“SANDRO, TU MI PUGNALI ALLE SPALLE”: MA CRESCE LA FRONDA DELLA SVOLTA
IL MALESSERE ESPRESSO DA BONDI E’ MOLTO PIU’ CONDIVISO IN FORZA ITALIA DI QUANTO APPAIA
«Sandro, ma ti sembra questo il momento per parlare di fallimento?» Giusto nel giorno tetro dell’avvio dell’esecuzione della pena, a un mese dalle Europee, alla vigilia dell’esordio tv della campagna elettorale, nelle stesse ore in cui Paolo Bonaiuti ufficializza il passaggio all’Ncd.
La telefonata di Silvio Berlusconi a Bondi nel pomeriggio è ad alta tensione.
La sortita dell’ex coordinatore forzista e pidiellino (per un decennio), la lettera di sfogo alla Stampa , raccontano abbia mandato il leader fuori dalla grazia di Dio, in mattinata. «Ma l’avete letta? È stata una pugnalata alle spalle, puro autolesionismo. Voi evitate di attaccarlo, con lui me la vedo io» ha intimato ai suoi da Arcore.
Così, in serata il senatore si è affrettato a precisare che la sua «fedeltà a Berlusconi non è in discussione» e che è «dispiaciuto e amareggiato: la mia analisi è stata male interpretata».
La tempesta però si era ormai scatenata, proprio mentre Berlusconi aveva decisamente altro a cui pensare.
Firma del decreto e avvio dei servizi sociali coi 96 minuti trascorsi all’Uepe di Milano, al fianco di Niccolò Ghedini. Ne esce provato in volto.
Tutti i sondaggi, anche quelli più clementi, danno Fi ancora sotto la soglia-spartiacque del 20 per cento.
Ecco perchè della tempesta scatenata dalla lettera di Bondi – con annessi trionfalismi di Alfano e dei suoi – Berlusconi avrebbe fatto volentieri a meno.
Nonostante una prima avvisaglia l’avesse avuta già un paio di settimane fa, quando il senatore aveva presentato una lettera di dimissioni dalla carica di amministratore e commissario, dichiarandosi inadeguato a un ruolo che dovrebbe essere ad appannaggio di una figura più manageriale.
«Le casse sono vuote e non si è voluto accollare la responsabilità di firmare provvedimenti di spesa» dicono le malelingue interne.
Sta di fatto che, tra le altre cose, è rimasta in asso la firma dei contratti dell’ottantina di dipendenti in attesa di transitare dal Pdl a Fi, da due mesi senza stipendio.
Poi l’eclissi in tv, Bondi che non si riconosce più nel nuovo entourage che circonda ormai il capo, fino all’exploit di ieri che spiazza i colleghi.
Alla Camera e soprattutto al Senato nei capannelli forzisti non si parla d’altro, mentre le truppe Ncd accolgono al suono di trombe il passaggio dell’ex portavoce Paolo Bonaiuti.
«Bondi decida, o sta nel partito o sta fuori» intima Alessandra Mussolini che esprime gli umori della pancia berlusconiana. Ma la vicenda, sostiene Daniela Santanchè, «con tutto il rispetto è nulla rispetto alla drammaticità di questa giornata, che richiederebbe ben altre riflessioni sulla nostra democrazia».
Sarà Giovanni Toti a tentare di chiudere in fretta riducendo l’uscita di Bondi come «una sua posizione personale».
Ma se in queste ore è sceso di nuovo il gelo su Forza Italia, è perchè in tanti temono quel che potrebbe accadere dopo un possibile flop al voto del 25 maggio.
«La lettera ci induce a una riflessione molto profonda» mette le mani avanti Gianfranco Rotondi, già autoproclamatosi premier del “governo ombra”.
Molti i parlamentari in posizione di sofferenza per varie ragioni.
I senatori campani, l’ex ministro Elio Vito blindatosi nel silenzio da tempo, il deputato Giorgio Lainati (dichiaratosi comunque fedele a Berlusconi). Truppe in fibrillazioni alle quali il capo detterà la linea in tv, per salvare il salvabile.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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