SE SALTA LO SPENDING REVIEW ADDIO ANCHE AL BONUS DA 80 EURO
SE NON SI TROVANO 14,8 MILIARDI DAI TAGLI ALLA FINE SCATTERANNO AUTOMATICAMENTE AUMENTI DELLE ACCISE E DELLE TASSE
“La spending review andrà avanti anche senza Cottarelli”. Le parole del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, mettono una pietra tombale sulla prosecuzione del rapporto con il commissario straordinario ai tagli, ma non liberano certo il governo dalla necessità di metter mano alle forbici con sempre maggiore urgenza.
Se il premier rivendica il primato delle scelte politiche su quelle dei tecnici, i numeri dicono che la regina delle sue azioni di governo – il bonus Irpef da 80 euro, in attesa delle riforme degli assetti parlamentari – rischia di saltare senza una reale cesura ai costi della macchina statale.
A maggior ragione dopo che il premier ha spiegato di non poter garantire l’estensione del pensionati e partite Iva.
Il problema di Renzi è duplice. Una delle slide più controverse del piano Cottarelli mostra quanto il suo lavoro fosse indispensabile anche per l’eredità che gli esecutivi precedenti hanno lasciato su Renzi & Co.
A pagina 62 si elencavano gli importi già impegnati “a parità di obiettivi di indebitamento netto” rispetto all’ultima stabilità : per il 2015 e 2016 si parla rispettivamente di 10,4 e 14,8 miliardi. Questo mentre la prima delle tabelle, quella che riassume i tagli possibili, cita risparmi per 18,1 e 33,9 miliardi nel prossimo biennio.
L’urgenza di non interrompere il lavoro viene dunque in primis dalla necessità di onorare gli impegni del recente passato, senza ricorrere agli odiosi aumenti di accise o delle tasse, che in automatico colmerebbero il gap di fondi.
Ma i provvedimenti presi dall’attuale governo hanno attinto parimenti ai tagli come principale fonte di copertura.
Proprio su questo si è consumata la rottura con Cottarelli, che ha denunciato l’impossibilità di tagliare le tasse (fine ultimo originario della spending) se la politica continua a richiedere di dirottare risorse altrove.
La “quota 96” della riforma della Pa è stata la goccia, ma come accennato basta pensare alle coperture per il Bonus Irpef per rendersi conto dell’andazzo: 2,1 miliardi di tagli alla spesa di Enti, Regioni e Stato, 1 miliardo alle agevolazioni d’impresa, 900 milioni di “sobrietà “, 100 milioni dalle municipalizzate.
Tutte voci che si riuniscono sotto il cappello della “spending”.
Senza considerare che dal 2015, se vorrà esser reso strutturale, il bonus non potrà contare sugli 1,8 miliardi una tantum derivanti dalla rettifica del valore delle quote di Bankitalia e che – dispiegato sull’intero anno e non solo a partire da maggio, come nel 2014, – costerà 10 miliardi invece di 7.
A queste considerazioni si somma il difficile ciclo economico, che porta l’obbligo di spender meno perchè il deficit non salga oltre i limiti consentiti.
Altra legna al fuoco dei tagli, mentre montano le voci di chi ritiene ormai indispensabili manovre da svariati miliardi.
Raffaele Ricciardi
Leave a Reply