SALVINI PIANGE MA MELONI NON RIDE: LA SCONFITTA DI SBOARINA A VERONA È UNA DISFATTA PER LA MELONI
LA COALIZIONE È SPACCATA, NON SI È MAI RIPRESA DAL VOTO SUL QUIRINALE… IL CARROCCIO E BERLUSCONI RINFACCIANO A GIORGIA DI NON AVER VOLUTO L’APPARENTAMENTO CON TOSI
Difficile adesso dire che è soltanto un voto locale. Nei ballottaggi hanno perso tutti e le accuse incrociate si mischiano da Nord a Sud.
Per Matteo Salvini le sconfitte di Alessandria e Carrara sono colpi durissimi. Per Forza Italia il risultato di Catanzaro lascia interdetti e quello di Monza coinvolge anche Silvio Berlusconi.
Mentre Giorgia Meloni sa di finire sul banco degli imputati per il tracollo di Federico Sboarina. L’unico sorriso arriva da Lucca, la vittoria sul filo di Mario Pardini però non basta per addolcire una serata che apre scenari foschi per una coalizione che, a leggere i sondaggi, potrebbe, nel 2023, avere i numeri per governare.
Verona d’altronde non è soltanto un simbolo, non è soltanto un feudo che fatalmente può cadere. Per il centrodestra la città veneta è stata il catalizzatore di tutte le tensioni che si sono accumulate negli ultimi mesi.
Non appena si capisce che i cattivi presagi si stanno compiendo, gli alleati si rinfacciano la colpa della sconfitta: Lega e Forza Italia accusano Meloni di aver puntato su un candidato sbagliato e di non essere riuscita a imporre un apparentamento con l’ex sindaco Flavio Tosi.
Fratelli d’Italia risponde insinuando che la disfatta di Verona sia dovuta al mancato appoggio degli altri partiti, una sorta di fuoco amico, insomma.
E a riprova di questo si portano le dichiarazioni di Matteo Salvini, che in un colloquio pubblicato ieri da La Stampa, aveva definito la corsa solitaria di Sboarina uno «sbaglio clamoroso». Parole considerate improvvide nel migliore dei casi, un sabotaggio nel peggiore.
Il capogruppo di FdI Francesco Lollobrigida, poco dopo la chiusura dei seggi, forte del successo del primo turno, analizza: «Purtroppo, a volte, i risultati degli alleati sono stati meno brillanti di quel che speravamo. Nonostante tutto, FdI non ha mai fatto mancare il suo sostegno ai candidati proposti dal centrodestra senza fare mai polemiche che potessero danneggiarci».
E se in questa notte si maledicono le divisioni che hanno portato a perdere alcune partite significative, è bene ricordare che l’origine, almeno quella recente, di queste incomprensioni va fatta risalire al Quirinale. La scelta di rieleggere Sergio Mattarella ha spaccato la coalizione al punto di far saltare i tavoli nazionali che dovevano conciliare le liti locali.
A Verona hanno perso in tanti: Meloni che ha imposto la candidatura del sindaco uscente davanti allo scetticismo della Lega, Salvini che non riesce a invertire una tendenza al ribasso e persino il governatore Luca Zaia, molto legato a Sboarina, che vede scemare la sua aurea di invincibilità in Veneto.
«Era un risultato scontato, ce lo aspettavamo, dopo il mancato apparentamento con Tosi», dice Licia Ronzulli, coordinatrice azzurra in Lombardia. « L’errore è stato fatto al primo turno quando Fi ha voluto rompere la coalizione», risponde Ignazio La Russa, senatore di FdI.
I dirigenti di Fratelli d’Italia sapevano che una sconfitta nella città scaligera avrebbe aperto delle polemiche da parte degli alleati. La previsione è stata rispettata.
Per la Lega la colpa è di Meloni, che non ha ascoltato le perplessità del Carroccio, «abbiamo detto in tutti i modi che Sboarina ci portava alla sconfitta», ripeteva un dirigente salvininiano a Montecitorio nei giorni scorsi. L’accusa che fa da sfondo alle polemiche contro Meloni è quella di volare nei sondaggi, ma di dimostrare capacità di leadership.
Da via Bellerio arriva un elenco: Verona, Como, Roma. Sono gli esempi delle scelte sbagliate della leader di FdI alla amministrative. Ma in questa notte nessuno può dirsi innocente: la sconfitta di Alessandria, la città del capogruppo della Lega Riccardo Molinari, si aggiunge a quelle delle liste del Carroccio al Nord.
A questo punto Salvini dovrà convocare i suoi per un chiarimento che potrebbe non essere la solita messa cantata del leader. E la questione non si chiude di certo con i ballottaggi di ieri. In ballo ci sono adesso le trattative per i candidati alle regionali, in Sicilia, nel prossimo autunno, e poi nel Lazio e in Lombardia a marzo.
La questione della riconferma di Nello Musumeci, voluta da Meloni, e quella di Attilio Fontana pretesa da Salvini fa prospettare scenari di trattative tese.
(da la Stampa)
Leave a Reply