliardi a fondo perduto o continuare a bombardare a colpi di tweet la tecnocrazia “brutta e cattiva” di Bruxelles?
Il dilemma è sospeso da settimane, da quel famoso 31 gennaio quando Matteo Salvini convoca il consiglio federale all’indomani della sconfitta in Emilia Romagna.
Ordine del giorno: analisi del risultato elettorale e riorganizzazione del partito. Ecco, quel pomeriggio a via Bellerio il Capitano leghista assegna sì una serie di deleghe, gli Esteri a Giancarlo Giorgetti, la Cultura a Lucia Borgonzoni, i Trasporti a Edoardo Rixi, l’Ambiente a Vannia Gava, la Salute a Luca Colletto, ex assessore di Luca Zaia, non un dettaglio di poco conto.
E l’economia? Se ne dimentica? Nessuna risposta.
La scelta del Dipartimento economico diventa simbolicamente più importante di qualsiasi altra scelta. Perchè in base al profilo selezionato si comprenderà la strategia leghista. Borghi e Bagnai saranno confermati?
“Non puoi essere ambiguo sull’Europa, sulla moneta unica, altrimenti non sarai mai accettato dalle cancellerie e non sarai credibile”, è il consiglio dell’ala giorgettiana.
Sta tutto lì il braccio di ferro fra la Lega di lotta e la Lega di governo, fra l’istinto populista di Salvini e il pragmatismo di Giorgetti.
Quel dì Salvini decide di non decidere. “Entro dieci giorni completeremo la squadra”, assicurando il leader di via Bellerio dissimulando qualsiasi tensione interna. Passano dieci giorni ma non si vede uno straccio di nomina sulla casella economica.
Scoppia il caso all’interno dei corridoi di via Bellerio. L’idea iniziale è di ridimensionare l’ala No Euro, di confinarla in un angolo. Erano i giorni in cui Salvini sembrava volesse puntare sul governo di unità nazionale, lanciava segnali di distensione al Quirinale. Sembrava insomma che avesse deciso di abbandonare la linea aggressiva ed euroscettica.
Eppure sembra mancargli il coraggio. Prende tempo, cincischia.
“Non dà l’incarico per non scontentare nessuno”, mormorano. Basta rivedere le sue conferenze stampe fra febbraio e marzo, dove al suo fianco si materializzano felicemente le anime economiche più disperate.
Un esempio? Al tavolo Bagnai e Borghi ma anche Massimo Garavaglia e Massimo Bitonci. C’è da dire che in questo ultimo periodo a farsi notare di più è stato Bagnai. Ma la ragione, raccontano, è molto semplice: “Quando è scoppiata la pandemia era l’unico dei responsabili economici a trovarsi nella Capitale”.
Il professore fiorentino, che ancora oggi gli spin indicano come “responsabile economico”, è stato delegato a condurre tutte le trattative con il governo sul Cura Italia.
Questo ha fatto sembrare Bagnai, il solo responsabile economico. In verità non è così. “La nomina non è stata formalizzata”, ammette un alto dirigente che conosce il dossier e che dice ad HuffPost che “servirà un altro consiglio federale”.
Ed è come se Salvini volesse tenere aperte tutte le porte. Ai no Euro ma anche a quei “responsabili”, cui guardano gli imprenditori del nord, e che giorno dopo giorno non solo prendono consistenza ma potrebbe avere le carte per spodestare l’ex ministro dell’Interno che nel frattempo ha dilapidato in poche settimane otto punti percentuali nei sondaggi.
Da qui si torna al punto di partenza. Raccontano che in queste ore un leghista di alto rango ha sollevato la questione: “Come è finita con il dipartimento economico?”.
Silenzio, bocche cucite. I malumori sono tanti.
Ecco perchè il punto di caduta pare essere quello di spacchettare il dipartimento economico: Bagnai (Finanze), Garavaglia (Tesoro) e Guidesi (Attività produttive, una sorta di Sviluppo economico).
Quando? Non è dato sapere. Fatto sta che è una strategia per coprirsi da più parti. Tenendo il professore di Firenze si strizza l’occhio all’elettorato più inferocito che gli contende la Meloni.
Ma piazzando Garavaglia e Guidesi, definiti “giorgettiani”, riequilibra i pesi e dà alla Lega un volto più sobrio in economia. Non a caso basta rileggere le dichiarazioni di Bagnai e Garavaglia sul Recovery Fund.
Il primo ha sparato ad alzo zero: “In estrema sintesi non è chiaro nè quanto riceveremmo nè come saremo obbligati a spendere le somme ricevute. Unica dato certo: l’aumento del nostro già cospicuo contributo netto al bilancio dell’Ue, in cambio dell’esclusione del nostro Paese dai tavoli in cui si decide il futuro di un progetto da noi finanziato”.
Il tono muta quando sul tema interviene Garavaglia, per anni considerato il “ministro ombra delle partite Iva”. Ecco, il già sindaco di Marcallo con Casone, doppia laurea di cui una alla Bocconi, si mostra aperturista davanti alle telecamere di SkyTg24.
Mercoledì, ospite assieme a Carlo Calenda, l’ex sottosegretario all’Economia del governo Conte-1 ha risposto così: “Recovery Fund? Per amor di Dio, se ci arrivassero 100 miliardi a fondo perduto andrebbe benissimo”.
(da “Huffingtonpost”)
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