SE NON ESISTESSE L’EUROPA CHE LI SOSTIENE E LI FINANZIA, GLI AGRICOLTORI NON ESISTEREBBERO: SEMPRE PRONTI A ROMPERE LE PALLE, NONOSTANTE INCASSINO IL 25% DEL BILANCIO COMUNITARIO (55 MILIARDI L’ANNO DI SUSSIDI)
BRUXELLES PENALIZZA LE IMPORTAZIONI PROVENIENTI DAI PAESI TERZI, CREANDO COSÌ UN MERCATO ARTIFICIALE CHE NON È A COSTO ZERO PER I CONSUMATORI
Gli agricoltori che ieri hanno occupato e devastato Bruxelles, e che da giorni assediano le città d’Europa, sono spinti da difficoltà reali . Essi incolpano di queste difficoltà l’Europa fingendo di dimenticare che, se non esistesse l’Europa che da oltre mezzo secolo li sostiene e li finanzia con i soldi dei contribuenti, probabilmente non esisterebbero neppure loro. Ma il problema va ben oltre la lista dei torti e delle ragioni . È ormai divenuto un enorme problema politico e, allo stesso tempo, culturale.
La politica agricola europea (Pac) assorbiva fino a qualche tempo fa il cinquanta per cento del bilancio comunitario. Oggi questa percentuale è scesa al 25 per cento ma, in cifra assoluta, gli stanziamenti a favore dell’agricoltura non sono calati di molto e si collocano attorno ai 55 miliardi di euro all’anno.
Il dato, però, è ingannevole. Infatti la tutela che l’Europa offre agli agricoltori si manifesta soprattutto nei forti dazi doganali con cui Bruxelles penalizza le importazioni provenienti dai Paesi terzi, molto più competitive, creando così un mercato artificiale che tiene in vita l’Europa verde.
Una simile politica commerciale non è, evidentemente, a costo zero sia per i consumatori, che pagano più cari i prodotti, sia per le ambizioni politiche della Ue. Gli accordi di libero scambio con l’America latina, per esempio, che aprirebbero all’industria europea un mercato enorme, sono bloccati dall’impossibilità di dare libero accesso alle carni e ai cereali prodotti in Brasile e Argentina per non mettere fuori gioco la nostra agricoltura.
La questione agricola è stata di inciampo anche nel fallito negoziato commerciale con gli Stati Uniti. E quando la Ue, per solidarietà, ha abolito i dazi sul grano ucraino a buon mercato, i contadini di Polonia, Ungheria e Romania sono insorti bloccando coi trattori le frontiere e costringendo Bruxelles a una parziale marcia indietro.
A fronte di sovvenzioni che assorbono il 25 per cento del bilancio comunitario, il settore agricolo rappresenta l’1,4 per cento del Pil europeo. E produce il 10,5 per cento del gas a effetto serra emesso in tutta la Ue.
Nel 2022 il Pil dell’Europa verde è stato di 220 miliardi, di cui circa un quarto sono fondi comunitari. Secondo le cifre della Commissione europea, il reddito pro capite degli addetti all’agricoltura in Europa è cresciuto nel 2022 dell’11 per cento. Rispetto al 2015, l’aumento è stato del 44 per cento.
Ovviamente ci sono molte buone ragioni che hanno fatto degli agricoltori europei una categoria altamente protetta.
La prima è la manutenzione del territorio, Un’altra ottima ragione è quella di evitare il totale spopolamento delle campagne e un eccessivo inurbamento della popolazione. Infine la preoccupazione di mantenere una «sovranità alimentare», cioè di riuscire a produrre abbastanza cibo per sfamare la popolazione
Un altro aspetto positivo della sovranità alimentare è la possibilità di accedere a prodotti che rispettino norme qualitative, igieniche e sanitarie che gli europei si sono liberamente e sovranamente dati: niente carne agli ormoni, niente polli lavati in candeggina, limiti all’uso di pesticidi e diserbanti e anche alla produzione di cibo geneticamente modificato.
Ma storicamente un altro e determinante motivo per cui l’Europa ha strenuamente deciso di sovvenzionare i propri agricoltori è essenzialmente politico. Questi, infatti, per oltre sessant’anni, hanno costituito il principale serbatoio elettorale del voto moderato, tradizionalmente monopolizzato dai partiti popolari e democristiani.
Le campagne hanno fatto da contrappeso al voto socialmente più progressista degli agglomerati urbani. Il risultato è stato la lunga, antagonistica ma fruttuosa cooperazione tra Popolari e Socialisti che ha governato l’Europa, e la maggior parte dei suoi Stati nazionali, nell’ultimo mezzo secolo.
Oggi, però, questo dato politico sta rapidamente cambiando. Il popolo dei trattori contesta l’Europa perché si rende conto che una realtà globale e globalizzata come la Ue non potrà difendere per sempre tutti i privilegi che finora ha garantito. Si genera così l’idea, totalmente illusoria, che solo gli stati nazione possano offrire le tutele corporative
Nasce da questo corto-circuito ideologico l’alleanza tra il mondo rurale e le forze della destra populista e sovranista. Ciò pone i partiti tradizionali di fronte ad un dilemma. Possono cercare di recuperare il consenso di quella frangia della popolazione pagando un prezzo economico e politico sempre più alto. Oppure possono voltarle le spalle contando che il progresso selezionerà i pochi in grado di continuare a produrre con profitto
Non sarà comunque una scelta facile, né indolore.
(da La Repubblica)
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