SE FINISSE COSI’, E’ INDUBBIO CHE SAREBBE UNA VITTORIA DI CONTE E DEL GOVERNO
LA PLENARIA IN NOTTATA… L’ITALIA AVREBBE, RISPETTO ALLA BOZZA INIZIALE BEN 35 MILIARDI IN PIU’ (+ 38,8 DI PRESTITI, – 3,8 DI SUSSIDI)… INOLTRE BLOCCA I FRUGALI SULLA LORO RICHIESTA DI UNANIMITA’ PER L’EROGAZIONE DEI FONDI… IL PROBLEMA SARA’ POI COME VERRANNO SPESI
Raccontano che Giuseppe Conte si è battuto fino all’ultimo a Bruxelles per mantenere l’ammontare totale del recovery fund sui 750mld di euro, stabiliti dalla proposta von der Leyen.
Altri leader si sarebbero accontentati di 700mld, sfiancati dalle trattative in corso da venerdì: questo rischia di essere il Consiglio europeo più lungo della storia recente dell’Ue. Almeno dal 2000, quando a Nizza, sull’omonimo Trattato, i leader restarono riuniti dal giovedì mattina fino all’alba del martedì seguente. Conte però in questa battaglia si è giocato tutto: reputazione europea e stabilità di governo nazionale.
Alla fine riesce a ottenere una bozza finale di accordo (sempre che sia l’ultima), stilata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che conferma i 750mld e non tocca i capitoli che più interessano all’Italia.
Sempre che domattina il quadro resti in questi termini: mentre scriviamo, la plenaria che dovrà esaminare il tutto e dare eventualmente il via libera all’unanimità è in corso, più volte rimandata nella giornata.
In sostanza, rispetto alla proposta Michel di sabato scorso (750mld totali, 500mld di sussidi e 250mld di prestiti), dalla nuova ripartizione (750mld totali, 390mld di sussidi e 360 di prestiti), l’Italia riesce a ottenere una disponibilità maggiore di prestiti pari a +38,816mld (127,4mld rispetto agli 88,584mld che avrebbe avuto con la prima bozza) e vede ridursi la quota dei sussidi di soli 3,842mld (81,4mld contro gli 85,242mld della prima proposta).
Il saldo tra sovvenzioni e prestiti è positivo: quasi 35mld in più per l’Italia (da 173,826mld a 208,8mld). Un calcolo che trova spiegazione nel fatto che i due capitoli del pacchetto ‘Next generation Eu’ dai quali l’Italia prenderà le maggiori percentuali di sussidi, il ‘Recovery and resilience facility’ (20 per cento) e ‘React Eu’ (32 per cento), non vengono toccati o ridotti di poco.
E poi c’è la questione della ripartizione di queste risorse negli anni: 70 per cento nel 2021-22 e 30 per cento nel 2023, ma tutto basato sul calo del pil per quest’anno e l’anno prossimo. Roba che, ahinoi, per via della pandemia ‘premia’ l’Italia, la più colpita di tutta Europa dal covid.
La delegazione italiana incrocia le dita.
La bozza di Michel di fatto limita le pretese dei frugali. Olanda, Svezia, Danimarca e Austria riuscirebbero a ottenere un aumento degli sconti ai contributi sul bilancio europeo (rebates) e un meccanismo di governance che gli assegna un certo controllo di come verranno spesi i soldi dagli Stati membri, ma non otterrebbero l’unanimità per far passare l’erogazione dei fondi in Consiglio Ue.
L’unanimità era la battaglia, per molti versi in solitaria, dell’olandese Mark Rutte, il falco di questo Consiglio, il premier che ha bloccato l’intesa riuscendo a trascinare gli altri frugali, il leader col quale Conte ha più discusso di più nelle trattative a oltranza.
E sta proprio qui l’altro aspetto politico della battaglia del presidente del Consiglio italiano, sempre che la notte non cambi le carte in tavola ancora una volta. Oggettivamente, Conte è riuscito a piegare le pretese dei frugali, in particolare sull’unanimità , meccanismo che avrebbe trasferito il controllo delle risorse dalla Commissione europea ai governi nazionali, attribuendo agli Stati un potere di veto che avrebbe tradito i trattati europei.
Il recovery fund è bottino del premier e della delegazione italiana, che a Bruxelles include il ministro agli Affari europei Enzo Amendola, per parlare solo dei ruoli di governo cui vanno sommati quelli diplomatici.
E’ una battaglia iniziata all’inizio della pandemia, quando ancora l’Europa non aveva capito la gravità della situazione, quando Angela Merkel faceva squadra con i frugali e Ursula von der Leyen si ostinava a mandare avanti la sua agenda sul Green deal senza variazioni di percorso, come se nulla stesse accadendo.
La notte dirà se è tutto oro quel che luccica. Per ora lo è. E’ andata bene per Conte e il suo governo, che ora dovrà occuparsi dei piani di investimento e riforma per fare tesoro dei fondi Ue. Il Mes? A fronte dei quasi 39mld di prestiti in più ottenuti con l’ultima bozza, il Salva Stati potrebbe non essere necessario. Ma attenzione: i soldi del Meccanismo europeo di stabilità sono disponibili da subito, quelli del Recovery fund dall’anno prossimo.
(da “Huffintonpost”)
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