SCHIAFFO A SALVINI, LO SCERIFFO HA SPARATO SOLO SCOREGGE
PER 24 ORE HA TENUTO IN OSTAGGIO LA MARINA ITALIANA E LA PROCURA, MA ALLA FINE I PROFUGHI SBARCANO E NESSUNO VIENE ARRESTATO… E IN SERATA IL PETOMANE SE LA PRENDE CON IL QUIRINALE E I GIUDICI
Dopo quarantott’ore assurde, rimane impresso su pellicola il film di un governo diviso sull’approdo di una nave facente parte di un corpo della sua stessa marina militare, che si è rimpallato le responsabilità e ha avallato l’una o l’altra ricostruzione dei fatti a seconda della convenienza del momento.
Di un presidente del Consiglio del tutto silente. E di un Capo dello Stato che, di fronte a un caos a tratti inspiegabile, ha sentito il dovere di intervenire.
Per riavvolgere la bobina, occorre dirigersi verso sud.
La fortuna del porto di Trapani fu dovuta al commercio del sale. Quello estratto nelle saline dell’entroterra, quello del mare che bagna la Sicilia.
E da oggi quello con cui Matteo Salvini ha lastricato la strada verso l’approdo della nave della Guardia Costieri Diciotti e del suo carico di 67 vite umane.
Una giornata infinita, con l’imbarcazione che già ieri aveva fatto scendere i giri del motore, rallentando in previsione di uno stallo, e che quando stamattina è arrivata in porto è stata invitata a riallontanarsi in rada, per poi approdare poco prima delle 15.00.
Odissea finita? Tutt’altro. Perchè da Innsbruck, dove ha partecipato al vertice europeo dei ministri dell’Interno, Matteo Salvini ha tuonato: “Non autorizzo nessuno a scendere dalla Diciotti”.
Tuoni senza lampi. Perchè non solo il carico di migranti che il titolare del Viminale voleva respingere è arrivato in Italia. Ma il pugno duro sventolato davanti all’opinione pubblica è rimasto con un pugno di mosche in mano.
Il tutto alla fine di lunghissime ore convulse. Con tre direttrici che hanno continuato a intersecarsi, sbattere e rincorrersi per tutto il corso della giornata.
La prima, quella che porta alle pendici delle montagne austriache. Con il ministro dell’Interno che per tutto il giorno ha continuato a volere soddisfazione. Dopo la forzatura del ministero delle Infrastrutture che ha indirizzato la prua della Diciotti verso Trapani, ha preteso che i presunti dirottatori della Vos Thalassa scendessero in manette, condizione sine qua non per autorizzare lo sbarco di tutte le persone a bordo.
La seconda bussa alle porte della procura di Trapani. Dove è andato in scena un lunghissimo vertice per decidere il da farsi.
Decidere, cioè, se ci fossero i presupposti per un fermo cautelare nei confronti dei due migranti (Ibrahim Bushara, sudanese e Hamid Ibrahim, ghanese) che sarebbero andati in escandescenze sul rimorchiatore privato che ha passato il proprio carico di vite umane al corpo della marina militare.
Circostanza sulla quale verifiche e smentite si sono susseguite senza soluzione di continuità , tra gli estremi dell’ammutinamento vero e proprio, da un lato, e il procurato allarme, dall’altro.
Su quel che è successo a bordo i pm sono stati cauti. Indagando sì per violenza continuata ed aggravata nei confronti dell’equipaggio della Vos Thalassa i sospetti, ma non rilevando gli estremi per un fermo.
Niente sbarco in manette, dunque, e ulteriori “approfondimenti investigativi” delegati alla Squadra mobile della città .
Circostanza che di fatto ha sbloccato lo stallo, imponendo lo sbarco ai migranti a bordo che dovranno essere interrogati come persone informate dei fatti.
La terza strada entrava nella capitale. Dove per tutto il giorno Danilo Toninelli ha monitorato la situazione. In costante contatto con Luigi Di Maio, ieri ha forzato la mano identificando il porto di sbarco, oggi si è chiamato fuori dal tira e molla sullo sbarco. “Già abbiamo fatto più di quel che ci competeva — il ragionamento che si faceva nelle stanze del ministero delle Infrastrutture — ora decida Salvini”.
“Se il pericolo paventato a bordo della Vos Thalassa non corrispondesse al vero, lo dirà la magistratura”, ha specificato in serata, dopo che da Innsbruck era trapelata una certa irritazione sulla possibilità che la denuncia dell’equipaggio fosse stata una forzatura per “scaricare” il problema, forzatura alla quale, secondo questa ipotesi, il Mit avrebbe abboccato.
Sulla dinamica di quanto successo indagherà l’autorità giudiziaria. Ma di fronte all’impazzimento quasi surreale della situazione politica si è mosso Sergio Mattarella, che ha monitorato per tutto il giorno la vicenda e di fronte a una nave militare bloccata dall’esecutivo e il coinvolgimento della magistratura come parte in causa nel caos della giornata ha contattato Giuseppe Conte per capire gli sviluppi della situazione.
Il tutto per 67 vite umane ospitate non nella pancia di una nave pirata, ma in un’imbarcazione della Guardia Costiera che ha svolto, come tante altre volte prima di questa, il proprio dovere.
Non esattamente un’invasione.
(da “Huffingtonpost”)
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