SCOPPIA LA RIVOLTA DEI PEONES: “NO AI TAGLI DELLE INDENNITA’â€
PROTESTE DI ASSESSORI E CONSIGLIERI REGIONALI, DALLA PUGLIA AL VENETO, CONTRO I TAGLI ANNUNCIATI DAL GOVERNO DELLE MAXI-INDENNITA’ FINORA PERCEPITE
Se non è rivolta poco ci manca.
Sono fortissimi i maldipancia degli eletti nelle Regioni di fronte al decreto con cui il governo intende dare una bella sforbiciata agli emolumenti dio consiglieri e assessori.
Tagli che arrivano addirittura «fino al 95 per cento» dei fondi oggi elargiti ai gruppi consiliari, come spiega il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà .
Da Nord a Sud c’è maretta, a cominciare dal caso monstre dell’assessore lombardo alle Infrastrutture, il pidiellino di osservanza ciellina Raffaele Cattaneo, che fa due conti e si lamenta perchè alla fine – dice – non riuscirà neppure a pagare il mutuo.
Prendendosi gli sberleffi del popolo di twitter, dove in molti gli rispondono con un sarcasmo velenoso: «Allora faremo una colletta in suo favore».
Nel Veneto, il governatore leghista Luca Zaia sente il bisogno di alzare gli scudi contro il malessere che serpeggia tra i consiglieri regionali, anche del gruppo del Carroccio (le Regioni entro il 30 ottobre dovrebbero adeguare gli emolumenti a quelli della Toscana, considerata la più virtuosa, e se non rispettassero il termine sarà il governo a decidere per loro entro il 30 novembre).
«Il decreto del governo – sbotta Zaia – va nella giusta direzione, se qualcuno si mette di traverso gli passo sopra, perchè sono io a metterci la faccia. Fischiano le orecchie al consigliere leghista (e iperbossiano) Santino Bozza, che interpreta così un “sentimento” assai diffuso: «Tagliare gli stipendi nelle Regioni? Si cominci dalla Sicilia, dove i consiglieri guadagnano 17mila euro al mese contro i nostri 8mila: i diritti acquisiti non si toccano».
In Puglia il consigliere del Pdl Lucio Tarquinio parla addirittura di «schiaffo» del governo: «Se lo accettassimo, riconosceremmo di essere Batman anche noi; non accetto che un Consiglio dei ministri in cui non c’è neppure un eletto dal popolo cancelli di fatto la Costituzione italiana; la dignità e le competenze del consiglio regionale non possono essere svendute».
In Piemonte, dove tre giorni fa il governatore leghista Roberto Cota ha minacciato di espellere dalla maggioranza il consigliere dei Pensionati Michele Giovine che faceva ostruzionismo contro i tagli decisi dalla giunta, c’è una forte preoccupazione per il destino del personale in forza ai gruppi consiliari, che addirittura si dice possa essere azzerato.
Aldo Reschigna, capogruppo del Pd: «Chiediamo una riflessione a governo e Parlamento, perchè sono coinvolte decine e decine di persone; la casta non c’entra, parliamo di gente spesso con un reddito limitato e anche di una certa età ».
Su questa linea pure Francesco Storace, consigliere nel disastrato Lazio: «Applaudiremo se a questi tagli si aggiungeranno quelli del numero dei parlamentari, di cui non si parla più, se i rimborsi ai partiti saranno finalmente aboliti, se anche le indennità di deputati e senatori subiranno un dimagrimento».
Via libera al decreto dal presidente della Toscana Enrico Rossi, che però non rinuncia a una puntuta precisazione: «Ci vuole il pugno di ferro, ma dev’essere selettivo, perchè non tutte le Regioni sin comportano allo stesso modo, e quelle virtuose vanno premiate».
E il capogruppo del Pd, sempre in Toscana, dice in chiaro ciò che in moltissimi sussurrano: «Bene il decreto, ma sarebbe stato meglio se le Regioni avessero presentato al governo una loro proposta; invece sull’onda dello scandalo del Lazio i governatori hanno delegato ogni scelta a Monti, e questo è stato un errore».
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