SI SCRIVE MES, SI LEGGE RIMPASTO
UN TAGLIANDO ALLA SQUADRA DI GOVERNO NON DISPIACE NEMMENO AL PD
Giuseppe Conte non ha preso bene le parole di Matteo Renzi. Non quelle sulla libertà di coscienza per il referendum, che vede il Sì ancora in testa, nè quelle sulla legge elettorale, che considera tattica pura nonostante il Pd sia da giorni in pressing su Palazzo Chigi, reo, a detta del Nazareno, di “non aver mosso un dito”.
L’ex rottamatore ha lanciato due messaggi in bottiglia al premier. Il primo ha un nome e un cognome: Mario Draghi. “E’ il nome più credibile – ha spiegaro a Repubblica il senatore di Rignano – una riserva della repubblica”. “Eviterei di tirarlo per la giacchetta” ha aggiunto, chiosando sibillino “non adesso almeno”.
Il secondo ancora più diretto: “Dal Mes capiremo che vuole fare Conte da grande. Se chiede il Mes significa che vuole guidare l’Italia. Se non chiede il Mes significa che vuole guidare solo i grillini. A lui la scelta”.
Dall’entourage del presidente filtra irritazione e la convinzione che le parole di Renzi non preludano ad alcunchè: “La posizione sul Mes non è cambiata. Non è la priorità , dobbiamo capire come spendere bene i soldi del Recovery fund”.
Numeri alla mano, la maggioranza è terrorizzata dallo scenario al momento più probabile. Quello di una sconfitta per 4 a 2 alle regionali. Un orizzonte che prevede anche il terno a lotto della riapertura della scuola e una programmazione delle misure tra fondi europei e legge di stailità da far tremare le vene ai polsi.
Un esponente di Italia viva spiega candidamente che “Conte si è sentito tranquillo, ma i problemi che abbiamo posto fino a luglio non è che sono scomparsi. Occorre un giro di vite”. Anche con il rimpasto? “Sì, se necessario”.
Una linea che con motivazioni e sfumature differenti trova cittadinanza anche nel Partito democratico.
Nicola Zingaretti sa che se l’esito del voto regionale sarà quello accennato poc’anzi, alla fine dello scrutinio avrà una bella gatta da pelare. Ecco perchè un tagliando alla squadra di governo non dispiacerebbe nemmeno al Nazareno. Per marcare discontinuità , trovare slancio e placare polemiche e appetiti interni.
Conte non ne vuole sapere. Toccare i fragili equilibri della cosa giallorossa potrebbe mettere a rischio l’intera impalcatura. “E’ preoccupato di non uscirne indenne”, sibila velenoso un esponente pentastellato. D’altra parte contina a ripetere che se questa è la volontà dei partiti della maggioranza non sarà lui a mettersi di traverso.
Di buon mattino Andrea Marcucci, capogruppo al Senato, ha aperto il fuoco contro la titolare dell’Istruzione Lucia Azzolina: “Il suo contributo è insufficiente, è da marzo che sappiamo che la scuola è una priorità , ma la ministra è sembrata interessata a trovare un capro espiatorio, da ultimo persino i sindacati”. E’ stato il collega M5s Gianluca Perilli a portare alla luce il non detto: “Prendiamo atto che si vuole inaugurare una nuova fase della maggioranza, che non si sa dove porterà e a chi gioverà ”.
Sono schermaglie di un gioco i cui desiderata sono solo in parte in campo.
I riflettori si concentrano su Azzolina – cruciale sarà il nodo della riapertura delle classi – ma in ballo ci sono anche Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro.
Su quest’ultimo si concentra anche un robusto fuoco amico, con un pezzo di pentastellati che lo ritiene inadeguato alla delicatezza dell’incarico che ricopre. In casa Pd è Paola De Micheli la prima indiziata nel caso di risiko dei ministri, e i rumors di Palazzo danno anche non solidissima Luciana Lamorgese, più perchè, da tecnico, è più facilmente sacrificabile che non per scontentezza del suo operato.
I 5 stelle sono convinti: “Renzi fa questo casino perchè vuole un ministro in più, e ovviamente sarà Maria Elena Boschi”.
Il Pd risponde accreditando a Luigi Di Maio ambizioni da Viminale, le stesse che coltiverebbe Nicola Zingaretti se decidesse di fare il grande passo e lasciare la Regione, per avere più peso sia nel governo sia nel partito, passo che l’interessato continua con forza a negare di voler fare.
Nel chiacchiericcio procede il lavoro sul Recovery fund. Conte ha convocato per il 9 settembre il Ciae, l’organismo interministeriale che coordina le proposte. Il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola assicura: “Arriveremo il 15 ottobre con tutti i progetti da sottoporre alla Commissione”. E per quella data chissà chi ci sarà a Roma a gestirli.
(da “Huffingtonpost”)
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